Corte di Cassazione, sezioni unite civile, sentenza 16 novembre 2016, n. 23298

Nelle ipotesi di conversione del contratto a tempo determinato illegittimo, l’articolo 32 della legge 183/2010 che limita il risarcimento del danno – stabilendo un’indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto (comma poi abrogato dal Jobs act che ha agganciato l’indennità all’ultima retribuzione di riferimento per calcolo Tfr) – è applicabile ai giudizi pendenti

 

Suprema Corte di Cassazione

sezioni unite civile

sentenza 16 novembre 2016, n. 23298

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f.
Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di sez.
Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente di sez.
Dott. CURZIO Pietro – rel. Presidente di sez.
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente di sez.
Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente di sez.
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere
Dott. PETITTI Stefano – Consigliere
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4592-2012 proposto da:

(OMISSIS) – (OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato ERNESTO MANCINI, che la rappresenta e difende per delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, per delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

(OMISSIS) – (OMISSIS) S.P.A., elettivamente domiciliata e difesa come sopra;

– controricorrente all’incidentale –

avverso la sentenza n. 7672/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 09/02/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/07/2016 dal Presidente Dott. PIETRO CURZIO;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. (OMISSIS) convenne in giudizio la (OMISSIS) dinanzi al Tribunale di Roma. Espose aver lavorato alle dipendenze della societa’ convenuta nell’arco di tempo dal gennaio 1993 al giugno 2004, con 22 contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, come operatore di ripresa. Sostenne che tutti i contratti a tempo determinato erano stati stipulati in violazione della L. n. 230 del 1962, articolo 1 e chiese che venisse accertata la natura a tempo indeterminato del rapporto di lavoro a decorrere dal primo contratto, con relativa reintegrazione nel posto di lavoro e risarcimento del danno subito nel periodo pregresso, nonche’ l’accertamento del diritto al trattamento economico e normativo di operatore di ripresa 3 livello (classe retributiva 3).

2. La (OMISSIS) si costitui’ eccependo la piena legittimita’ di ciascun contratto e chiedendo il rigetto del ricorso.

3. Il Tribunale accerto’ la nullita’ dei contratti dichiarando che “tra le parti in causa sussiste un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a far data dal 19 aprile 1995 e che e’ tuttora in essere” e disponendo il ripristino del rapporto con la qualifica di operatore di ripresa 4 livello (classe V) del ccnl, con relativa condanna al pagamento delle retribuzioni maturate da 19 giugno 2004 sino alla data della sentenza.

4. Entrambe le parti proposero appello. La Corte d’appello di Roma, con sentenza del 7 ottobre 2010, rigetto’ tanto l’appello principale della (OMISSIS), che l’appello incidentale, compensando le spese.

5. La (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, articolato in cinque motivi.

6. Il ricorrente si e’ difeso con controricorso e ricorso incidentale articolato in tre motivi.

7. La (OMISSIS) ha depositato controricorso nei confronti del ricorso incidentale ed entrambe la parti hanno depositato memorie per l’udienza dinanzi alla sezione lavoro.

8. Con ordinanza interlocutoria pubblicata il 9 luglio 2015 la sezione lavoro, ritenuto che la richiesta di applicazione da parte della (OMISSIS) della norma dettata dalla L. n. 183 del 2010, articolo 32 emanata dopo la sentenza di appello e prima della notifica del ricorso per cassazione, desse luogo ad una problematica sulla quale nella giurisprudenza di Cassazione si registra un duplice contrasto di orientamenti, ha rimesso la controversia al primo presidente per l’eventuale assegnazione alle sezioni unite.

9. Il primo presidente ha disposto l’assegnazione alle sezioni unite.

10. Con il quarto motivo, la (OMISSIS) chiede l’applicazione della L. 4 novembre 2010, n. 183, articolo 32, commi 5-7, che modifico’ la disciplina del risarcimento del danno in caso di contratto a termine illegittimo.

11. Tale norma entro’ in vigore il 24 novembre 2010, quindi dopo la sentenza di appello che decise sul risarcimento del danno e prima del ricorso per cassazione (la cui notifica fu richiesta il 28 febbraio 2012).

12. Il principio generale in materia di efficacia della legge nel tempo e’ fissato dall’articolo 11 disp. gen., per il quale “La legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo”. Il principio ammette deroghe. Nel caso specifico, la L. n. 183 del 2010, articolo 32, comma 7 prevede che “le disposizioni di cui ai commi 5 e 6 trovano applicazione a tutti i giudizi, ivi compresi quelli pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge”. La seconda parte del comma aggiunge: “con riferimento a tali ultimi giudizi, ove necessario, ai soli fini della determinazione della indennita’ di cui ai commi 5 e 6, il giudice fissa alle parti un termine per l’eventuale integrazione della domanda e delle relative eccezioni ed esercita i poteri istruttori ai sensi dell’articolo 421 c.p.c.”.

13. La Corte di cassazione ha affermato che, in linea generale, tale norma vale anche per i giudizi di legittimita’ a causa della sua specifica formulazione, in quanto nel concetto di giudizi pendenti rientrano anche quelli in cui la pendenza deriva dalla proposizione o proponibilita’ del ricorso per cassazione Cass., 31 gennaio 2012, n. 1409) e persino quelli in cui la Cassazione si e’ pronunciata con rinvio al giudice di merito e quest’ultimo non ha ancora definito il giudizio (Cass., 2 marzo 9012, n. 3305 e 4 febbraio 2015, n. 1995). L’interpretazione e’ stata pienamente condivisa dalla Corte costituzionale sin dalla sentenza n. 303 del 2011, emessa a seguito di una ordinanza di rimessione della Corte di cassazione basata sul presupposto della applicabilita’ della norma sopravvenuta al giudizio di legittimita’. Al contrario, per completezza, va ricordato che la retroattivita’ e’ stata esclusa con riferimento alle successive modifiche dell’articolo 32 introdotte dal Decreto Legislativo n. 81 del 2015, che, in mancanza di un’analoga espressa deroga al principio generale, si applicano solo ai contratti stipulati successivamente all’entrata in vigore del provvedimento legislativo (Cass. 19 ottobre 2015, n. 21069).

14. L’affermazione dell’applicabilita’ della normativa dettata dalla L. 183 del 2010, articolo 32 anche ai giudizi pendenti in cassazione non risolve pero’ tutti i problemi. Come ha rilevato l’ordinanza interlocutoria della sezione lavoro, sul terna si e’ determinato un duplice contrasto di orientamenti.

15.11 primo concerne il seguente dilemma. Secondo un orientamento e’ possibile richiedere direttamente, con uno specifico motivo di ricorso, l’applicazione della nuova disciplina retroattiva. Secondo altro orientamento cio’ non sarebbe possibile, in quanto la proposizione del ricorso per cassazione non e’ ammissibile per ipotesi diverse da quelle previste dall’articolo 360 c.p.c. che presuppongono necessariamente la denunzia di un vizio della sentenza di merito, vizio che non puo’ consistere nella violazione di una legge che al momento della sentenza non era stata ancora emanata.

16. Il problema solo apparentemente attiene al tema della tipicita’ dei motivi di ricorso per cassazione. l fuori discussione che il ricorso per cassazione sia a critica vincolata e che i motivi indicati dall’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 1-5, siano tassativi.

17. In realta’, la questione e’ tutta interna al concetto di violazione di norme di diritto e si risolve nel problema di stabilire se la violazione di norme di diritto, cui fa riferimento l’articolo 360 c.p.c., n. 3 concerna solo quelle vigenti al momento delle decisione impugnata o invece anche norme emanate in seguito ma dotate dal legislatore di efficacia retroattiva.

18.Tale questione e’ stata definita da Cass., sez. un., 27 ottobre 2016, n. 21691, che ha affermato il seguente principio di diritto: “L’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deve essere interpretato nel senso che la violazione di norme di diritto puo’ concernere anche norme emanate dopo la pubblicazione della sentenza impugnata, qualora siano applicabili al rapporto dedotto in giudizio perche’ dotate di efficacia retroattiva. In tal caso e’ ammissibile il ricorso per cassazione per violazione di legge sopravvenuta”.

19. Il secondo punto di contrasto prospettato nell’ordinanza della sezione lavoro attiene al rapporto tra legge retroattiva e giudicato interno e alla natura ed estensione dei limiti che la legge retroattiva sopravvenuta incontra a causa del giudicato. Anche questo contrasto e’ stato risolto dalle sezioni unite con la sentenza 21691/2016, che ha affermato il seguente principio di diritto: “Il ricorso per violazione di legge sopravvenuta incontra il limite del passaggio in giudicato della sentenza impugnata. Tuttavia, quando la sentenza si compone di piu’ parti connesse tra loro in un rapporto per il quale l’accoglimento dell’impugnazione nei confronti della parte principale determinerebbe necessariamente anche la caducazione della parte dipendente, la proposizione dell’impugnazione nei confronti della parte principale impedisce il passaggio in giudicato anche della parte dipendente, pur in assenza di impugnazione specifica di quest’ultima”.

20. Nella presente controversia, pero’, il problema non si pone, perche’ il capo della decisione di primo grado sul risarcimento del danno fu oggetto di impugnazione (quinto motivo del ricorso in appello, considerato e espressamente rigettato dalla sentenza della Corte di Roma), sebbene per ragioni diverse da quelle ora proposte a seguito della normativa sopravvenuta. Di conseguenza, la sentenza del Tribunale, quale che sia l’orientamento seguito tra quelli in contrasto, non puo’ comunque ritenersi passata in giudicato.

21. Di conseguenza il motivo concernente la violazione della L. n. 183 del 2010, articolo 32, commi 5 – 7, deve essere accolto, e la sentenza deve essere cassata con rinvio in relazione a tale motivo.

22. Tutti gli altri motivi del ricorso principale, sono invece inammissibili o infondati, come del resto ha ritenuto implicitamente la sezione lavoro, nel momento in cui ha riconosciuto la rilevanza delle questioni rimesse alle sezioni unite, che sussiste solo se, affermata l’illegittimita’ della clausola di apposizione del termine, si passa a quantificare il danno.

23. Le ragioni dell’infondatezza degli altri motivi sono cosi’ riassumibili.

24. Con il primo motivo si denunzia, congiuntamente, “omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione alla eccezione di risoluzione per mutuo consenso”, nonche’ “violazione e falsa applicazione degli articoli 1375 e 1375 c.c.”, perche’ il lavoratore, “dopo oltre dieci anni di assunzioni a termine presso la (OMISSIS), si assicurava l’ennesimo contratto tempo determinato… per poi, a contratto appena iniziato, rivendicare l’intero fascio di rapporti a tempo determinato intercorsi con l’azienda”, il che comporterebbe la risoluzione tacita per mutuo consenso alla luce dei principi della buona fede e della correttezza nella esecuzione delle obbligazioni contrattuali.

25. Premesso che tra il lavoratore e la (OMISSIS) sono intercorsi 22 contratti a termine nell’arco di 10 anni, con intervalli quindi ravvicinati, e che tra la scadenza dell’ultimo contratto e la proposizione dell’azione giudiziaria e’ intercorso un tempo cosi’ contenuto da giustificare l’estrema concisione della motivazione della sentenza di appello sul punto stante la brevita’ della pretesa inerzia del dipendente, deve rilevarsi che tutte le considerazioni critiche formulate nella esposizione dei motivi sul tema, al di la’ di Ogni considerazione sulla loro fondatezza, si risolvono nella proposizione di una diversa valutazione del merito della causa, inammissibile in sede di giudizio di legittimita’.

26. Con il secondo motivo la societa’ denunzia “violazione e falsa applicazione della L. n. 230 del 1962, articolo 1, lettera e)”. Nel corso dell’esposizione del motivo la societa’ ricorrente censura la sentenza di appello per aver applicato i principi fissati in una serie costante di decisioni di legittimita’ relative alla interpretazione della L. n. 230 del 1960, articolo 1, lettera e) nel testo modificato dalla L. n. 266 del 1977.

27. Il testo originario della norma prevedeva un’eccezione al divieto di assunzioni a tempo determinato, consentendo di apporre il termine “nelle scritture del personale artistico e tecnico della produzione di spettacoli”. Questa dizione fu sostituita dalla L. del 1977 (applicabile ratione temporis, con la seguente formula: “nelle assunzioni di personale riferite a specifici spettacoli ovvero a specifici programmi radiofonici o televisivi”.

28. La giurisprudenza di legittimita’ ha costantemente dato un’interpretazione puntuale del concetto di temporaneita’, che non puo’ riconoscersi a programmi presenti reiteratamente nel palinsesto, e rigorosa del concetto di specificita’, affermando che deve essere inteso non solo come unicita’ dello stesso, ancorche’ articolato in piu’ puntate, ma anche come specificita’ dell’apporto del lavoratore, delineando una connessione tra specificita’ dell’apporto e specificita’ del programma. Da tempo questa interpretazione rigorosa e’ considerata dalla Corte come giurisprudenza consolidata ai fini dell’articolo 360-bis c.p.c. (plurimis, Cass., 6-L, 2 marzo 2012, n. 2012, la cui massima recita: “In tema di assunzioni a termine dei lavoratori dello spettacolo, ai fini della legittimita’ dell’apposizione del termine, e’ necessario che ricorrano la temporaneita’ della occasione lavorativa rappresentata dalla trasmissione o dallo spettacolo (che non devono essere necessariamente straordinari o occasionali, ma di durata limitata nell’arco di tempo della programmazione complessiva, e quindi destinati ad esaurirsi), la specificita’ del programma (che deve essere quantomeno unico, ancorche’ articolato in piu’ puntate o ripetuto nel tempo) e la connessione reciproca tra specificita’ dell’apporto del lavoratore e specificita’ del programma o spettacolo (per cui il primo concorre a formare la specificita’ del secondo o e’ reso necessario da quest’ultima specificita’), di modo che l’assunzione riguardi soggetti il cui apporto lavorativo sia tale da realizzare un peculiare contributo professionale, tecnico o artistico, che non sia facilmente fungibile con il contributo realizzabile dal personale a tempo indeterminato dell’impresa. (Principio affermato ai sensi dell’articolo 360-bis c.p.c., n. 1) (da ultimo, sul punto, proprio con riferimento ad un analogo contratto (OMISSIS), cfr. Cass. 1841 del 2016, cit.).

29. a Corte d’appello di Roma, come del resto riconosce la difesa della (OMISSIS), si e’ attenuta a questi principi, ed, esaminando la lunga serie di contratti a termine tra la (OMISSIS) e il ricorrente, in qualita’ di operatore di ripresa, ha ritenuto e motivatamente spiegato perche’ non sussiste il requisito della specificita’ dei programmi, questa volta con motivazione diffusa ed argomentata.

30. Nel motivo di ricorso la societa’, da un lato chiede alla Corte di rivedere il suo orientamento, senza pero’ fornire idonei elementi per mutarlo, dall’altro propone una serie di considerazioni attinenti al merito della decisione, che quindi non possono essere prese in considerazione nel giudizio di legittimita’.

(Ndr: testo mancante).

regime di part-time. Come si desume dallo stesso atto di appello, riportato dalla ricorrente nel ricorso per cassazione, in primo grado non e’ mancata una pronuncia di rigetto, implicita ma inequivoca, della eccezione; al massimo puo’ dirsi che e’ mancata la relativa specifica motivazione. Si e’ pertanto al di fuori dell’ambito di applicazione dell’articolo 112 c.p.c. e la considerazione vale anche con riferimento alla sentenza di appello. Il motivo di ricorso per cassazione con il quale si prospetta la violazione dell’articolo 112 c.p.c. e’ pertantoinammissibile.

32. Il quinto motivo del ricorso principale, infine, rimane assorbito dall’accoglimento del quarto motivo.

33. I tre motivi del ricorso incidentale concernono il mancato accoglimento della domanda di riconoscimento della qualifica superiore (3 livello).

34. La relativa domanda fu rigettata dal tribunale. Il (OMISSIS) propose appello incidentale, che la Corte d’appello ha respinto, affermando: erroneamente il De Ascanis ritiene che in base alla disciplina collettiva tale qualifica si acquisisca automaticamente, per mera sommatoria dei periodi lavorati, mentre la declaratoria contrattuale richiede una specifica professionalita’ e lo svolgimento di specifiche attivita’. Dopo aver elencato ed esaminato queste attivita’, la Corte conclude nel senso che le stesse non sono state allegate, ne’ provate.

35. Contro questa parte della decisione il ricorrente incidentale per cassazione propone un primo motivo di ricorso rubricato “violazione di norme di legge e di contratto collettivi”. Le norme di legge indicate sono gli “articolo 1362 c.c. e ss”. Le norme contrattuali sono l’articolo 6 e gli allegati. A e B) ccl (OMISSIS) 9 maggio 1990″. Con un secondo motivo si denunzia “violazione e falsa “violazione di norme di legge e di contratto collettivo”. Le norme di legge indicate sono gli “articolo 1362 c.c. e ss”. Le norme contrattuali sono “l’articolo 6 e gli allegati A) e B) ccl (OMISSIS) 9 maggio 1990”. Con un secondo motivo si denunzia “violazione e falsa applicazione di norme di contratto collettivo”. Le norme indicate sono articoli 1362 c.c. e ss, articolo 2697 c.c., l’articolo “livelli e mansioni” del ccl (OMISSIS) 8 giugno 2000, nonche’ articolo 6 e allegati A) e B) ccl (OMISSIS) 9 maggio 1990.

36. La prima parte di entrambi i motivi e’ inammissibile perche’ si denunzia, genericamente, violazione dei criteri ermeneutici dettati dagli articoli 1362 c.c. e ss, senza specificare, e tanto meno argomentare, quali tra i molteplici criteri ermeneutici dettati dal c.c. agli articoli 1362 – 1371 c.c. sarebbero stati violati e per quale motivo.

37. La seconda parte di entrambi i motivi, che denunziano violazioni di contratti collettivi aziendali, sono improcedibili perche’, in contrasto con quanto stabilito dall’articolo 369 c.p.c., n. 4, come interpretato dalla giurisprudenza costante e consolidata di questa Corte, unitamente al ricorso non sono stati depositati i testi integrali dei contratti collettivi privatistici richiamati, ma solo stralci, ne’ si e’ indicato nel ricorso di cassazione se e in che sede processuale, tale allegazione integrale sia avvenuta (Cass., sez. un., 23 settembre 2009, n. 20075, il principio viene costantemente applicato dalla sezioni semplici, ex plurimis, cfr. Cass., 15 ottobre 2010, n. 21358).

38. Con il terzo motivo si denunzia “omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”. Anche questo motivo e’ inammissibile poiche’, come si evince dalla relativa esposizione, non ci si riferisce ad un fatto, ma all’interpretazione delle difese, e perche’ ciao che si chiede alla Corte e’ la considerazione “elementi di valutazione” e quindi una nuova e diversa valutazione del merito.

39. In conclusione, deve essere accolto solo il motivo concernente l’applicazione della L. n. 183 del 2010, articolo 32 mentre devono essere respinti tutti gli altri motivi del ricorso principale e di quello incidentale. La sentenza deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che decidera’ anche in ordine alle spese.

P.Q.M.

La Corte accoglie il motivo del ricorso principale concernente l’applicazione della L. n. 183 del 2010, articolo 32 rigetta gli altri motivi del ricorso principale, nonche’ tutti i motivi del ricorso incidentale. Cassa in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese

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