Corte di Cassazione, sezione terza civile, sentenza 13 ottobre 2017, n. 24071. Il “contatto sociale qualificato”, inteso come fatto idoneo a produrre obbligazioni, ex articolo 1173 c.c.

Il “contatto sociale qualificato”, inteso come fatto idoneo a produrre obbligazioni, ex articolo 1173 c.c., e dal quale derivano, a carico delle parti, non obblighi di prestazione ai sensi dell’articolo 1174 c.c., bensi’ reciproci obblighi di buona fede, di protezione e di informazione, giusta gli articoli 1175 e 1375 c.c., opera anche nella materia contrattuale, in relazione a quegli aspetti che non attengono alla esecuzione della prestazione principale ma ad interessi ulteriori, non direttamente oggetto dell’accordo contrattuale ma che accedono al rapporto obbligatorio e che si sostanziano nei “doveri di protezione” che ciascuna parte ha nei confronti dell’altra in virtu’ del reciproco affidamento riposto nella buona fede, correttezza e professionalita’, e che insorgono, anche al di fuori di uno specifico vincolo contrattuale, tutte le volte in cui le parti instaurino una “relazione qualificata” e cioe’ agiscano di concerto in vista del conseguimento di uno scopo (elemento questo che distingue, per l’appunto, la responsabilita’ da “contatto sociale” dalla responsabilita’ derivante da illecito extracontrattuale caratterizzata dalla assenza di una relazione tra i soggetti anteriore alla commissione dell’illecito).

Sentenza 13 ottobre 2017, n. 24071
Data udienza 7 dicembre 2016

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 19731/2013 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
AZIENDA CONSORZIALE TERME DI COMANO ACTC, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore Ing. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 55/2013 della CORTE D’APPELLO di TRENTO, depositata il 19/02/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/12/2016 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per l’inammissibilita’ in subordine rigetto.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Trento, con sentenza 19.2.2013 n. 55, in riforma della decisione di prime cure, ha rigettato la domanda di condanna al risarcimento danni proposta da (OMISSIS) nei confronti dell’Azienda Consorziale Terme di Comano, per essere la (OMISSIS) caduta procurandosi lesioni personali mentre usciva dalla vasca termale dopo aver inutilmente atteso il personale di cui aveva richiesto l’assistenza, rilevando: a) che il rapporto di convenzionamento dell’Azienda termale di Comano con il Servizio sanitario pubblico per la erogazione delle cure termali non dimostrava che la prima fosse tenuta a svolgere attivita’ ulteriori e diverse dalle prestazioni alberghiere; b) che era rimasto indimostrato, all’esito della istruttoria, l’affidamento riposto dalla (OMISSIS) sulla assistenza che sarebbe stata prestata dal personale nei giorni precedenti; c) che difettava la prova di disabilita’ deambulatoria della paziente o di specifiche situazioni di pericolo correlate all’uso della vasca termale.
La sentenza non notificata e’ stata impugnata con cinque motivi dalla (OMISSIS). Resiste con controricorso l’Azienda termale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La ricorrente ha impugnato la sentenza censurando la ricostruzione della fattispecie concreta, sotto il profilo della mancata rilevazione da parte del Giudice di appello di circostanze di fatto non contestate ex articolo 115 c.p.c., comma 1, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (1-la (OMISSIS) era stata aiutata ad entrare nella vasca; 2-era stata invece costretta ad uscire da sola dalla vasca, non essendo intervenuto alcuno sebbene per circa venti minuti avesse azionato il pulsante di chiamata: primo motivo; 3-la danneggiata era affetta da difficolta’ deambulatorie; 4-il pavimento attorno alla vasca era bagnato; secondo motivo) ovvero di fatti “decisivi”, provati in giudizio ma del tutto omessi dalla Corte territoriale, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (1-il marito, assunto a teste, aveva dichiarato che il coniuge aveva difficolta’ deambulatorie dopo un intervento all’embolo: terzo motivo; 2-la presenza di pulsante di chiamata, consentiva di ricondurre anche la prestazione di assistenza alla persona tra quelle contrattualmente assunte dall’Azienda: quarto motivo), ed ancora per errore di diritto determinato dalla violazione degli articoli 1173 e 1218 c.c., o – in alternativa – dal vizio di nullita’ per mancanza del requisito motivazionale ex articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4 (avendo la Corte d’appello erroneamente negato la sussistenza di elementi idonei a ravvisare nella fattispecie una responsabilita’ di natura contrattuale derivante da “contatto sociale”, sostenendo che la struttura termale era tenuta esclusivamente ad eseguire prestazioni di natura alberghiera e sanitaria, senza considerare che, anche in tal caso, l'”essenza del contratto stesso” consistente nella prestazione del servizio di immersione nelle vasche, imponeva comunque alla Azienda termale di adottare le cautele necessarie – tra cui eventualmente la predisposizione di personale ausiliario – volte ad evitare situazioni di rischio in considerazione delle precarie o comunque non pienamente efficienti condizioni fisiche di pazienti anziani sottoposti a tali cure: quinto motivo).
La Corte d’appello ha rigettato l’appello della (OMISSIS) sulla base del seguente percorso argomentativo, ritenendo: a) che l’interrogatorio formale dell’attrice aveva smentito la circostanza che nei giorni precedenti la (OMISSIS) era stata assistita nella entrata e nella uscita dalla vasca termale; b) che la danneggiata non aveva offerto alcuna prova b1 – della difficolta’ di deambulazione, b2 – che il pavimento fosse bagnato; c) che l’onere della prova di tali fatti gravava sulla danneggiata attesa “la piu’ generale negazione di ogni responsabilita’” sull’accaduto opposta dalla Azienda con la comparsa di risposta (sentenza appello, in motiv. pag. 8); d) che era apodittico il richiamo compiuto dalla ricorrente alla “responsabilita’ da contatto”.
Ritiene il Collegio fondato il ricorso, relativamente al quarto ed al quinto motivo, dovendo essere dichiarati assorbiti gli altri motivi.
La Corte territoriale ha escluso una responsabilita’ della Azienda termale estesa anche “oltre il contratto”- per l’evento dannoso occorso alla (OMISSIS), affermando che la “responsabilita’ da contatto” e’ configurabile soltanto “quando l’ordinamento impone a determinati soggetti, in ragione della attivita’ o della funzione esercitata e della specifica professionalita’ richiesta a tal fine, di tenere in determinate situazioni specifici comportamenti, sorgendo in tal modo a carico di detti soggetti…. obblighi essenzialmente di protezione nei confronti di tutti coloro che siano titolari degli interessi la cui tutela costituisce la ragione della prescrizione di quelle specifiche condotte”, richiamandosi al precedente di questa Corte n. 11642/2012.

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