[….segue pagina antecedente]
Occorre al riguardo premettere che come e’ stato rilevato dalla dottrina e risulta evidenziato anche nel recente arresto di questa Corte (cfr. Corte Cass. Sez. 1, Sentenza n. 14188 del 12/07/2016), il “contatto sociale qualificato”, inteso come fatto idoneo a produrre obbligazioni, ex articolo 1173 c.c., e dal quale derivano, a carico delle parti, non obblighi di prestazione ai sensi dell’articolo 1174 c.c., bensi’ reciproci obblighi di buona fede, di protezione e di informazione, giusta gli articoli 1175 e 1375 c.c., opera anche nella materia contrattuale, in relazione a quegli aspetti che non attengono alla esecuzione della prestazione principale – nella specie consistente nel “mettere a disposizione degli ospiti i locali ove eseguire i trattamenti terapeutici che le acque termali favoriscono” (sentenza, in motiv., pag. 7) -, ma ad interessi ulteriori, quali nel caso di specie la incolumita’ personale dei fruitori del servizio, non direttamente oggetto dell’accordo contrattuale ma che accedono al rapporto obbligatorio e che si sostanziano nei “doveri di protezione” che ciascuna parte ha nei confronti dell’altra in virtu’ del reciproco affidamento riposto nella buona fede, correttezza e professionalita’, e che insorgono, anche al di fuori di uno specifico vincolo contrattuale, tutte le volte in cui le parti instaurino una “relazione qualificata” e cioe’ agiscano di concerto in vista del conseguimento di uno scopo (elemento questo che distingue, per l’appunto, la responsabilita’ da “contatto sociale” dalla responsabilita’ derivante da illecito extracontrattuale caratterizzata dalla assenza di una relazione tra i soggetti anteriore alla commissione dell’illecito).
La tutela degli interessi di protezione e di informazione, viene dunque a trovare fondamento nell’articolo 2 Cost., cui e’ ancorato il principio di correttezza buona fede nei rapporti obbligatori ex articolo 1175 c.c., e nell’esecuzione del contratto ex articolo 1375 c.c., quale espressione del dovere di solidarieta’ imposto “a ciascuna delle parti del rapporto obbligatorio di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra e costituisce un dovere giuridico autonomo a carico di entrambe, a prescindere dall’esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da norme di legge”, la cui violazione “…”costituisce di per se’ inadempimento” e puo’ comportare l’obbligo di risarcire il danno che ne sia derivato a titolo di responsabilita’ contrattuale (cfr., tra le tante, Cass. 21250/2008; 1618/2009; 22819/2010)…” (cfr. Corte cass. Sez. 1, Sentenza n. 14188 del 12/07/2016, in motivazione, paragr. 14). Il dovere di salvaguardia, richiesto a ciascuna delle parti che si pongono in relazione qualificata, pertanto, non viene in rilievo soltanto nelle ipotesi “grigie” di confine tra il contratto ed il torto, ma si inserisce a pieno titolo nello stesso rapporto contrattuale prescrivendo un autonomo obbligo di condotta che si aggiunge e concorre con l’adempimento della obbligazione principale, in quanto diretto alla protezione di ulteriori interessi della parte contraente che – nella concreta fattispecie sottoposta all’esame di questa Corte – riceve la prestazione principale.
Tanto premesso, risulta errata in diritto, oltre che priva di argomentazione giustificativa adeguata al minimo costituzionale ex articolo 111 Cost., comma 6, (cfr. Corte cass. Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014; id. Sez. U, Sentenza n. 19881 del 22/09/2014), l’affermazione del Giudice territoriale secondo cui il mancato intervento dei dipendenti dell’Azienda termale ad assistere una paziente che si trovava in difficolta’, per motivi anche solo contingenti, ad uscire dalla vasca termale – e dunque indipendentemente da una condizione patologica soggettiva acclarata di incapacita’ o ridotta capacita’ di deambulazione -, non soltanto non integrava inadempimento della prestazione principale “ex contractu”, ma neppure poteva astrattamente configurare una ipotesi di responsabilita’ da violazione dei “doveri di salvaguardia” come sopra delineati, tanto piu’ non risultando esplicitamente esaminata e vagliata dal Giudice di appello la circostanza di fatto, allegata dalla danneggiata, dell’inutile azionamento della chiamata di assistenza (circostanza della quale si da’ menzione nello “svolgimento del processo”, ma che viene del tutto trascurata nella esposizione delle regioni a sostegno del “decisum”).
Il mancato tempestivo intervento in ausilio al soggetto che versava in occasionale difficolta’, indipendentemente dal contenuto della prestazione principale (di natura alberghiera e od anche sanitaria) e dalla previsione di impiego di personale ausiliario di sostegno soltanto per i pazienti disabili, integra una condotta violativa del “dovere di protezione” (prescritto dall’articolo 2 Cost., articoli 1175 e 1375 c.c.) di quegli “altri” interessi, della parte contraente, estranei all’oggetto della prestazione contrattuale ma che rimangono comunque coinvolti dalla realizzazione del risultato negoziale programmato, e che, in quanto tale, determina una responsabilita’ di natura contrattuale per le conseguenze pregiudizievoli derivate dalla inosservanza di detto dovere.
Il ricorso trova dunque accoglimento e la sentenza impugnata deve essere cassata, in ordine ai motivi accolti, con rinvio della causa alla Corte di appello di Trento, in diversa composizione, che procedera’ a nuovo esame attenendosi al principio di diritto enunciato in motivazione.
P.Q.M.
accoglie il quarto ed il quinto motivo di ricorso; dichiara assorbito il primo, secondo e terzo motivo di ricorso; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti; rinvia alla Corte di appello di Trento in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.
Leave a Reply