Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 21 febbraio 2018, n. 8409. Le valutazioni compiute dal giudice ai fini dell’adozione di una misura cautelare personale devono essere fondate, secondo le linee direttive della Costituzione

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7. 1. Sul punto, la giurisprudenza di questa Suprema Corte e’ costante, nel ritenere modificato il quadro cautelare sulla base di nuove indagini, precedentemente non valutate: “Il giudice della misura cautelare, nell’emettere una nuova misura per gli stessi fatti che fondavano la misura precedente, deve indicare specificamente i nuovi elementi indizianti, mentre quello del riesame deve motivatamente spiegare perche’ non opera la preclusione costituita dal precedente provvedimento. (Fattispecie riguardante nuova misura custodiate, relativa al reato previsto dall’articolo 416 bis c.p., emessa sulla base di conversazioni tenute in epoca antecedente all’emissione della prima misura ma versate in atti successivamente e giudicate idonee ad irrobustire il quadro indiziario gia’ delineato)” (Sez. 2, n. 6459 del 14/02/2012 – dep. 17/02/2012, D’Agostino, Rv. 25211101; vedi anche Sez. 1, n. 5494 del 23/10/1996 – dep. 16/11/1996, Manago’, Rv. 20595601).

8. Anche i motivi sulla irregolarita’ delle operazioni di intercettazione risultano infondati.

Relativamente al termine delle indagini e all’attivita’ (di intercettazione) successiva al 29 maggio 2014, che per i ricorrenti risulterebbe inutilizzabile perche’ dopo la scadenza dei termini, deve rilevarsi che, alla data del 29 maggio 2014, come adeguatamente motivato dal Tribunale “il delitto di associazione a delinquere non era stato nemmeno ipotizzato a carico degli indagati, tanto e’ vero che dallo stampato prodotto dalla difesa di (OMISSIS) il medesimo risultava accertato in data (OMISSIS) e tutt’ora permanente. Infatti il pp.n. 7850/12 (all’interno di cui era confluita in seguito anche l’indagine per associazione a delinquere) era stato originariamente incardinato per i delitti di cui agli articoli 648 bis c.p. e Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articoli 10 ter e 10 quater, in relazione ai quali nel corso del 2013 erano state autorizzate intercettazioni telefoniche a carico di (OMISSIS)… fatti, pertaltro, oggetto della precedente ordinanza di custodia cautelare emessa a carico di quest’ultimo ed altri in data 24/06/2015. In linea con tali premesse, le prime intercettazioni che venivano autorizzate in relazione al delitto per cui si procede erano quelle telefoniche ed ambientali disposte all’interno dello studio (OMISSIS) – (OMISSIS) con decreto del G.I.P. del 29/01/2015 (quelle, infatti, poste a fondamento dell’ordinanza oggi impugnata). Pertanto, non risultando al collegio iscrizioni precedenti, e’ necessariamente in data prossima al 29 gennaio del 2015 – data del primo decreto di autorizzazione di intercettazioni a carico di (OMISSIS) – che deve presumibilmente collocarsi l’iscrizione per il delitto ex articolo 416 c.p., con conseguente decorrenza dei termini nuovi e diversidi conclusione delle indagini preliminari, rispetto a quelli che avevano interessato i delitti ex articolo 648 bis c.p. e Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articoli 10 ter e 10 quater, (per i quali erano state eseguite le iscrizioni originarie)… di conseguenza, tutto il materiale di indagine confluito nell’informativa finale del 7/06/2016 – compresi i risultati delle intercettazioni telefoniche ed ambientali disposte all’interno dello studio (OMISSIS) – (OMISSIS) -, deve intendersi utilizzabile perche’ acquisito entro il termine massimo di conclusione delle indagini preliminari”.

8. 1. Sulla questione della remotizzazione delle intercettazioni, il Tribunale ha rilevato, in fatto, che le intercettazioni sono state effettuate nel server della Procura e solo l’ascolto e la registrazione in altra sede. I ricorrenti sostengono, invece, che il sistema MCR fosse un sistema “… comprensivo del server, verosimilmente locato presso la Procura, ma altresi’ collegato al server base di (OMISSIS). Per tale motivo non poteva ritenersi il solito sistema utile all’instradamento dal server della Procura dei flussi a fini di ascolto mediante remotizzazione. Considerato infatti che lo stesso sistema MCR per come detto risultava permanentemente collegato nel corso dell’attivita’ al server base di (OMISSIS) al fine di consentire l’intervento in caso di guasto (e percio’ perdita dei dati) del sistema MCR, si eccepiva che tutta l’attivita’ di registrazione fosse stata effettuata illegalmente dalla societa’ stessa in contemporanea presso la sede di (OMISSIS), e percio’ ineluttabilmente prima della registrazione presso la Procura…. nel caso di specie cio’ era viepiu’ ineludibile volta che il sistema digitale di (OMISSIS) s.p.a. utilizzato era tale da non consentire di ritenere che la primaria e unica attivita’ di registrazione delle captazioni fosse stata effettuata presso la Procura della Repubblica, circostanza decisiva per la ritualita’ dell’attivita’ di ascolto”.

Orbene, i ricorrenti non contestano la registrazione presso il server della Procura, ma in via teorica (e solo esplorativa) ritengono illecita una duplicazione (comunque non dimostrata in concreto al giudice di merito) della registrazione sugli impianti della ditta (OMISSIS) s.p.a..

Anche ove fosse avvenuta una duplicazione della registrazione (una presso il server della Procura e un’altra sugli impianti della ditta (OMISSIS) s.p.a.) l’attivita’ di intercettazione non sarebbe illecita, poiche’ quello che rileva e’ la registrazione incontrovertibile presso il server della Procura: “In tema di captazione di flussi comunicativi, la condizione necessaria per l’utilizzabilita’ delle intercettazioni e’ che l’attivita’ di registrazione sia avvenuta nei locali della Procura della Repubblica mediante l’utilizzo di impianti ivi esistenti, mentre l’ascolto puo’ avvenire “in remoto” presso gli uffici della polizia giudiziaria, senza che, in questo caso, sia necessaria l’autorizzazione prevista dall’articolo 268 c.p.p., comma 3, in quanto le intercettazioni non possono essere considerate come eseguite per mezzo di impianti esterni all’ufficio requirente” (Sez. 2, n. 6846 del 21/01/2015 – dep. 17/02/2015, Biondo, Rv. 26343001; vedi anche Sez. U, n. 36359 del 26/06/2008 – dep. 23/09/2008, Carli, Rv. 24039501).

Infatti quello che risulta essenziale e’ la garanzia di accesso alle registrazioni originali nel server della Procura (non messa in discussione con il ricorso): “In tema di intercettazioni telefoniche, la previsione dell’articolo 267 c.p.p. secondo cui “il pubblico ministero procede alle operazioni personalmente ovvero avvalendosi di un ufficiale di polizia giudiziaria”, si riferisce unicamente alle operazioni previste dal precedente articolo 266; ne consegue che la cosiddetta “masterizzazione” dei dati delle conversazioni registrate puo’ legittimamente essere svolta da soggetti diversi dagli ufficiali di polizia giudiziaria, trattandosi di operazione estranea alla nozione di “registrazione”, la cui esecuzione da parte di personale civile non pregiudica le garanzie della difesa, alla quale e’ sempre consentito l’accesso alle registrazioni originali” (Sez. 4, n. 3307 del 01/12/2016 – dep. 23/01/2017, Agnotelli e altri, Rv. 26901201).

8. 2. Relativamente ai decreti di proroga delle intercettazioni, e all’assenza di analisi nel provvedimento impugnato, i ricorsi contestano la motivazione non sufficiente dei decreti di proroga.

“In tema di intercettazioni telefoniche, la motivazione dei decreti di proroga puo’ essere ispirata anche a criteri di minore specificita’ rispetto alle motivazioni del decreto di autorizzazione, potendosi anche risolvere nel dare atto della constatata plausibilita’ delle ragioni esposte nella richiesta del pubblico ministero” (Sez. 4, n. 16430 del 19/03/2015 – dep. 20/04/2015, Caratozzolo, Rv. 26340101).

Si tratta quindi di una valutazione di merito, relativa alla motivazione dei decreti di proroga delle intercettazioni, non prospettabile in sede di legittimita’.

9. Per le esigenze cautelari, e l’attualita’ e concretezza del pericolo l’ordinanza impugnata risulta adeguatamente motivata, senza contraddizioni e senza manifeste illogicita’, avendo evidenziato come “il pericolo di reiterazione criminosa di analoghi delitti e’ facilmente evincibile dalla pronta adesione degli indagati al sodalizio criminoso, legame reso ancora piu’ forte, stabile e pericoloso per quanto concerne i fratelli uniti tra loro dal vincolo di sangue, ma considerato valevole anche per (OMISSIS) che con la sua collaborazione forniva un contributo decisivo in qualita’ di professionista al meccanismo di frode fiscale…. nondimeno il fatto che gli indagati abbiano reiterato le proprie condotte fraudolente anche dopo l’arresto di (OMISSIS) e (OMISSIS) attesta e conferma la volonta’ di tutti di riprodurre quelle stesse azioni illegali. Infatti i ragionamenti fatti da (OMISSIS) e (OMISSIS) nelle conversazioni sopra riportate del 22 luglio 2015 e del 10 agosto 2015, cosi’ come quanto riferito ai militari da (OMISSIS) che si era incontrato in data 7 agosto 2015 con (OMISSIS), evidenziano la volonta’ di reiterare le azioni illecite volte alla frode fiscale per mantenere intatto il patrimonio acquisito, oltre che il tentativo dei due fratelli all’epoca detenuti di mantenere il controllo su tutto il sistema, fornendo dal carcere le direttive finalizzate a perpetrare il sodalizio”.

Il Tribunale pertanto compie un’autonoma valutazione, non basata solo sul titolo del reato (come asserito nei ricorsi), ma sui legami delinquenziali tra i ricorrenti, che hanno anche continuato a delinquere nonostante la carcerazione. Inoltre il Tribunale ha evidenziato la attualita’ e concretezza del pericolo, in maniera esaustiva e logica.

10. Del tutto infondato e’ infine il motivo sulla violazione dell’articolo 309 c.p.p., comma 10, relativamente al termine di 45 giorni per il deposito della motivazione; nessuna nullita’ e’ prevista in relazione al termine per il deposito del provvedimento; ne’ sono prospettati motivi ulteriori di legittimita’.

L’unico motivo prospettato, infatti, riguarda l’assegnazione del termine di 45 giorni per il deposito della motivazione, per il ricorrente ingiustificato dalla non particolare complessita’ del procedimento e da soli 5 imputati; sempre per il ricorrente la motivazione sul punto e’ illogica, poiche’ si invoca un gran numero di ricorrenti, per giustificare il termine.

Solo l’omesso deposito del provvedimento nel termine di 30 giorni, o in quello di 45 giorni (termine lungo per il deposito, articolo 309 c.p.p., comma 10, u.p.), comporta la perdita dell’efficacia della misura. L’assegnazione del termine di 45 giorni per la motivazione particolarmente complessa per il numero degli arrestati o la gravita’ del reato, non risulta sindacabile in sede di legittimita’: “In tema di riesame delle ordinanze che dispongono misure coercitive, e’ insindacabile la decisione da parte del tribunale di disporre di un termine superiore a quello di trenta giorni e non eccedente quello di quarantacinque previsto dall’articolo 309 c.p.p., comma 10, per il deposito della motivazione in caso di particolare complessita’ di quest’ultima” (Sez. 2, n. 51073 del 15/09/2016 – dep. 30/11/2016, La Cava e altro, Rv. 26890201; vedi anche Sez. 2, n. 22463 del 05/05/2016 – dep. 27/05/2016, Prezzavento, Rv. 26689701).

I ricorsi devono essere, quindi, rigettati con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali

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