Corte di Cassazione, sezione II civile, sentenza 15 novembre 2016, n. 23256

Il divieto di sopraelevazione per inidoneita’ delle condizioni statiche dell’edificio, previsto dall’articolo 1127 c.c., comma 2, debba interpretarsi non nel senso che la sopraelevazione sia vietata soltanto se le strutture dell’edificio non consentano di sopportarne il peso, ma nel senso che il divieto sussiste anche nel caso in cui le strutture siano tali che, una volta elevata la nuova fabbrica, non permettano di sopportare l’urto di forze in movimento quali le sollecitazioni di origine sismica. Pertanto, qualora le leggi antisismiche prescrivano particolari cautele tecniche da adottarsi, in ragione delle caratteristiche del territorio, nella sopraelevazione degli edifici, esse sono da considerarsi integrative dell’articolo 1127 c.c., comma 2 e la loro inosservanza determina una presunzione di pericolosita’ della sopraelevazione, che puo’ essere vinta esclusivamente mediante la prova, incombente sull’autore della nuova fabbrica, che non solo la sopraelevazione, ma anche la struttura sottostante sia idonea a fronteggiare il rischio sismico, senza che abbia rilievo dirimente, ai fini della valutazione della legittimita’ delle opere sotto il profilo del pregiudizio statico, il conseguimento della concessione edilizia relativa ai corpi di fabbrica elevati sul terrazzo dell’edificio

L’aspetto architettonico, cui si riferisce l’articolo 1127 c.c., comma 3, quale limite alle sopraelevazioni, sottende una nozione diversa da quella piu’ restrittiva di decoro architettonico, contemplata dall’articolo 1120 c.c., comma 4, articolo 1122 c.c., comma 1 e articolo 1122-bis c.c., dovendo l’intervento edificatorio in sopraelevazione comunque rispettare lo stile del fabbricato e non rappresentare una rilevante disarmonia in rapporto al preesistente complesso, tale da pregiudicarne l’originaria fisionomia ed alterare le linee impresse dal progettista, in modo percepibile da qualunque osservatore. Il giudizio relativo all’impatto della sopraelevazione sull’aspetto architettonico dell’edificio va condotto, in ogni modo, esclusivamente in base alle caratteristiche stilistiche visivamente percepibili dell’immobile condominiale, e verificando l’esistenza di un danno economico valutabile, mediante indagine di fatto demandata al giudice del merito, il cui apprezzamento sfugge al sindacato di legittimita’, se, come nel caso in esame, congruamente motivato

l’indennita’ di sopraelevazione prevista dall’articolo 1127 c.c., comma 4, trae fondamento dalla considerazione che, per effetto della sopraelevazione, il proprietario dell’ultimo piano aumenta, a scapito degli altri condomini, il proprio diritto sulle parti comuni dell’edificio ed intende, percio’, compensare in parte i condomini, assumendo a parametro il valore del suolo occupato. L’indennita’ ex articolo 1127 c.c., comma 4, configura, pertanto, un debito per responsabilita’ da atto lecito, e non per fatto illecito, ex articolo 2043 c.c. (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12292 del 21/08/2003; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6643 del 22/05/2000). L’azione promossa dai condomini per ottenere il risarcimento dei danni contro il proprietario dello ultimo piano che abbia eseguito una sopraelevazione, per la compromissione della statica dell’edificio e del suo aspetto architettonico, o per la diminuzione di aria e luce ai piani sottostanti, deduce, pertanto, un credito risarcitorio autonomo e distinto rispetto a quello inerente all’indennita’ prevista dell’articolo 1127 c.c., comma 4, la quale suppone l’accertata insussistenza dei presupposti del risarcimento; ne consegue che la domanda promossa per far valere il primo credito non puo’ comportare implicito esercizio del secondo

 

Suprema Corte di Cassazione

sezione II civile

sentenza 15 novembre 2016, n. 23256

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere
Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16151/2012 proposto da:

CONDOMINIO (OMISSIS), in persona dell’amministratore pro tempore (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 544/2011 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 13/05/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/10/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega dell’Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, il quale ha concluso per l’accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso per denuncia di nuova opera del (OMISSIS) proposto davanti al Pretore di Corigliano Calabro, l’amministratore del Condominio (OMISSIS), premesso che nel mese di (OMISSIS) la condomina (OMISSIS), proprietaria di un appartamento al settimo piano e della contigua terrazza compresi nell’edificio condominiale del (OMISSIS), assumendo che sul lastrico solare sovrastante il suo appartamento si verificavano infiltrazioni di aria fredda o calda, a seconda delle stagioni, aveva ottenuto dall’assemblea condominiale, costituita in difetto del numero legale, l’autorizzazione ad eseguire la copertura a tetto della propria unita’ immobiliare; che la (OMISSIS) stava procedendo alla copertura di meta’ dell’area interessata dalla terrazza, eseguendo una sopraelevazione con innalzamento dei muri maestri per la realizzazione di un altro appartamento; che tali opere recavano un grave pregiudizio alla stabilita’ e sicurezza del fabbricato, che sorgeva in area gia’ interessata da episodi di instabilita’ geologica, perche’ lo appesantivano di un apporto edilizio, e provocavano altresi’ una manifesta alterazione dell’aspetto architettonico; cio’ premesso, chiedeva al Pretore di Corigliano Calabro di ordinare ad (OMISSIS) l’immediata sospensione dei lavori edilizi in atto, nonche’ di disporre per il prosieguo del giudizio davanti al giudice competente per sentir dichiarare l’illegittimita’ dell’opera nuova iniziata nell’estate (OMISSIS), di ordinare la riduzione in pristino dei luoghi e di condannare la convenuta al risarcimento dei danni prodotti al condominio. Il Pretore, assunte sommarie informazioni, ordinava alla (OMISSIS) l’immediata sospensione dei lavori, che poi confermava dopo la comparizione delle parti, rimettendo le stesse davanti al Tribunale di Rossano competente per la trattazione della causa. Con atto di citazione in riassunzione del 29 gennaio 1991 il Condominio (OMISSIS) conveniva cosi’ la signora (OMISSIS) davanti al Tribunale di Rossano, ribadendo le richieste avanzate in sede sommaria. Si costituiva in giudizio (OMISSIS), contestando la domanda proposta dal Condominio, eccependo, in particolare, che l’opera denunziata era stata iniziata con il previo consenso dei condomini e, comunque, era stata eseguita su una terrazza di esclusiva proprieta’ della deducente, che percio’ non era tenuta a chiedere alcuna preventiva autorizzazione al Condominio. Inoltre, la (OMISSIS) osservava che la chiusura e la copertura del terrazzo di sua proprieta’ esclusiva erano state eseguite in conformita’ alla concessione edilizia rilasciata dal Sindaco di Corigliano Calabro in data (OMISSIS). Ancora, la convenuta (OMISSIS) proponeva domanda riconvenzionale nei confronti del condominio (OMISSIS) per ottenere il pagamento della somma di Lire 7.245.000, oltre interessi e rivalutazione, per spese anticipate relative alla riparazione del tetto comune del palazzo. Espletate due CTU, il Tribunale di Rossano, Sezione Stralcio, con sentenza del 13 giugno 2005, rigettava la domanda del Condominio (OMISSIS) perche’ infondata e comunque non provata, mentre accoglieva la domanda riconvenzionale, condannando il Condominio a rimborsare la somma anticipata.

Il Condominio (OMISSIS) proponeva appello e si costituiva in sede di gravame (OMISSIS). Dopo aver disposto la rinnovazione delle indagini peritali, con sentenza del 13 maggio 2011 la Corte d’Appello di Catanzaro riformava la decisione di primo grado limitatamente al disposto accoglimento della riconvenzionale, ritenendo sprovvisto di prova l’allegato anticipo da parte delle (OMISSIS) della somma occorsa per i lavori, mentre, sulla base degli accertamenti tecnici esperiti, ribadiva che la sopraelevazione denunciata non ledesse l’aspetto architettonico ne’ la statica dell’edificio, neppure quanto ai pericoli sismici.

Il Condominio (OMISSIS) ha proposto ricorso articolato in tre motivi, cui resiste con controricorso (OMISSIS).

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo del ricorso del Condominio (OMISSIS) di Corigliano deduce violazione e falsa applicazione degli articoli 1127 e 2697 c.c., L. n. 1684 del 1962, articolo 9 e L. n. 64 del 1974, articolo 14, nonche’ motivazione illogica e insufficiente, ex articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Il motivo di ricorso dapprima trascrive integralmente oltre cinque pagine dell’atto di appello, quindi contesta alla Corte di Catanzaro di aver confuso “la stabilita’ statica con quella diversa in presenza di forze sismiche”. Al riguardo, i giudici di appello avevano ricordato come il CTU escludesse che i maggiori carichi realizzati dalla condomina (OMISSIS) potessero comportare un pericolo di instabilita’ sismica per l’edificio condominiale, pur avendo lo stesso ausiliare evidenziato che il fabbricato (OMISSIS), al pari di quello contiguo, non fosse in linea con la normativa antisismica, cio’ indipendentemente dalla sopraelevazione. Assume il Condominio ricorrente che, trattandosi di edificio, costruito nel (OMISSIS), mai reso conforme alle prescrizioni tecniche dettate dalla legislazione antisismica, doveva per forza ritenersi insussistente la possibilita’ di eseguire la sopraelevazione.

1.1. Il primo motivo del ricorso del Condominio (OMISSIS) e’ fondato per quanto di ragione.

La censura e’ irritualmente formulata nella parte in cui ritrascrive l’atto d’appello, per concludere (pagina 9 di ricorso) che “i rilievi mossi alla decisione di 1 grado posso(no), mutatis mutandis, essere mossi anche a quella oggi impugnata”. E’ vero, piuttosto, che il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilita’, ai sensi dell’articolo 366 c.p.c., n. 4, l’esposizione dei motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza impugnata, aventi i requisiti della specificita’, completezza e riferibilita’ alla decisione impugnata, il che comporta l’esatta individuazione del capo di pronunzia gravata e l’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero le carenze della motivazione, essendo fatto divieto di rinvio ad atti difensivi o a risultanze dei gradi di merito ed essendo estranea al giudizio di cassazione qualsiasi doglianza che riguardi la sentenza di prime cure quando sia impugnata quella d’appello (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 15952 del 17/07/2007; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 13259 del 06/06/2006; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 13259 del 06/06/2006; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 10420 del 18/05/2005). Trattandosi, in particolare, di denuncia del vizio della sentenza previsto dall’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, esso deve essere dedotto mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza o dalla dottrina. Tali requisiti non possono ritenersi integrati qualora il ricorso per cassazione sia basato sulla mera trasposizione dei motivi di appello, in quanto tale modalita’ di formulazione del motivo rende impossibile l’individuazione della critica mossa ad una parte ben identificabile del giudizio espresso nella sentenza di secondo grado impugnata.

Per contro, il primo motivo e’ fondato nella restante parte, dove, dopo aver dedotto in rubrica il vizio di violazione e falsa applicazione di legge, di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente Condominio comunque si sofferma sull’applicazione delle stesse citate norme ritenute regolatrici del caso concreto, ed essenzialmente censura l’erronea ricognizione da parte della Corte del merito della fattispecie concreta attraverso le risultanze di causa emergenti dall’espletata CTU.

E’ noto come l’articolo 1127 c.c., sottopone il diritto di sopraelevazione del proprietario dell’ultimo piano dell’edificio ai limiti dettati dalle condizioni statiche dell’edificio che non la consentono, ovvero dall’aspetto architettonico dell’edificio stesso, oppure dalla conseguente notevole diminuzione di arie e luce per i piani sottostanti. Il limite segnato dalle condizioni statiche si intende da questa Corte, in particolare, come espressivo di un divieto assoluto, cui e’ possibile ovviare soltanto se, con il consenso unanime dei condomini, il proprietario sia autorizzato all’esecuzione delle opere di rafforzamento e di consolidamento necessarie a rendere idoneo il fabbricato a sopportare il peso della nuova costruzione. Ne consegue che le condizioni statiche dell’edificio rappresentano un limite all’esistenza stessa del diritto di sopraelevazione, e non gia’ l’oggetto di verificazione e di consolidamento per il futuro esercizio dello stesso, limite che si sostanzia nel potenziale pericolo per la stabilita’ del fabbricato derivante dalla sopraelevazione, il cui accertamento costituisce apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimita’ se congruamente motivato (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 21491 del 30/11/2012).

E’ comunque consolidato l’orientamento di questa Corte secondo il quale il divieto di sopraelevazione per inidoneita’ delle condizioni statiche dell’edificio, previsto dall’articolo 1127 c.c., comma 2, debba interpretarsi non nel senso che la sopraelevazione sia vietata soltanto se le strutture dell’edificio non consentano di sopportarne il peso, ma nel senso che il divieto sussiste anche nel caso in cui le strutture siano tali che, una volta elevata la nuova fabbrica, non permettano di sopportare l’urto di forze in movimento quali le sollecitazioni di origine sismica. Pertanto, qualora le leggi antisismiche prescrivano particolari cautele tecniche da adottarsi, in ragione delle caratteristiche del territorio, nella sopraelevazione degli edifici, esse sono da considerarsi integrative dell’articolo 1127 c.c., comma 2 e la loro inosservanza determina una presunzione di pericolosita’ della sopraelevazione, che puo’ essere vinta esclusivamente mediante la prova, incombente sull’autore della nuova fabbrica, che non solo la sopraelevazione, ma anche la struttura sottostante sia idonea a fronteggiare il rischio sismico, senza che abbia rilievo dirimente, ai fini della valutazione della legittimita’ delle opere sotto il profilo del pregiudizio statico, il conseguimento della concessione edilizia relativa ai corpi di fabbrica elevati sul terrazzo dell’edificio (v. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10082 del 26/04/2013; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3196 del 11/02/2008).

Nel caso di specie, la Corte di Catanzaro ha richiamato le conclusioni dell’indagine peritale rinnovata in sede di gravame, avendo il CTU specificato che l’ampliamento in sopraelevazione realizzato dalla condomina (OMISSIS), mediante chiusura del terrazzo prospiciente l’appartamento del settimo piano e incremento dei carichi del 40%, comunque non pregiudicava la stabilita’ sismica dell’edificio condominiale, “non mancando di sottolineare che il fabbricato (OMISSIS) – al pari di quello contiguo – non risultava a norma rispetto alla normativa attuale indipendentemente dalla sopraelevazione”. La sentenza d’appello, poggiando su tali premesse argomentative, contravviene il ricordato orientamento di questa Corte, secondo il quale, come visto, la domanda di demolizione puo’ essere paralizzata unicamente dalla prova che non solo la sopraelevazione, ma anche la struttura sottostante sia adeguata a fronteggiare il rischio sismico; di tal che, se detta prova non e’ acquisita, il diritto di sopraelevare non puo’ sorgere. Condizione di liceita’ della sopraelevazione eseguita dalla (OMISSIS), e’, dunque, la verifica che il fabbricato (OMISSIS) sia stato reso conforme alle prescrizioni tecniche dettate dalla legislazione speciale (articolo 14, L. n. 64 del 1974), dovendosi acquisire elementi sufficienti a dimostrare scientificamente la sicurezza antisismica della sopraelevazione e dell’edificio sottostante. Soltanto la presentazione di una progettazione antisismica dell’opera eseguita e dell’intero edificio, conseguente ad una verifica della struttura complessiva e delle fondazioni del fabbricato, permette di ottemperare alla presunzione di pericolosita’ derivante dall’inosservanza delle prescrizioni tecniche dettate dalla normativa speciale. La considerazione del CTU, secondo cui “dopo quasi venti anni non sono mai stati rilevati segnali di cedimento o instabilita’ locale” non serve, evidentemente a tranquillizzare circa l’idoneita’ dell’edificio a resistere alle sollecitazioni di un eventuale evento tellurico

2. Il secondo motivo di ricorso deduce la violazione dell’articolo 1127 c.c., comma 3, in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e n. 5. Si censura la parte della sentenza che ha escluso il pregiudizio al decoro architettonico derivante dalla sopraelevazione, sul rilievo, tratto dalla CTU, che a seguito delle opere di manutenzione straordinaria delle facciate, le differenti caratteristiche della nuova costruzione fossero divenute trascurabili, essendo, per di piu’, il fabbricato circondato da altri palazzi di cinque o sei piani che ne diminuiscono la percezione a distanza.

2.1. Tale secondo motivo e’ infondato. L’aspetto architettonico, cui si riferisce l’articolo 1127 c.c., comma 3, quale limite alle sopraelevazioni, sottende una nozione diversa da quella piu’ restrittiva di decoro architettonico, contemplata dall’articolo 1120 c.c., comma 4, articolo 1122 c.c., comma 1 e articolo 1122-bis c.c., dovendo l’intervento edificatorio in sopraelevazione comunque rispettare lo stile del fabbricato e non rappresentare una rilevante disarmonia in rapporto al preesistente complesso, tale da pregiudicarne l’originaria fisionomia ed alterare le linee impresse dal progettista, in modo percepibile da qualunque osservatore. Il giudizio relativo all’impatto della sopraelevazione sull’aspetto architettonico dell’edificio va condotto, in ogni modo, esclusivamente in base alle caratteristiche stilistiche visivamente percepibili dell’immobile condominiale, e verificando l’esistenza di un danno economico valutabile, mediante indagine di fatto demandata al giudice del merito, il cui apprezzamento sfugge al sindacato di legittimita’, se, come nel caso in esame, congruamente motivato (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10048 del 24/04/2013; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2865 del 07/02/2008; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1025 del 22/01/2004).

3. Il terzo motivo di ricorso censura l’errata applicazione dell’articolo 1127 c.c., comma 4, in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e n. 5. La Corte d’Appello, alla luce delle conclusioni prospettate dal Condominio (OMISSIS), che chiedeva di accertare l’illegittimita’ dell’opera, di ordinarne la riduzione in pristino e di condannare la convenuta al “risarcimento dei danni prodotti al condominio”, ha ritenuto mai proposta la domanda di pagamento dell’indennita’ prevista dall’articolo 1127 c.c., u.c., condividendo la pronuncia sul punto gia’ resa dal Tribunale di Rossano. Il ricorrente sostiene che la richiesta di risarcimento del danno e’ sicuramente idonea al fine di ottenere l’indennita’ ex articolo 1127 c.c., comma 4.

3.1. Anche questo terzo motivo e’ infondato.

L’interpretazione della domanda effettivamente proposta dall’attore, e percio’ ricompresa tra quelle da decidere, attiene al momento logico relativo all’accertamento in concreto della volonta’ della parte che spetta al giudice del merito, e l’eventuale errore che si attribuisca al medesimo giudice nell’interpretazione dell’atto processuale da’ luogo ad un vizio sindacabile in sede di legittimita’ unicamente sotto il profilo del vizio di motivazione.

La soluzione raggiunta dalla Corte di Catanzaro e’ comunque corretta.

Deve, invero, osservarsi che l’indennita’ di sopraelevazione prevista dall’articolo 1127 c.c., comma 4, trae fondamento dalla considerazione che, per effetto della sopraelevazione, il proprietario dell’ultimo piano aumenta, a scapito degli altri condomini, il proprio diritto sulle parti comuni dell’edificio ed intende, percio’, compensare in parte i condomini, assumendo a parametro il valore del suolo occupato. L’indennita’ ex articolo 1127 c.c., comma 4, configura, pertanto, un debito per responsabilita’ da atto lecito, e non per fatto illecito, ex articolo 2043 c.c. (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12292 del 21/08/2003; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6643 del 22/05/2000). L’azione promossa dai condomini per ottenere il risarcimento dei danni contro il proprietario dello ultimo piano che abbia eseguito una sopraelevazione, per la compromissione della statica dell’edificio e del suo aspetto architettonico, o per la diminuzione di aria e luce ai piani sottostanti, deduce, pertanto, un credito risarcitorio autonomo e distinto rispetto a quello inerente all’indennita’ prevista dell’articolo 1127 c.c., comma 4, la quale suppone l’accertata insussistenza dei presupposti del risarcimento; ne consegue che la domanda promossa per far valere il primo credito non puo’ comportare implicito esercizio del secondo (arg. da Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1694 del 03/05/1975).

Non si trascuri, da ultimo, che la legittimazione ad esercitare il diritto all’indennita’ di sopraelevazione ex articolo 1127 c.c., comma 4, spetta ai singoli condomini (che rivestivamo tale qualifica al tempo della sopraelevazione: Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1263 del 15/02/1999) e non all’ente condominiale unitariamente inteso.

4. Conseguono l’accoglimento del primo motivo di ricorso, il rigetto del secondo e del terzo motivo e la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Catanzaro, la quale procedera’ a riesaminare la causa uniformandosi ai rilievi svolti ed ai principi affermati nello statuire l’accoglimento del primo motivo. Al giudice di rinvio viene rimessa anche la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo ed il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Catanzaro

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