Il giudice non può negare il beneficio della non menzione basandosi sulla decisione dell’imputato di avvalersi della facoltà di non rispondere.
Suprema Corte di Cassazione
sezione VI penale
sentenza 16 novembre 2016, n. 48555
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CITTERIO Carlo – Presidente
Dott. COSTANZO Angelo – Consigliere
Dott. FIDELBO Giorgio – Consigliere
Dott. DI SALVO Emanuele – rel. Consigliere
Dott. DE AMICIS Gaetano – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 26/02/2015 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 29/09/2016, la relazione svolta dal Consigliere Dott. EMANUELE DI SALVO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. ANIELLO ROBERTO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. (OMISSIS) ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata, con la quale e’ stata confermata, in punto di responsabilita’, la pronuncia di condanna emessa in primo grado, in ordine al delitto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 5, in relazione alla detenzione di grammi 3,39 di hashish.
2. Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione in merito alla finalita’ di cessione a terzi, in quanto non sono stati rinvenuti strumenti e materiali idonei allo svolgimento di un’attivita’ di spaccio ed e’ stata documentata, attraverso apposita certificazione del SERT, la condizione di tossicodipendenza dell’imputato.
2.1. Occorre comunque annullare la sentenza impugnata e inviare gli atti alla Corte d’appello, ai fini della sospensione del processo con messa alla prova,istituto che, essendo di diritto sostanziale, in quanto comportante l’estinzione del reato, e’ applicabile al caso in esame perche’ favorevole all’imputato.
2.2. Trova comunque applicazione la causa di non punibilita’ della particolare tenuita’ del fatto, in considerazione della natura occasionale dell’evento,della personalita’ dell’imputato, del minimo disvalore della condotta e dell’esiguita’ del pericolo.
2.3. Ingiustificatamente e senza alcuna motivazione, infine, la Corte d’appello ha negato il beneficio della non menzione.
Si chiede pertanto annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso e’ infondato. Costituisce infatti ius receptum,nella giurisprudenza della suprema Corte, il principio secondo il quale, anche alla luce della novella del 2006, il controllo del giudice di legittimita’ sui vizi della motivazione attiene pur sempre alla coerenza strutturale della decisione, di cui saggia l’oggettiva “tenuta”, sotto il profilo logico-argomentativo, e quindi l’accettabilita’ razionale, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (Cass., Sez. 3, n. 37006 del 27 -9-2006, Piras, Rv. 235508; Sez. 6, n. 23528 del 6-6-2006, Bonifazi, Rv. 234155). Ne deriva che il giudice di legittimita’, nel momento del controllo della motivazione, non deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti ne’ deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilita’ di apprezzamento, atteso che l’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), non consente alla Corte di cassazione una diversa interpretazione delle prove. In altri termini, il giudice di legittimita’, che e’ giudice della motivazione e dell’osservanza della legge, non puo’ divenire giudice del contenuto della prova, non competendogli un controllo sul significato concreto di ciascun elemento probatorio. Questo controllo e’ riservato al giudice di merito, essendo consentito alla Corte regolatrice esclusivamente l’apprezzamento della logicita’ della motivazione (cfr., ex plurimis, Cass. Sez. 3, n. 8570 del 14-1-2003, Rv. 223469; Sez. fer., n. 36227 del 3-9-2004, Rinaldi; Sez. 5, n. 32688 del 5-7-2004, Scarcella; Sez. 5, n.22771 del 15-4-2004, Antonelli).
1.1. Nel caso in disamina, l’impianto argomentativo a sostegno del decisum e’ puntuale, coerente, privo di discrasie logiche, del tutto idoneo a rendere intelligibile l’iter logico-giuridico esperito dal giudice e percio’ a superare lo scrutinio di legittimita’, avendo la Corte territoriale preso in esame tutte le deduzioni difensive ed essendo pervenuta alle sue conclusioni attraverso un itinerario logico-giuridico in nessun modo censurabile, sotto il profilo della razionalita’, e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorieta’ o di manifesta illogicita’ e percio’ insindacabili in questa sede Cio’ si desume, in particolare, dalle considerazioni formulate dalla Corte d’appello a p. 4 della sentenza impugnata, segnatamente laddove viene evidenziata la valenza probatoria delle dichiarazioni del teste (OMISSIS), il quale ha riferito che l’imputato gli aveva ceduto uno “spinello”.
2. Privo di fondamento e’ anche il secondo motivo di ricorso. La Corte costituzionale, con sentenza del 7-10-2015 n. 240, ha infatti ritenuto non fondata la questione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 464-bis c.p.p., comma 2, in riferimento agli articoli 3, 24 e 111 Cost., e articolo 117 Cost., comma 1, nella parte in cui, in assenza di una disciplina transitoria, non prevede l’ammissione all’istituto della sospensione del procedimento penale con messa alla prova – introdotto dalla L. n. 67 del 2014 – nei processi in cui la dichiarazione di apertura del dibattimento sia precedente, come nel caso di specie, all’entrata in vigore della nuova norma. Il giudice delle leggi ha infatti chiarito che l’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova, pur avendo effetti sostanziali, perche’ da’ luogo all’estinzione del reato, e’ connotato da un’intrinseca dimensione processuale e pertanto si giustifica la scelta legislativa di uniformare la disciplina del termine per la richiesta, senza distinguere tra processi in corso e processi nuovi. Il legislatore, infatti, gode di ampia discrezionalita’ nello stabilire la disciplina di nuovi istituti processuali, a condizione che cio’ non sia manifestamente irragionevole. La disposizione impugnata, inoltre, attesa la sua prospettiva processuale, si riconnette al principio tempus regit actum,e non al principio di retroattivita’ della lex mitior, il quale, al contrario, riguarda esclusivamente la fattispecie incriminatrice e la pena. Non e’ ravvisabile nemmeno violazione del diritto di difesa e dei principi del giusto processo, poiche’, nei processi in corso al momento dell’entrata in vigore della norma censurata, non puo’ riconoscersi all’imputato la facolta’ di scegliere il nuovo procedimento speciale, del quale, ad avviso della Corte costituzionale, e’ stata legittimamente esclusa l’applicabilita’ da parte del legislatore.
3. Fondato e’ invece l’ultimo motivo di ricorso. Il giudice a quo ha infatti basato il diniego del beneficio della non menzione sull’esercizio, da parte del (OMISSIS), del diritto di avvalersi della facolta’ di non rispondere, in sede di interrogatorio di fronte al Gip. Questa giustificazione e’ del tutto incompatibile con i principi-cardine del sistema processuale penale, in quanto la facolta’ di non rispondere e’ testualmente prevista dall’articolo 64 c.p.p., comma 3, lettera b) e il legittimo esercizio, da parte dell’indagato, di un diritto attribuitogli dalla legge non puo’ mai essere valutato negativamente e posto a fondamento di statuizioni in malam partem. D’altronde il giudice a quo non specifica per quali ragioni, a suo avviso, la richiesta formulata, al riguardo, nell’atto di appello, sarebbe generica. Si impone pertanto, sul punto, una pronuncia di annullamento.
4. La natura rescindente di quest’epilogo decisorio elide la necessita’ di esaminare il terzo motivo di ricorso, inerente all’applicabilita’ del disposto dell’articolo 131-bis c.p., introdotto nel sistema dal Decreto Legislativo 16 marzo 2015, n. 28, articolo 1, comma 2, in epoca successiva all’emanazione della sentenza impugnata, in data 26-2-2015. Quest’ultima problematica, che riveste carattere pregiudiziale rispetto alle determinazioni inerenti alla concessione del beneficio della non menzione, costituira’ infatti oggetto del giudizio di rinvio, nell’ambito del quale il giudice dovra’ valutare se sia o meno ravvisabile, nel caso di specie, la causa di non punibilita’ della particolare tenuita’ del fatto.
5. La sentenza impugnata va dunque annullata limitatamente alla non menzione della condanna, assorbito il motivo sull’applicabilita’ dell’articolo 131-bis c.p., con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Caltanissetta, per nuovo giudizio sul punto. Il ricorso va rigettato nel resto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla non menzione della condanna, assorbito il motivo sull’applicabilita’ dell’articolo 131-bis c.p. e rinvia, per nuovo giudizio, ad altra Sezione della Corte d’appello di Caltanissetta. Rigetta nel resto il ricorso
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