Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 21 febbraio 2018, n. 8421. Non può essere mantenuta la confisca dei beni rispetto ai reati aboliti per effetto del Dlgs 158/2015.

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Il Giudice dell’esecuzione ha ritenuto di revocare la condanna nonche’ l’onere del pagamento delle spese processuali e di sequestro, ma di confermare la confisca del veicolo e delle somme sui conti correnti, sulla base di molteplici argomenti, nessuno dei quali convincente o decisivo.

Ed invero, che la confisca sia diretta o per equivalente non rileva nel caso di specie, perche’ cio’ che conta non e’ l’oggetto o la modalita’ della confisca, bensi’ la sua obbligatorieta’, che ricorre sempre nei reati tributari. Non rileva neanche la natura di misura di sicurezza o sanzione, sebbene la giurisprudenza, nel caso dei reati tributari, ritenga che abbia natura pacificamente sanzionatoria (si veda tra le ultime, Cass., Sez. 3, n. 6047/2016, Zaini, Rv. 268829), perche’ l’articolo 2 c.p., comma 2, stabilisce che se v’e’ stata condanna ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali, l’articolo 210 c.p., comma 1, dispone che l’estinzione del reato impedisce l’applicazione delle misure di sicurezza e ne fa cessare l’esecuzione, mentre l’articolo 673 c.p.p. prevede che, in caso di abrogazione della norma incriminatrice, il giudice dichiara che il fatto non e’ previsto dalla legge come reato ed adotta i provvedimenti conseguenti.

Orbene, non v’e’ dubbio che tra i provvedimenti conseguenti alla revoca della condanna vi sia anche la revoca di tutte le statuizioni accessorie che presuppongono la detta condanna, come nella specie, la confisca dei beni sequestrati.

Infine, non e’ stata fatta corretta applicazione del principio di diritto che si evince dalla sentenza sempre di questa Sezione n. 38857/16, Maffei, Rv. 267696, citata nell’ordinanza impugnata e cosi’ massimata: “La natura eminentemente sanzionatoria della confisca per equivalente impone al giudice dell’esecuzione, qualora sia stata dichiarata l’illegittimita’ costituzionale della norma incriminatrice, di revocare ai sensi dell’articolo 673 c.p.p. la sentenza irrevocabile di condanna anche nella parte relativa alla confisca, salvo che questa non abbia ancora avuto esecuzione, con restituzione dei beni all’avente diritto. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto “per equivalente” la confisca di somme di danaro disposta contestualmente alla sentenza di condanna per il reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10-ter)”.

Ed invero, la massima, nella parte del “salvo che”, ha ad oggetto un obiter rispetto al caso che riguardava l’illegittimita’ costituzionale della norma incriminatrice in cui non v’era stata ancora l’acquisizione dei beni al patrimonio dello Stato. Il tema dell’esaurimento degli effetti, che potrebbe aver un qualche rilievo rispetto alla revoca della condanna a seguito della dichiarazione d’incostituzionalita’ della norma, e’ invece del tutto irrilevante allorquando l’abrogazione dipenda da una norma sopravvenuta: l’esecuzione della confisca non costituisce elemento ostativo, ne’ a livello concettuale, ne’ a livello operativo, potendosi sempre disporre la restituzione dei beni illegittimamente acquisiti, e cioe’ di quanto concretamente realizzato dall’esecuzione, siccome lo Stato non puo’ trattenere i beni senza titolo che e’ venuto meno a seguito della norma abrogatrice.

L’ordinanza impugnata va pertanto annullata. Ai sensi dell’articolo 620 c.p.p., comma 1, lettera l), si dispone la restituzione di quanto confiscato all’avente diritto.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato ed ordina la restituzione all’avente diritto di quanto confiscato.

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