Riconosciuta la protezione internazionale alla donna che ha lasciato il suo Paese (nella specie la Nigeria) per evitare un matrimonio forzato e combinato dai genitori
Suprema Corte di Cassazione
sezione VI civile
ordinanza 12 dicembre 2016, n. 25463
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente
Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere
Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), domiciliata in Roma, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa, per procura speciale allegata al ricorso, dall’avv. (OMISSIS) (fax (OMISSIS), p.e.c. (OMISSIS));
– ricorrente –
nei confronti di:
Ministero dell’Interno;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1142/2015 della Corte di appello di Catanzaro, emessa il 2 settembre 2015 e depositata il 17 settembre 2015, n. R.G. 1356/2014.
FATTO E DIRITTO
Rilevato che in data 22.8.2016 e’ stata depositata relazione ex articolo 380 bis c.p.c. che qui si riporta:
Rilevato che:
1. La Corte d’Appello di Catanzaro, con sentenza n. 1142/2015 ha respinto l’appello proposto da (OMISSIS) avverso l’ordinanza in data 22 ottobre 2014 del Tribunale di Catanzaro con la quale era stato respinto il ricorso della (OMISSIS) contro la decisione della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Crotone.
2. (OMISSIS) che afferma di essere stata costretta a lasciare la Nigeria per essersi rifiutata di subire un matrimonio forzato impostole dal padre e per sfuggire alle conseguenti violenze fisiche e morali subite da lei e da sua madre propone ricorso per cassazione fondato su quattro motivi di impugnazione.
3. Non svolge difese il Ministero dell’Interno.
Ritenuto che:
4. Con il primo motivo di ricorso si deduce error in iudicando – violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 251 del 2007, articolo 2, lettera e), articolo 3, commi 2 – 7 e articolo 8, lettera d), del Decreto Legislativo n. 25 del 2008, articolo 8, comma 3 nonche’ del Decreto Legislativo n. 25 del 2008, articolo 35, Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 19 e articolo 702 bis c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Secondo la ricorrente la Corte di appello, oltre ad aver confuso i presupposti richiesti per il riconoscimento dello status di rifugiato con quelli rilevanti ai fini della concessione della protezione sussidiaria, ha ristretto ingiustificatamente il campo dei motivi di persecuzione rilevanti ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato escludendo cosi’ la rilevanza dei comportamenti persecutori ascrivibili all’appartenenza a un particolare gruppo sociale e nella specie escludendo la rilevanza dei comportamenti persecutori ascrivibili all’identita’ di genere.
5. Con il secondo motivo di ricorso si deduce error in procedendo -violazione dell’articolo 112 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per omessa pronuncia sulla domanda di riconoscimento del diritto alla protezione sussidiaria avanzata ai sensi del Decreto Legislativo n. 251 del 2007, articolo 2, lettera g) e articolo 14, lettera b). Secondo la ricorrente la Corte di appello ha omesso di pronunciarsi sulla domanda di protezione sussidiaria da lei proposta.
6. Con il terzo motivo di ricorso si deduce error in iudicando, – violazione e falsa applicazione degli 8 della direttiva n. 2004/83/CE, del Decreto Legislativo n. 251 del 2007, articolo 2, lettera g), articoli 3 – 6 e articolo 14, lettera c), del Decreto Legislativo n. 25 del 2008, articolo 8, comma 1 nonche’ del Decreto Legislativo n. 25 del 2008, articolo 35, Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 19 e articolo 702 bis c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La ricorrente lamenta la mancata concessione della protezione sussidiaria ai sensi del Decreto Legislativo n. 251 del 2007, articolo 14, lettera c) in relazione alle condizioni di instabilita’ e di violenza generalizzata presente in Nigeria.
7. Con il quarto motivo di ricorso si deduce error in procedendo, violazione dell’articolo 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 c.p.c. per omessa pronuncia sulla domanda di riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria. La ricorrente lamenta la mancata concessione della protezione umanitaria in relazione alle circostanze di cui ai precedenti motivi di ricorso.
8. Il ricorso e’ fondato in quanto la decisione della Corte di appello non ha valutato se la pratica del matrimonio forzato costituisca una realta’ sociale accettata nel paese di provenienza della ricorrente ne’ ha valutato comunque che, in tema di protezione sussidiaria, la costrizione ad un matrimonio non voluto costituisce grave violazione della dignita’ e, dunque, trattamento degradante che integra un danno grave, la cui minaccia, ai fini del riconoscimento di tale misura, puo’ provenire anche da soggetti diversi dallo Stato, allorche’ le autorita’ pubbliche o le organizzazioni che controllano lo Stato o una sua parte consistente non possano o non vogliano fornire protezione adeguata (Cass. Civ. sez. 6-1 n. 25873 del 18 novembre 2103). Ne’ infine ha tenuto in considerazione la giurisprudenza di legittimita’ secondo cui il diritto alla protezione sussidiaria non puo’ essere escluso dalla circostanza che agenti del danno grave per il cittadino straniero siano soggetti privati qualora nel Paese d’origine non vi sia un’autorita’ statale in grado di fornirgli adeguata ed effettiva tutela, con conseguente dovere del giudice di effettuare una verifica officiosa sull’attuale situazione di quel Paese e, quindi, sull’eventuale inutilita’ di una richiesta di protezione alle autorita’ locali (Cass. civ. n. 15192 del 20 luglio 2015).
9. Sussistono pertanto i presupposti per la trattazione della controversia in camera di consiglio e se l’impostazione della presente relazione verra’ condivisa dal Collegio per l’accoglimento del ricorso.
La Corte condivide la relazione sopra riportata e pertanto ritiene che il ricorso debba essere accolto con conseguente cassazione e rinvio alla Corte di appello di Catanzaro che, in diversa composizione, decidera’ anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Catanzaro in diversa composizione anche per le spese del giudizio di cassazione
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