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Il servizio di sosta regolamentata nei centri urbani, infatti, viene affidato in gestione in quanto servizio di pubblica utilita’ regolamentato, quanto al rapporto contrattuale che si instaura tra l’ente gestore e gli utenti, da condizioni standard predeterminate unilateralmente dall’ente locale, giusta quanto prevede l’articolo 7 C.d.S., approvato con Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285 che, al comma 1, lettera f), attribuisce al Sindaco il potere di determinare con ordinanza “…., previa deliberazione della giunta, aree destinate al parcheggio sulle quali la sosta dei veicoli e’ subordinata al pagamento di una somma da riscuotere mediante dispositivi di controllo di durata della sosta, anche senza custodia del veicolo, fissando le relative condizioni e tariffe in conformita’ alle direttive del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con la Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento per le aree urbane” (analogo potere di ordinanza e’ riservato all’ente proprietario della strada, per le strade fuori dei centri abitati, o comunque per le strade non comunali: articolo 6 C.d.S., comma 4, lettera d) e comma 5). Il medesimo articolo 7, commi 14 e 15, prevede anche il potere dell’ente gestore di irrogare la sanzione amministrativa pecuniaria, nella misura determinata dalla legge, per la violazione degli obblighi derivanti dalle condizioni che disciplinano il servizio di sosta regolamentata a pagamento.
Pertanto deve ravvisarsi nella specie la condizione derogatoria di esclusione della controversia dal giudizio necessario di equita’, pur ricadendo il valore della controversia nel limite previsto dall’articolo 113 c.p.c., comma 2, atteso che il rapporto contrattuale dedotto in giudizio risulta regolato da “condizioni standard” (concernenti la delimitazione degli spazi fruibili per la sosta; gli orari del servizio; la eventuale durata massima dello sosta; l’importo della tariffa a tempo; le conseguenze sanzionatorie della violazione degli obblighi prescritti dalle indicate condizioni standard), unilateralmente predisposte dall’ente locale e rivolte al pubblico indifferenziato degli utenti, e come tale deve ricondursi alla categoria dei rapporti derivanti da “contratto concluso secondo le modalita’ di cui all’articolo 1342 c.c.”.
In conseguenza la decisione del Giudice di Pace era impugnabile mediante appello, ai sensi dell’articolo 339 c.p.c., comma 1.
La sentenza impugnata, pertanto, deve essere cassata con rinvio della causa al Tribunale di Matera in grado di appello, in diversa composizione, affinche’ proceda all’esame dei motivi di gravame, liquidando all’esito anche le spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia al Tribunale di Matera in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.
Motivazione semplificata.

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