Suprema Corte di Cassazione
sezioni unite
sentenza 4 marzo 2016, n. 4248
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Primo Presidente f.f.
Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente Sezione
Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente Sezione
Dott. BERNABAI Renato – Consigliere
Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere
Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere
Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere
Dott. GRECO Antonio – Consigliere
Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 3776/2009 proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che la rappresentano e difendono, per delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) (OMISSIS), in persona del procuratore speciale (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), per delega a margine del controricorso;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 449/2008 della CORTE D’APPET LO di SALERNO, depositata il 29/04/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/09/2015 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per la ritrasmissione degli atti alla Sezione per consentire la eventuale produzione della procura.
ESPOSIZIONE DEL FATTO
1) Con sentenza n. 3263/2005 il Tribunale di Salerno – adito da (OMISSIS), rappresentato dal suo procuratore speciale (OMISSIS), nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) – accolse le domande dell’attore, dirette ad ottenere l’accertamento dell’avvenuta usucapione di un locale terraneo in (OMISSIS) e la dichiarazione di nullita’ dell’atto di divisione intercorso tra le convenute il 20 maggio 1992, nella parte in cui il bene in questione era stato assegnato alla prima di loro.
Il Tribunale rigetto’ la domanda riconvenzionale, avente per oggetto la condanna dell’attore alla rimozione di un lucchetto che aveva apposto a chiusura dell’immobile, al rilascio di questo, al risarcimento di danni. Impugnata da (OMISSIS), la decisione e’ stata confermata dalla Corte d’appello di Salerno, che con sentenza n. 449 del 29 aprile 2008 ha rigettato il gravame.
(OMISSIS) nel febbraio 2009 ha proposto ricorso per cassazione, in base a undici motivi.
(OMISSIS), in rappresentanza di (OMISSIS), si e’ costituito con controricorso.
(OMISSIS) non ha svolto attivita’ difensiva.
Con ordinanza n. 25353 del 2014 la Seconda sezione civile ha trasmesso gli atti al Primo Presidente della Corte, il quale ha assegnato la causa alle Sezioni Unite, affinche’ in relazione al primo motivo sia risolto un contrasto di giurisprudenza rilevante per la decisione.
La causa e’ stata nuovamente discussa alla odierna udienza.
E’ stato dato avviso al difensore del controricorrente, che ha eletto domicilio in (OMISSIS), sia con comunicazione presso la cancelleria della Corte di Cassazione, sia al numero di fax (Cass. SU 10143/12; 7658/13).
MOTIVI DELLA DECISIONE
2) Con il primo motivo (“inosservanza, violazione, falsa applicazione degli articoli 77 e 100 codice procedura civile”) viene denunciato che il procuratore (OMISSIS) non ha prodotto in nessun grado di giudizio la procura notaio (OMISSIS) del 2001 dalla quale dovrebbe derivare il suo potere sostanziale e processuale di rappresentare il sig. (OMISSIS).
Parte ricorrente ne inferisce la mancanza in capo all’istante di un “potere rappresentativo di natura sostanziale” e ne chiede la verifica.
2.1) L’ordinanza 25353/14 ha rilevato:
che il resistente ha replicato che l’eccezione di cui si tratta non puo’ avere ingresso in questa sede, in quanto e’ stata sollevata per la prima volta in sede di legittimita’ e implica la necessita’ di accertamenti e valutazioni di merito;
che “l’obiezione del controricorrente” non e’ fondata quanto a quest’ultimo profilo, “essendo stato dedotto un vizio di natura processuale, in relazione al quale la Corte di Cassazione e’ giudice anche del fatto”; che con riguardo al profilo relativo alla “novita’ ” della questione – non prospettata e non rilevata nei gradi di giudizio di merito – la giurisprudenza di legittimita’ non e’ univoca.
In particolare la Seconda sezione ha ricordato che (SU 24179/09) “in tema di rappresentanza processuale, il potere rappresentativo, con la correlativa facolta’ di nomina dei difensori e conferimento di procura alla lite, puo’ essere riconosciuto soltanto a colui che sia investito di potere rappresentativo di natura sostanziale in ordine al rapporto dedotto in giudizio, con la conseguenza che il difetto di poteri siffatti si pone come causa di esclusione anche della legitimatio ad processum del rappresentante, il cui accertamento, trattandosi di presupposto attinente alla regolare costituzione del rapporto processuale, puo’ essere compiuto in ogni stato e grado del giudizio e quindi anche in sede di legittimita’, con il solo limite del giudicato sul punto, e con possibilita’ di diretta valutazione degli atti attributivi del potere rappresentativo”.
La Sezione ha osservato che le Sezioni Unite non hanno pero’ precisato se la formazione del “giudicato sul punto” debba derivare dall’affermazione del giudice circa la sussistenza del potere rappresentativo in chi agisce in giudizio in nome altrui, o “se possa desumersi senz’altro dall’avvenuta decisione nel merito della causa”.
L’ordinanza di rimessione ha aggiunto che “in proposito, nell’ambito delle sezioni semplici, si e’ delineato un contrasto di giurisprudenza poiche’ la Prima sezione con la sentenza 30 ottobre 2009 n. 23035 e la sezione Lavoro con la sentenza 21 dicembre 2011 n. 28078 si sono orientate, rispettivamente, nel senso della sufficienza di giudicato “implicito” e nel senso della necessita’ del giudicato “esplicito”.
In particolare la sentenza 23035/09 ha affermato che “il limite della rilevanza del difetto di valida rappresentanza processuale e’ costituito dal formarsi del giudicato, il quale impedisce il riesame non solo delle ragioni o questioni giuridiche che sono state proposte e fatte valere in giudizio, ma anche di quelle che, seppure non espressamente dedotte o rilevate, costituiscono il necessario presupposto, anche di ordine processuale, della pronuncia di merito (cd. giudicato implicito); conseguentemente, e’ inammissibile nel giudizio di legittimita’ il motivo di ricorso con il quale si deduce il vizio di rappresentanza di un ente collettivo nei precedenti gradi del giudizio, quando lo stesso non sia stato mai dedotto nel corso dei medesimi”.
Per contro, secondo la massima della citata sentenza della Sezione Lavoro (n. 28078/11): “poiche’ la delega del presidente dell’Inpdap ad un direttore di sede periferica, per agire in giudizio, attiene al momento genetico del processo e alla valida instaurazione del contraddittorio, la procura da questi conferita al difensore dichiarando di agire per l’Inpdap, senza neppure dedurre di averne ricevuto i poteri rappresentativi in base alla suddetta delega, determina la nullita’ del giudizio, rilevabile d’ufficio sempreche’, sulla specifica questione, non si sia formato il giudicato interno, che si determina allorche’ la carenza del potere rappresentativo sia stata appositamente denunciata e, quindi, sia stata espressamente negata dal giudice di merito ovvero sia rimasta senza esplicita risposta e tale omessa pronuncia non sia stata poi oggetto di appello”.
3) Il quesito posto dalla Seconda Sezione va esaminato, giacche’ la questione, che e’ anche rilevabile d’ufficio, consente alla Corte le verifiche di fatto indispensabili allo scopo, in quanto ha natura processuale (cfr. tra le tante: Cass. 17653/12; 12664/12; 8077/12; 1221/06).
Consta pertanto, dall’esame del fascicolo, che parte controricorrente non ha versato in atti la procura generale con la quale (OMISSIS) avrebbe investito il figlio (OMISSIS) del potere rappresentativo ora contestato dal ricorrente.
Lo stesso controricorso, che tace sul punto, e si trincera dietro la novita’ della questione sollevata con il primo motivo, non ha negato la mancanza della produzione.
Neanche in corso di trattazione il controricorrente, che era gravato dell’onere di documentare la esistenza dei propri poteri di rappresentanza, ha provveduto a darne documentazione o a dedurre in ordine al testo della procura o alle modalita’ di rilascio.
4) Il tema del giudicato implicito sulle questioni processuali ha trovato rinnovata ampia trattazione a partire dalla svolta giurisprudenziale, concretizzatasi con Cass. Sez. Un. 24883/08, in tema di applicazione dell’articolo 37 codice procedura civile, norma secondo la quale il difetto di giurisdizione “e’ rilevato, anche d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo”.
La Corte ha in quella circostanza stabilito che: “1) il difetto di giurisdizione puo’ essere eccepito dalle parti anche dopo la scadenza del termine previsto dall’articolo 38 codice procedura civile, (non oltre la prima udienza di trattazione), fino a quando la causa non sia stata decisa nel merito in primo grado; 2) la sentenza di primo grado di merito puo’ sempre essere impugnata per difetto di giurisdizione; 3) le sentenze di appello sono impugnabili per difetto di giurisdizione soltanto se sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito, operando la relativa preclusione anche per il giudice di legittimita’; 4) il giudice puo’ rilevare anche d’ufficio il difetto di giurisdizione fino a quando sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito.
In particolare, il giudicato implicito sulla giurisdizione puo’ formarsi tutte le volte che la causa sia stata decisa nel merito, con esclusione per le sole decisioni che non contengano statuizioni che implicano l’affermazione della giurisdizione, come nel caso in cui l’unico tema dibattuto sia stato quello relativo all’ammissibilita’ della domanda o quando dalla motivazione della sentenza risulti che l’evidenza di una soluzione abbia assorbito ogni altra valutazione ed abbia indotto il giudice a decidere il merito per saltum, non rispettando la progressione logica stabilita dal legislatore per la trattazione delle questioni di rito rispetto a quelle di merito”.
4.1) Questo orientamento e’ stato tenuto fermo dalle Sezioni Unite (SU 8075/15; 22745/14; 9693/13; 9594/12), nonostante le opinioni dottrinali, restie ad accettare un “uso improprio del giudicato implicito” e in particolare che il “vincolo dei principi” prevalga su quanto desunto dalle regole positivamente stabilite.
Esso costituisce ormai diritto vivente (cfr. Cass. SU 29/2016) ed e’ stato recepito dal codice del processo amministrativo all’articolo 9.
4.1.1) Le Sezioni Unite, poche settimane dopo aver reso la sentenza 24883/08, hanno precisato la portata della novita’ immessa nel sistema.
Nei paragrafi da 3.5) a 3.11), la sentenza 26019/2008 ha affermato che il potere di controllo delle nullita’ (non sanabili o non sanate), esercitabile in sede di legittimita’, mediante proposizione della questione per la prima volta in tale sede, ovvero mediante il rilievo officioso da parte della Corte di Cassazione, va ritenuto compatibile con la prospettiva del giusto processo di cui all’articolo 111 Cost., allorche’ si tratti di ipotesi concernenti la violazione del contraddittorio – in quanto tale sistema di verifica consente di evitare che la vicenda si protragga oltre il giudicato, attraverso la successiva proposizione dell’actio nullitatis o del rimedio impugnatorio straordinario ex articolo 404 codice procedura civile, da parte del litisconsorte pretermesso – ovvero di ipotesi riconducibili a carenza assoluta di potestas iudicandi, come il difetto di legitimatio ad causam o dei presupposti dell’azione, la decadenza sostanziale dall’azione per il decorso di termini previsti dalla legge, la carenza di domanda amministrativa di prestazione previdenziale, od il divieto di frazionamento delle domande, in materia di previdenza ed assistenza sociale.
La Corte ha osservato che in tutte queste ipotesi si prescinde “dal vizio relativo all’individuazione del giudice”, poiche’ si tratta non gia’ di provvedimenti emanati da un giudice privo di competenza giurisdizionale, bensi’ di atti che nessun giudice avrebbe potuto pronunciare, “difettando i presupposti o le condizioni per il giudizio”.
4.2) La dottrina ha colto, nel trittico di sentenze del 2008 (va ricordata anche la n. 29523/08) e nella approfondita pronuncia in tema di ricorso incidentale (SU n. 5456/09), la quale pure ha escluso (10.2) che sussista una decisione implicita sulle questioni processuali diverse dalla giurisdizione, i segni dell’adesione alla teoria del c.d. doppio oggetto del processo, descritta da SU n. 6737/02, in un passo testualmente ripreso da SU n. 24883/08.
Non e’ qui il caso di soffermarsi su questo profilo teorico: giova ai nostri fini rilevare che e’ stato comunque confermato, al di la’ dei perduranti dissensi dottrinali sul giudicato implicito in ordine alla giurisdizione, che ha pregio la distinzione tra diverse soluzioni: quella riservata alla questione di giurisdizione e quella che e’ prospettata da SU n. 26019/08 per le questioni processuali “fondanti”.
Queste ultime non si possono considerare implicitamente risolte, ma sono soggette alla verifica dei giudici delle impugnazioni, perche’ servono a salvaguardare l’ordinamento dal disvalore “di sistema” costituito dall’emissione di sentenze inutiliter datae.
E’ stato prospettato che solo per le questioni pregiudiziali di rito di minor rilievo, che non condizionino cioe’ “l’efficacia e l’utilita’ stessa della decisione”, vi sarebbe materia per un ripensamento a livello normativo, che muova dalla riscrittura dell’articolo 37.
Resta invece consolidato l’insegnamento che vuole sempre riesaminabili, salvo che in sede di rinvio, le questioni vitali (capacita’ di agire, litisconsorzio, giudicato, etc.) individuate da Cass. 26019/08, non esplicitamente risolte.
Una malintesa visione della ragionevole durata del processo non deve condurre a sormontare la “giustezza” del processo, che e’ tale se si evita di far nascere occasionalmente una sentenza instabile, perche’ facilmente sottomessa alle folgori dell’opposizione ex articolo 404 codice procedura civile o del contrasto con il precedente giudicato (cfr supra, SU 26019/08, 3.5).
4.3) In questa direzione cospira, se ve ne fosse bisogno, anche quanto le Sezioni Unite hanno avuto modo di osservare, occupandosi delle impugnative negoziali (SU 26242/14), sul tema del giudicato implicito.
Ivi e’ stato affermato che nel nostro sistema positivo non e’ riconosciuta l’idea di “un giudicato implicito che postuli il rigoroso e ineludibile rispetto dell’ordine logico-giuridico delle questioni”.
E se questa considerazione cadeva a proposito di una questione di merito e si riferiva al controverso operare del meccanismo del c.d. dedotto e deducibile, rivisto alla luce delle dottrine di matrice tedesca sul motivo portante del giudicato, ancor piu’ appropriata suona con riguardo alle questioni processuali tra le quali si pone quella esaminata, che concerne la sussistenza del potere di rappresentanza in capo a colui che abbia agito in giudizio in nome di altri.
5) La mancanza del potere di rappresentanza, essendo quest’ultima una delle condizioni di esistenza del potere di azione, giustifica il rilievo officioso in sede di legittimita’ 1anche se non vi sia stata contestazione nei gradi di merito.
Va dunque ribadito quanto gia’ appartiene all’insegnamento manualistico: all’indispensabilita’ della qualita’ di rappresentante sostanziale (oltre a SU 24179/09 cit., v. Cass. 16274/15 e 4248/13) fa riscontro anche la necessita’ di conferire per iscritto (articolo 77 codice procedura civile) la legittimazione processuale, cosi’ come quest’ultima non puo’ esistere senza la prima.
E’ utile ricordare che proprio con una giustificazione di sicuro taglio processuale le Sezioni Unite hanno rivisto l’inquadramento del rilievo della inefficacia del contratto concluso dal falsus procurator.
A tutela della sicurezza dei traffici giuridici, si e’ osservato, e’ stato posto nell’ambito delle mere difese il potere della parte di rilevare il difetto di rappresentanza, della cui assenza, risultante dagli atti, il giudice deve peraltro tener conto anche in mancanza di una specifica richiesta di parte (SU 11377/15).
5.1) A questo inevitabile rigore fa da riscontro simmetricamente, come vuole parte della dottrina, la ampia sanabilita’ del vizio della rappresentanza volontaria di cui qui si tratta – l’odierna sentenza non tratta infatti dei vizi della procura – ammessa dall’articolo 182 codice procedura civile.
Deve essere in proposito rammentato che secondo le Sezioni unite (Cass. 9217/10), gia’ in controversia instaurata prima della novella n. 69 del 2009, “l’articolo 182 codice procedura civile, comma 2, secondo cui il giudice che rilevi un difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione puo’ assegnare un termine per la regolarizzazione della costituzione in giudizio, dev’essere interpretato, anche alla luce della modifica apportata dalla Legge n. 69 del 2009, articolo 46, comma 2, nel senso che il giudice deve promuovere la sanatoria, in qualsiasi fase e grado del giudizio e indipendentemente dalle cause del predetto difetto, assegnando un termine alla parte che non vi abbia gia’ provveduto di sua iniziativa, con effetti ex tunc, senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze processuali”.
5.1.1) Questo principio va in linea di principio confermato, con la precisazione che qualora il rilievo del vizio non sia officioso, ma venga per la prima volta sollevato in sede di legittimita’ dalla controparte, sorge immediatamente per il rappresentato l’onere di procedere alla sanatoria, con la produzione necessaria allo scopo.
Non v’e’ infatti luogo per assegnare un termine, a meno che non sia motivatamente richiesto, allorquando il rilievo non sia officioso (e quindi nuovo), perche’ il giudice e’ stato preceduto dal rilievo di parte, sul quale l’avversario e’ chiamato a contraddire (cfr infra sub 5.3).
5.2) La opzione interpretativa avviata nel 2010 (riconosciuta anche da Cass. 23670/08; 7529/09; piu’ di recente cfr Cass. 11898 del 28/05/2014), che e’ intesa a favorire la celebrazione del processo al fine di giungere a una stabile soluzione di merito, e’ sicuramente nel senso che si puo’ desumere dal disposto vecchio e nuovo dell’articolo 182 codice procedura civile.
Esso mira, oggi piu’ esplicitamente, a consentire che sia posto rimedio alla nullita’ rilevante.
Occorre percio’ evitare per quanto possibile, in funzione della pienezza del rimedio, disarticolazioni nei vari gradi di giudizio “fra rilevabilita’ e sanabilita’ del difetto”.
E’ stato sostenuto in dottrina, per contestare la sanabilita’ in sede di impugnazione del difetto di legittimazione processuale che il rilievo in appello potrebbe incidere sul principio di parita’ delle parti. Sarebbe infatti consentito al falso rappresentato, e non all’altra parte, di giovarsi, con la ratifica, solo dei giudizi in cui la sua posizione sia risultata vittoriosa, rigettando le conseguenze della soccombenza.
L’osservazione non e’ convincente: l’altra parte ha comunque interesse ad una pronuncia che non sia esposta a impugnazioni straordinarie, ma venga utilmente reincanalata; inoltre potra’ pur sempre rivalersi sul falso rappresentante, se ve ne sono le condizioni.
Peraltro anche la dottrina piu’ perplessa (ma le perplessita’ concernono soprattutto la diversa materia dei vizi della procura) riconosce che le situazioni contemplate dall’articolo 182, sono molteplici: non e’ questa l’occasione per compilarne una mappa, ognuna potendo meritare una riflessione, pur alla luce del principio generale adottato.
5.3) Tirando le fila del discorso che si e’ condotto, occorre quindi respingere le posizioni rispecchiate in precedenza da Cass. 17893/09 e Cass. SU 23019/05, restie alla sanatoria in grado di impugnazione, e riaffermare l’opposto principio, secondo il quale e’ possibile la sanatoria del difetto di rappresentanza, senza che operino le ordinarie preclusioni istruttorie (v. Cass. 22099/13; 798/13).
Giova chiarire che qualora sorga in sede di legittimita’ la contestazione esplicita del potere rappresentativo del soggetto che ha agito in giudizio, o stia resistendo, la prova (documentale) della sussistenza della legittimazione processuale puoi essere fornita anche in questa sede, ai sensi dell’articolo 372 codice procedura civile. (v. Cass. 12547/03; 24813/13).
La mancanza di ogni produzione impone, nel caso odierno, di adottare la soluzione in rito di cassazione della sentenza impugnata, dichiarando la nullita’ di tutti gli atti del giudizio svoltosi su impulso processuale viziato.
6) Resta assorbito l’esame degli altri motivi di ricorso.
Le spese dei giudizi di merito possono essere equamente compensate tra le parti, poiche’ parte (OMISSIS) non ha verificato in quella sede il potere rappresentativo dell’attore, pervenendo all’eccezionale situazione della contestazione tardiva.
Le spese di questo grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, in relazione al valore della controversia.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso.
Cassa senza rinvio la sentenza impugnata e dichiara la nullita’ di tutti gli atti del giudizio.
Dichiara compensate tra le parti le spese dei giudizi di merito.
Condanna parte resistente alla refusione delle spese di questo grado di giudizio liquidate in euro 3.000 per compenso, 200 per esborsi, oltre accessori di legge.
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