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Corte di Cassazione

Sezione 6 penale

Sentenza 17 gennaio 2014, n. 1826

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LANZA Luigi – Presidente
Dott. LEO Guglielmo – Consigliere
Dott. FIDELBO Giorgio – rel. Consigliere
Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere
Dott. DE AMICIS Gaetano – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 18 novembre 2011 emessa dalla Corte d’appello di Bologna;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del consigliere dott. Giorgio Fidelbo;
udite le richieste del sostituto procuratore generale, Giuseppe Volpe, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’avvocato (OMISSIS), che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la decisione in epigrafe la Corte d’appello di Bologna ha confermato la sentenza del 14 ottobre 2008, emessa a seguito di giudizio abbreviato, condizionato all’assunzione della testimonianza della persona offesa, con cui il G.u.p. del Tribunale di Forli’ aveva condannato (OMISSIS) ad un anno di reclusione, con pena sospesa e non menzione, in ordine al reato di cui all’articolo 572 c.p., per avere maltrattato il coniuge, (OMISSIS).
2. L’avvocato (OMISSIS), nell’interesse dell’imputato, ha proposto ricorso per cassazione deducendo due articolati motivi di seguito riassunti.
Con il primo deduce la nullita’ della sentenza di appello per violazione degli articoli 178 ss., 420 ss. e 97 c.p.p. nonche’ dell’articolo 111 Cost. e articolo 6 CEDU, per avere i giudici di secondo grado tenuto l’udienza del 18 novembre 2011, nonostante il difensore di fiducia dell’imputato avesse fatto pervenire, tempestivamente, alla cancelleria della Corte d’appello la dichiarazione di astensione dalle udienze; in particolare, censura il provvedimento con cui i giudici hanno rigettato l’istanza di rinvio dell’udienza escludendo che l’istituto dell’impedimento a comparire possa trovare applicazione nel giudizio camerale di appello, anche in presenza di una dichiarazione di astensione del difensore che aderisca ad una protesta di categoria.
Con il secondo motivo denuncia il vizio di motivazione, anche sotto il profilo del travisamento delle prove a discarico; in sostanza, lamenta che i giudici di merito non abbiano valutato le dichiarazioni rese dalla persona offesa che ha escluso la natura abituale delle condotte violente poste in essere dall’imputato: la (OMISSIS) avrebbe negato l’esistenza di un clima di continue vessazioni, precisando che si sarebbe trattato di episodi saltuari, dovuti ad un momento di crisi del rapporto coniugale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il primo motivo e’ fondato, nei limiti di seguito indicati, e assorbe il secondo.
3.1. La Corte d’appello di Bologna, con ordinanza emessa all’udienza del 18 novembre 2011, ha respinto l’istanza difensiva di rinvio motivata con riferimento alla dichiarata adesione dell’avvocato di fiducia all’astensione dalle attivita’ giudiziarie proclamata dall’Unione delle Camere Penali italiane, sul presupposto che l’istituto dell’impedimento a comparire del difensore non e’ applicabile nel giudizio abbreviato d’appello.
In questo senso sembra orientata la giurisprudenza, anche quella di legittimita’, puntualmente citata nella sentenza impugnata.
Ancor prima della riforma di cui alla Legge n. 479 del 1999, le Sezioni unite di questa Corte, proprio in relazione al giudizio abbreviato in grado di appello, hanno ritenuto che il disposto dell’articolo 486 c.p.p., comma 5, a norma del quale il giudice provvede alla sospensione o al rinvio del dibattimento in caso di legittimo impedimento del difensore, non si applica ai procedimenti in camera di consiglio che si svolgono nelle forme previste dall’articolo 127 c.p.p. (Sez. un., 8 aprile 1998, n. 7551, Cerroni).
Successivamente, la Corte di cassazione ha sempre confermato tale indirizzo ed ha costantemente escluso il rilievo dell’impedimento a comparire del difensore, in presenza della dichiarazione di adesione all’astensione dalle udienze, regolarmente proclamata dagli organismi di categoria, in tutti i casi di partecipazione facoltativa del difensore. Lo ha fatto con riferimento all’articolo 127 c.p.p., richiamato dall’articolo 409 c.p.p., comma 2 nel procedimento di archiviazione, sostenendo che, una volta notificato l’avviso, deve ritenersi assicurato il contraddittorio sicche’ del tutto irrilevante diventa l’assenza del difensore causata da legittimo impedimento – anche se derivante da adesione allo sciopero -, essendo questo previsto quale causa di rinvio per il solo dibattimento (Sez. 6, 19 febbraio 2009, n. 14396, Leoni); lo ha sempre ribadito in relazione all’udienza prevista dall’articolo 599 c.p.p., in particolare per il giudizio di appello a seguito di abbreviato (Sez. 6, 23 settembre 2004, n. 40542, Di Gregorio; Sez. 5, 6 aprile 2006, n. 16555, Verbi; Sez. 6, 24 maggio 2006, n. 23778, Guarino; Sez. 6, 20 febbraio 2007, n. 34462, De Martino; Sez. 4, 14 luglio 2008, n. 33392, Menoni; Sez. 5, 16 luglio 2010, n. 36623, Borra), mettendo in rilievo come l’articolo 420-ter c.p.p., che nell’udienza preliminare disciplina l’impedimento a comparire sia per l’imputato sia per il difensore, trova applicazione nel giudizio abbreviato di primo grado tramite il richiamo contenuto nell’articolo 441 c.p.p., comma 1, ma non anche nel giudizio camerale di appello, previsto dal combinato disposto dell’articolo 443 c.p.p., comma 4 e articolo 599 c.p.p., disposizioni che non sono state modificate ne’ dalla riforma sul giudizio abbreviato (Legge n. 479 del 1999) ne’ dagli interventi attuativi dei principi del giusto processo (Legge n. 63 del 2001). Conseguentemente, si e’ ritenuto che l’udienza camerale di appello, a seguito di giudizio abbreviato, continui ad essere assoggettata alla regola secondo cui il giudice puo’ disporre il rinvio solo in presenza di un legittimo impedimento dell’imputato che abbia chiesto di essere sentito personalmente ovvero che abbia manifestato la volonta’ di comparire. Nessun rilievo viene riconosciuto all’impedimento a comparire del difensore.
Si tratta di una ricostruzione che giustifica tale trattamento differenziato tra imputato e difensore, individuando la ratio della disposizione contenuta nell’articolo 599 c.p.p. nell’esigenza di assicurare una maggiore speditezza del giudizio abbreviato d’appello in camera di consiglio, in attuazione dei canoni di economia processuale e dell’unita’ del processo nelle sue varie fasi.
Tuttavia, una tale prospettiva, che appare gia’ opinabile dal punto di vista della ragionevolezza della scelta legislativa, appare sicuramente ingiustificata quando la si applica all’astensione dell’avvocato.
3.2. L’astensione dall’attivita’ giudiziaria degli avvocati e dei procuratori legali non puo’ essere considerata semplicemente un legittimo impedimento partecipativo: e’ la Corte costituzionale a sostenere che, sebbene l’astensione dall’attivita’ defensionale non possa configurarsi come diritto di sciopero ricompreso sotto la specifica protezione dell’articolo 40 Cost., tuttavia si tratta di un diritto di liberta’, in quanto manifestazione incisiva della dinamica associativa volta alla tutela di una forma di lavoro autonomo, che va ricondotta nell’ambito dei “diritti di liberta’ dei singoli e dei gruppi che ispira l’intera prima parte della Costituzione” e che appartiene all’ambito del diritto di associazione (Corte cost., sent. n. 171 del 1996).
Una volta che si ammette che con il riconoscimento di questa forma di “protesta di categoria” si garantisce la liberta’ di ogni formazione sociale, nella tutela concorrente di altri valori di rango costituzionale, risulta riduttivo equipararla ad una qualsiasi ipotesi di impedimento a comparire, nel senso che con la dichiarazione di astensione dalle udienze il difensore esercita un diritto, che il giudice deve riconoscere, purche’ il suo esercizio avvenga nel rispetto della legge.
3.3. D’altra parte, la stessa giurisprudenza di legittimita’, seppure in relazione ad altri profili, ha ormai riconosciuto che l’astensione del difensore dalle udienze non puo’ essere equiparata ad una qualsiasi forma di impedimento.
Infatti, l’interpretazione consolidata secondo cui, nell’ipotesi di astensione da parte dell’avvocato, non trova applicazione il limite massimo di sessanta giorni di sospensione del corso della prescrizione, in quanto il termine resta sospeso per l’intero periodo di differimento (articolo 159 c.p., come modificato dalla Legge n. 251 del 2005), trova la sua premessa nel riconoscimento che la richiesta del difensore di rinvio dell’udienza, sebbene sia tutelata dall’ordinamento, non costituisce impedimento in senso tecnico” (tra le tante, Sez. 4, 29 gennaio 2013, n. 10621, M.; Sez. 5, 8 febbraio 2010, n. 18071, Piacentino; Sez. 1, 4 febbraio 2009, n. 5956, Tortorella; Sez. 1, 17 giugno 2008, n. 25714, Arena; Sez. 3, 17 ottobre 2007, n. 4071, Regine; Sez. 5, 14 novembre 2007, n. 44924, Marras).
Invero, deve riconoscersi come definitivamente superato l’orientamento interpretativo, formatosi soprattutto negli anni precedenti la riforma di cui alla Legge n. 479 del 1999, che tendeva a ricondurre l’astensione nell’ambito del generale istituto del legittimo impedimento. Le decisioni sopra riportate, come anche altre intervenute sulla disciplina in tema di durata dell’effetto sospensivo del termine di prescrizione determinato dal differimento dell’udienza per l’astensione del difensore, affermano la sussistenza di un vero e proprio “diritto al rinvio” quale diretta conseguenza dell’esercizio del diritto costituzionale di liberta’ di associazione del difensore: si e’ cosi’ sostenuto che la richiesta di rinvio dell’udienza per aderire ad una astensione collettiva “deve essere considerata una richiesta tutelata dall’ordinamento col diritto ad ottenere un differimento, ma non costituisce un impedimento in senso tecnico, visto che non discende da una assoluta impossibilita’ a partecipare all’attivita’ difensiva”, chiarendo che la richiesta di differimento dell’udienza per aderire ad una astensione collettiva si inquadra nella seconda ipotesi prevista dall’articolo 159 c.p., n. 3 (Sez. 2, 29 ottobre 2008, n. 44391, Palumbo; nello stesso senso, Sez. 2, 12 febbraio 2008, n. 20574, Rosano; Sez. 1, 17 giugno 2008, n. 25714, Arena; Sez. 5, 23 aprile 2008, n. 33335, Inserra; Sez. 6, 10 giugno 2009, n. 27842, Nori; Sez. 6, 13 maggio 2010, n. 26079, G.G.).
Si tratta di una giurisprudenza che negando la riconducibilita’ dell’astensione al concetto di legittimo impedimento, seppure per affermare che rientri nell’ipotesi disciplinata dall’articolo 159 c.p. come semplice richiesta di rinvio a cui non si applica il limite massimo di sessanta giorni di sospensione, sconfessa l’orientamento interpretativo, sopra riportato, che esclude rilevanza all’astensione del difensore nell’udienza camerale sul presupposto che il legittimo impedimento non puo’ operare a favore del difensore.
E’ evidente la discrasia interpretativa verificatasi: da un lato, vista dalla prospettiva del termine di sospensione della prescrizione, l’astensione viene configurata come un “diritto al rinvio”, escludendo espressamente che rientri nell’ambito di un’ipotesi di legittimo impedimento; dall’altro lato, l’irrilevanza dell’astensione nei procedimenti camerali a partecipazione eventuale ex articolo 127 c.p.p., compresi quelli di cui all’articolo 599 c.p.p., viene giustificata proprio con riferimento alla mancata previsione del legittimo impedimento del difensore.
Invero, se l’astensione dalle udienze non puo’ essere ricondotta all’interno dell’istituto del legittimo impedimento, deve conseguentemente escludersi che la mancata previsione di una ipotesi di legittimo impedimento del difensore possa giustificare la tesi della irrilevanza della manifestazione del diritto di astensione.
Tenuto conto del percorso che, con la sentenza n. 171 del 1996 della Corte costituzionale e poi con la Legge n. 83 del 2000, ha portato al riconoscimento dell’astensione come manifestazione di un diritto di liberta’ derivante direttamente dall’articolo 18 Cost., appare corretta l’impostazione che tende a differenziare nettamente l’esercizio di tale diritto dall’istituto del legittimo impedimento, da qualsiasi visuale lo si voglia inquadrare.
Il concetto di impedimento legittimo indica una situazione in cui non vi e’ alcuna scelta, ma un’oggettiva impossibilita’ del difensore di partecipare all’udienza; del tutto differente e’ il caso dell’astensione dell’avvocato dall’udienza, in quanto si tratta dell’esercizio di un diritto di liberta’, che e’ situazione del tutto diversa dal rinvio determinato da un impedimento. Se questo diritto di liberta’ viene esercitato nel rispetto e nei limiti indicati dalla legge esso costituisce una causa di rinvio del procedimento: in altri termini, la ragione del rinvio trova la sua giustificazione nell’esercizio stesso di un diritto di liberta’.
3.4. Nel momento in cui l’astensione dalle udienze non viene piu’ ricondotta all’istituto del legittimo impedimento risulta superato anche il problema, segnalato in alcune decisioni, secondo cui per dare rilievo all’astensione sarebbe comunque necessario sollevare una questione di legittimita’ costituzionale delle disposizioni che negano la cittadinanza al legittimo impedimento del difensore nei procedimenti camerali, come quelli disciplinati dagli articoli 127 e 599 c.p.p.: peraltro, fino ad ora la giurisprudenza ha sempre affermato la piena razionalita’ della differenza di disciplina relativa ai procedimenti camerali in questione, con particolare riferimento all’abbreviato d’appello, differenza giustificata dalla peculiarita’ del giudizio (Sez. 5, 6 aprile 2006, n. 16555, Verbi; Sez. 4, 14 luglio 2008, n. 33392, Menoni).
Inoltre, nell’ambito dell’orientamento che esclude che l’astensione possa identificarsi con un’ipotesi di legittimo impedimento, si e’ messo in rilievo l’irrazionalita’ di un sistema che riconosca all’astensione del difensore il diritto al rinvio dell’udienza nell’ambito di un procedimento camerale – il riferimento e’ sempre al giudizio ex articolo 443 c.p.p. – in cui il legittimo impedimento del difensore, cioe’ una situazione di impossibilita’ oggettiva a partecipare, non riceve alcuna tutela (in questo senso, Sez. 6, 10 giugno 2009, n. 27842, Nori). L’obiezione prova troppo e non tiene conto che si tratta di due situazioni profondamente diversificate, che in quanto tali giustificano pienamente una diversita’ di trattamento: il legittimo impedimento e’ direttamente funzionale al diritto di difesa il cui esercizio puo’ essere diversamente modulato in considerazione del rito a cui si riferisce, purche’ sia in funzione dello scopo del giudizio; l’astensione del difensore e’, invece, funzionale all’esercizio di un diritto di liberta’ costituzionalmente rilevante e collegato, come si e’ visto, al diritto di associazione di cui all’articolo 18 Cost..
E’ vero che si tratta di un diritto di liberta’ che non ha la medesima valenza del diritto di sciopero di cui all’articolo 40 Cost., tanto da dover essere bilanciato con i diritti fondamentali degli altri soggetti interessati dalla funzione giudiziaria nonche’ con i principi costituzionali del buon andamento dell’amministrazione della giustizia, ma un tale bilanciamento risulta oggi effettuato a monte dal legislatore.
Proprio per soddisfare le esigenze di bilanciamento tra gli spazi di liberta’, di cui puo’ essere espressione l’astensione collettiva dalle udienze, e il buon andamento dell’amministrazione della giustizia, spinto dalla Corte costituzionale, il legislatore e’ intervenuto con la Legge n. 83 del 2000 a regolamentare la materia fino ad allora disciplinata dalla Legge n. 146 del 1990 sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi essenziali, imponendo non solo l’obbligo d’un congruo preavviso e di un ragionevole limite temporale dell’astensione, ma prevedendo anche l’adozione di codici di autoregolamentazione, previa verifica di idoneita’ da parte della apposita Commissione di garanzia. In questo modo l’astensione degli avvocati dalle udienze ha ormai acquisito una piena legittimazione nel nostro ordinamento giuridico quale diritto di liberta’, il cui esercizio resta subordinato ad una serie di regole e limiti, che sono stabiliti dalla legge, integrata dai codici di autoregolamentazione che siano valutati conformi alla legge stessa. Una volta che tali regole risultano osservate, il giudice non puo’ che accogliere la richiesta di differimento dell’udienza formulata dal difensore che dichiari di aderire all’astensione collettiva, a condizione che sia stata proclamata a norma di legge.
D’altra parte nell’ordinamento sono presenti altri istituti che risultano in grado di assicurare tutela ai principi e ai diritti che possono essere messi in crisi dagli effetti dell’astensione e dal conseguente diritto al rinvio: si e’ gia’ visto come il rinvio dell’udienza determini la sospensione della prescrizione per l’intero periodo necessario allo svolgimento degli adempimenti tecnici imprescindibili per garantire il recupero dell’ordinario svolgimento del processo; inoltre, a seguito del rinvio dell’udienza per adesione all’astensione si esclude il diritto del difensore ad avere la notifica del provvedimento di differimento; l’adesione del difensore all’astensione rende operante anche la causa di sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare; lo stesso codice di autoregolamentazione esclude che il diritto all’astensione possa essere esercitato in riferimento ai processi concernenti reati la cui prescrizione maturi durante il periodo di astensione. Ne deriva un sistema in cui i diritti fondamentali dei soggetti destinatari della funzione giudiziaria, espressione dei principi e dei valori costituzionali del buon andamento dell’amministrazione giudiziaria, risultano fortemente tutelati nella comparazione con la liberta’ di astensione.
Il diritto al rinvio dell’udienza per astensione del difensore trova la sua regolamentazione nella legge sullo sciopero nei servizi essenziali come modificata dalla Legge n. 83 del 2000 e nelle fonti regolatrici di natura sub­legislativa cui si e’ fatto riferimento, sicche’ a questa complessa disciplina occorre fare riferimento per verificare la correttezza delle modalita’ di esercizio del diritto dell’avvocato, disciplina che garantisce tale diritto di liberta’.
3.5. Recentemente, le Sezioni unite di questa Corte hanno attribuito valore di normativa secondaria al codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati, adottato dagli organismi di categoria il 4 aprile 2007 e valutato idoneo dalla Commissione di garanzia con Delib. 13 dicembre 2007, in attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali (Sez. un., ord. 30 maggio 2013, n. 26711, Ucciero; in senso analogo v., Sez. 6, 12 luglio 2013, n. 39248, Cartia). Nel caso preso in esame le Sezioni unite hanno stabilito che nei procedimenti relativi a misure cautelari personali non e’ consentita l’astensione dalle udienze da parte del difensore che aderisca ad una protesta di categoria, facendo leva proprio sul codice di autoregolamentazione, che all’articolo 4 esclude che l’astensione possa riguardare le udienze penali “afferenti misure cautelari” (sulla stessa linea si colloca Sez. 6, 12 luglio 2013, n. 39871, Notarianni, che ha escluso la possibilita’ di astensione del difensore nei procedimenti aventi ad oggetto misure cautelari reali, anche in questo caso facendo applicazione delle disposizioni contenute nel codice di autoregolamentazione).
Ne consegue che oggi il giudice, nella valutazione del corretto esercizio dell’astensione, deve necessariamente prendere anche in considerazione le disposizioni contenute in tale codice. L’articolo 3 disciplina gli effetti dell’astensione, individuando le modalita’ attraverso cui deve essere esercitata: l’astensione deve essere dichiarata all’inizio dell’udienza (o dell’atto di indagine) dal difensore personalmente o tramite un sostituto oppure puo’ essere comunicata con atto scritto trasmesso o depositato nella cancelleria del giudice (oltreche’ agli altri avvocati) almeno due giorni prima della data stabilita. Solo in presenza di tali modalita’ all’astensione, regolarmente proclamata, potra’ conseguire il diritto al rinvio dell’udienza (il codice di autoregolamentazione contiene ancora il riferimento al legittimo impedimento del difensore, riferimento da ritenere, per le ragioni sopra esposte, improprio).
Ma cio’ che rileva ai fini della questione in oggetto e’ che lo stesso articolo 3 non opera alcuna distinzione tra udienze a cui il difensore deve partecipare in via obbligatoria ovvero facoltativa: infatti, la disposizione si riferisce “all’udienza o all’atto di indagine preliminare o a qualsiasi altro atto o adempimento per il quale sia prevista la sua presenza, ancorche’ non obbligatoria” (peraltro anche nella regolamentazione provvisoria dell’astensione collettiva degli avvocati, che venne adottata dalla Commissione di garanzia con Delib. 4 luglio 2002, e oggi superata dal citato codice di autoregolamentazione, era contemplato il caso dell’astensione nelle udienze a partecipazione facoltativa, infatti l’articolo 3 comma 4 prevedeva che “per le udienze che possono celebrarsi anche in assenza del difensore, questi, qualora intenda astenersi, deve darne comunicazione all’autorita’ procedente”).
Di conseguenza, il fatto che in alcuni procedimenti non sia prevista come obbligatoria la presenza del difensore non puo’ condizionare l’esercizio del diritto di liberta’, purche’ il difensore comunichi tempestivamente la volonta’ di astensione, manifestando in questo modo anche la sua volonta’ di essere presente all’udienza a partecipazione facoltativa.
3.6. In conclusione, deve ritenersi del tutto inattuale quella giurisprudenza, alla quale si e’ ispirata la stessa sentenza impugnata, che, come si e’ visto, nega ogni rilievo all’astensione dei difensori manifestata nei giudizi d’appello relativi a procedimenti definiti in primo grado con rito abbreviato – ma lo stesso vale per tutti i procedimenti a partecipazione eventuale aventi le medesime caratteristiche, come ad esempio i giudizi di opposizione avverso le richieste di archiviazione (articoli 409 e 410 c.p.p.) – giustificando la prosecuzione del procedimento in assenza del difensore sul duplice presupposto che si tratta di partecipazione non necessaria e che non e’ contemplata una causa di legittimo impedimento. In questo modo, il diritto di astensione subisce un pesante condizionamento trovandosi il difensore a scegliere di rinunciare al proprio diritto costituzionale di liberta’ per non lasciare privo di difesa tecnica il proprio assistito.
Il corretto esercizio del diritto di liberta’ di astensione ha come effetto il differimento delle attivita’ giudiziarie fissate in coincidenza con il periodo della “protesta”, ad eccezione delle attivita’ espressamente escluse dalla legge e dal codice di autoregolamentazione ovvero di quelle indicate dalla Commissione di garanzia in funzione di salvaguardia delle esigenze di contemperamento dei diritti in gioco.
4. Nella specie, risulta dagli atti, e non e’ oggetto di contestazione, che il difensore di fiducia dell’imputato, con istanza fatta pervenire tempestivamente, ha chiesto il rinvio dell’udienza dichiarando di aderire all’astensione dalle attivita’ giudiziarie proclamata dall’Unione delle Camere Penali italiane, istanza che la Corte d’appello ha respinto per le ragioni sopra riportate, proseguendo l’udienza senza la presenza del difensore e dello stesso imputato, pronunciando alla fine sentenza di conferma della condanna dell’imputato.
In questo caso, nonostante il difensore abbia correttamente esercitato la liberta’ di astensione, attuata in ottemperanza di tutte le prescrizioni formali e sostanziali indicate dalle pluralita’ delle fonti regolatrici, il giudice non ha riconosciuto il diritto al rinvio, determinando la nullita’ della sentenza ai sensi dell’articolo 178 c.p.p., lettera c) e articolo 180 c.p.p.. In questo caso la nullita’ ha riguardato la mancata assistenza dell’imputato, nullita’ da considerare a regime intermedio e non assoluta ex articolo 179 c.p.p., comma 1 dal momento che l’assistenza del difensore non era obbligatoria.
Ne consegue l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’appello di Bologna.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’appello di Bologna.

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