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3.2. Secondo un orientamento giurisprudenziale, ai fini della declaratoria della nullita’ e’ sufficiente la mera tempestiva proposizione dell’eccezione, la quale e’ in grado di evitare la sanatoria generale prevista dall’articolo 183 c.p.p. (v. Sez. 5, n. 8478 del 28/11/2016, dep. 2017, Pettinengo, Rv. 269453; Sez. 5, n. 4828 del 29/12/2015, dep. 2016, Ciano, Rv. 265803; Sez. 2, n. 41735 del 22/09/2015, Casali, Rv. 264594; Sez. 4, n. 18098 del 01/04/2015, Crapella, Rv.263753; Sez. 5, n. 8108 del 25/01/2007, Landro, Rv. 236522).
Le sentenze che seguono tale indirizzo, pur riconoscendo a carico del difensore di fiducia un onere di allegazione di circostanze impeditive della conoscenza dell’atto, non attribuiscono, pero’, alcun automatico effetto sanante all’inadempimento di detto onere, ritenendo comunque necessari – per l’operativita’ della sanatoria – concreti e ulteriori elementi, che si affianchino all’esistenza del rapporto fiduciario da cui scaturisce l’obbligo di informazione dell’assistito, e da cui desumere la predetta conoscenza (cfr. Sez. 4, n. 18098 del 01/04/2015, Crapella, cit.; Sez. 4, n. 7917 del 25/01/2016, Bianco, Rv. 266231).
3.3. Secondo un diverso orientamento, il difensore non puo’ limitarsi a denunciare l’inosservanza della norma processuale, dovendo anche rappresentare al giudice che il suo assistito non ha avuto conoscenza dell’atto o che non ha potuto esercitare il diritto di difesa (Sez. 4, n. 2416 del 20/12/2016, dep. 2017, Zucchi, Rv. 268883; Sez. 6, n. 490 del 02/12/2016, Mercuri, Rv. 268809; Sez.3, n.47953 del 19/07/2016, Franco, Rv.268654; Sez. 4, n. 8592 del 10/02/2016, Gervasoni, Rv. 266369; Sez. 4, n. 40066 del 17/09/2015, Bellucci, Rv. 264505; Sez. 6, n. 34558 del 10/05/2012, P., Rv. 253276), eventualmente avvalorando tale affermazione con elementi che la rendano credibile (Sez. 4, n. 44132 del 09/09/2015, Longoni, Rv 264830).
Al fine del giudizio sulla conoscenza dell’atto, in particolare, viene valorizzato il rapporto fiduciario che lega l’imputato al suo difensore (Sez. 4, n. 40066 del 17/09/2015, Bellucci, cit.).
3.4. Gli orientamenti in questione, pur facendo entrambi riferimento ad un onere di allegazione della parte interessata alla declaratoria della nullita’, seguono pero’ percorsi differenti circa la valutazione delle condizioni che giustificano la sanatoria dell’atto “non inesistente ma viziato”, limitandosi alcune a desumere la prova della conoscenza dell’atto di citazione da circostanze obiettive di fatto, quali il ricorso proposto personalmente dall’imputato o l’inesistenza del domicilio dichiarato.
Il reale contrasto si pone invero con le pronunce che hanno radicalmente revocato in dubbio l’esistenza di un onere probatorio a carico della parte. In tal senso si e’ pronunciata, di recente, Sez. 6, n. 11954 del 15/02/2017, Emma, cit., secondo cui, solo quando dalle non corrette modalita’ di notifica e’ derivata una situazione assimilabile ad un difetto di vocatio in jus, grava sul difensore o sull’imputato l’onere di fornire gli elementi concreti, suscettibili di verifica, indicativi dell’effettivita’ di tale eccezionale situazione. In presenza di una nullita’ a regime intermedio, non puo’ invece maturare una sanatoria quale effetto dell’inerzia probatoria della parte che ha proposto l’eccezione. Pur nella consapevolezza delle implicazioni che sono proprie del rapporto fiduciario fra l’avvocato nominato di fiducia e il suo assistito, la nullita’ rimane configurabile e ritualmente “deducibile”, senza alcun “peso” probatorio a carico dell’istante.
4. La previsione di cui all’articolo 157 c.p.p., comma 8 bis, e’ stata introdotta nel 2005 in un’ottica di snellimento delle procedure di notificazione, all’interno di un contesto teso peraltro a potenziare la conoscenza effettiva del processo da parte dell’imputato, e ha passato anche il vaglio positivo del Giudice delle leggi. Ribadita l’assenza di una assoluta incompatibilita’ delle presunzioni legali di conoscenza con le garanzie di difesa, e rilevato che non puo’ negarsi al legislatore di presupporre un onere di diligenza a carico del destinatario delle notificazioni, la Corte costituzionale (sent. n. 136 del 2008) ha, infatti, affermato che a maggior ragione puo’ essere richiesto “un minimo di cooperazione al difensore di fiducia, nel caso in cui, pur avendo la possibilita’ di rifiutare le notificazioni ai sensi dell’articolo 157 c.p.p., comma 8 bis, accetti di riceverle e si accolli pertanto l’onere di mantenere costantemente e compiutamente informato il proprio cliente”. Tale disciplina non e’ peraltro vincolante in modo incondizionato, poiche’ resta pur sempre aperta la possibilita’ di avvalersi delle forme ordinarie di notifica sia per iniziativa del difensore, il quale puo’ dichiarare all’autorita’ procedente di non accettare la notificazione, sia per iniziativa dell’imputato, che puo’ dichiarare domicilio nella sua dimora abituale, determinando in tal modo l’inapplicabilita’ della norma. La norma assicura poi le condizioni minime sufficienti a garantire una corretta e tempestiva informazione dell’imputato su tutti gli atti processuali che lo riguardano, e “l’adempimento di tale dovere professionale costituisce garanzia del buon funzionamento del rapporto fiduciario a fini specifici di efficacia delle future notifiche”.
5. Tanto premesso, rileva il Collegio che il contrasto giurisprudenziale nasce da un’evidente confusione tra le modalita’ di notificazione di cui all’articolo 157 c.p.p., e quelle di cui all’articolo 161 c.p.p..
La Corte costituzionale nella sentenza n. 136 del 2008 ha chiarito che, in tema di notifiche, e’ indispensabile contemperare diritto di difesa e speditezza del processo, ed e’ per far fronte a questa esigenza che nel codice di rito da un lato si prescrive di determinare quanto prima possibile il domicilio, eventualmente anche elettivo, per le notificazione (articolo 161 c.p.p.), e dall’altro viene individuato presso il difensore un possibile recapito, indipendentemente da una dichiarazione o elezione di domicilio (articolo 157 c.p.p., comma 8 bis, e articolo 161 c.p.p., comma 4).
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