Sussiste l’aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen. – sub specie di esposizione della cosa per necessità o per destinazione alla pubblica fede – nel caso in cui il soggetto attivo si impossessi di un’autovettura dotata di antifurto satellitare, il quale, pur attuando la costante percepibilità della localizzazione del veicolo, non ne impedisce la sottrazione ed il conseguente impossessamento, consentendo solo di porre rimedio all’azione delittuosa con il successivo recupero del bene

 

 

CORTE DI CASSAZIONE

SEZ. VI PENALE

SENTENZA 4 ottobre 2017, n.45637

 Pres. Conti – est. Mogini

Ritenuto in fatto e considerato in diritto

G.A. ricorre personalmente avverso la sentenza in epigrafe, con la quale la Corte di appello di Ancona ha, dopo annullamento delle sentenze di primo e secondo grado disposto dalla Seconda Sezione Penale di questa Corte a causa della rilevata nullità dell’ordinanza 7/12/2005 che ha dichiarato la contumacia dell’imputato in primo grado, in parziale riforma di quella pronunciata ad esito di giudizio abbreviato dal G.i.p. del Tribunale di Macerata in data 17/4/2013:

– dichiarato non doversi procedere nei confronti del ricorrente in ordine ai delitti di resistenza a pubblico ufficiale e di lesioni personale a lui ascritti rispettivamente ai capi B e C dell’imputazione per intervenuta prescrizione;

– condannato il G. per il reato di cui agli artt. 624 e 625 n. 7 cod. pen., così nuovamente qualificato il reato a lui contestato al capo A – che la sentenza di primo grado aveva riqualificato come rapina impropria – e rideterminato di conseguenza, applicata la riduzione per la scelta del rito, la pena inflitta al ricorrente.

Il ricorrente censura la sentenza impugnata deducendo i seguenti motivi.

2.1. Erronea applicazione di legge penale processuale con riferimento agli artt. 458, comma 2, 438 e 441 cod. proc. pen. per avere il G.i.p. del Tribunale di Macerata, a seguito della notifica del giudizio immediato, ammesso il giudizio abbreviato con decreto in data 13/1/2013 da dichiararsi nullo perché emesso al di fuori dell’udienza e senza contraddittorio delle parti. Nulla sarebbe anche l’ordinanza del G.i.p. in data 17/4/2013 con la quale, ad esito di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato condizionato ad integrazione probatoria, il giudice non trasmetteva gli atti al p.m. per l’esercizio dell’azione penale nelle forme ordinarie, in assenza di ulteriori richieste da parte della difesa.

2.2. Errata applicazione dell’art. 521 in relazione all’art. 438 cod. proc. pen., in quanto il giudice di primo grado non poteva riqualificare ad esito del giudizio abbreviato il reato originariamente contestato, pervenendo così a condanna per fatto diverso, sicché la Corte territoriale avrebbe dovuto limitarsi a rilevare la nullità della sentenza di primo grado rinviando gli atti al primo giudice per nuovo giudizio.

2.3. Erronea applicazione degli artt. 625 n. 7 e 56 cod. pen. con riferimento alla ritenuta aggravante dell’esposizione alla pubblica fede laddove, come nel caso di specie, nel veicolo sottratto sia installato un antifurto satellitare. Sollecita in subordine la qualificazione del fatto come tentativo di furto aggravato, essendo la vettura sempre stata sorvegliata per il tramite dell’antifurto satellitare installato a bordo.

2.4. Violazione degli artt. 62 bis e 69 cod. pen. in ordine al diniego delle attenuanti generiche prevalenti sulla ritenuta aggravante e al complessivo trattamento sanzionatorio.

Con motivi nuovi depositati ex art. 585, comma 4, cod. proc. pen. in data 30/3/2017, il ricorrente ha ulteriormente illustrato le censure sopra descritte sub 2.1. e 2.3., sostenendo tra l’altro che la nullità dichiarata da questa Corte riguardava la dichiarazione di contumacia intervenuta in momento processuale antecedente all’ammissione del rito abbreviato, e sollecitato dichiarazione di estinzione del reato di cui al capo A per prescrizione (commesso in data 29/8/2005 e prescritto il 29/8/2014, in assenza di periodi di sospensione).

Il ricorso è inammissibile.

3.1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Come correttamente affermato dalla Corte territoriale, in coerenza con quanto del resto già osservato dal giudice di primo grado, la sentenza di annullamento con rinvio pronunciata dalla Seconda Sezione penale di questa Corte in data 8/11/2011 ha restituito gli atti al giudice di primo grado, per un nuovo giudizio, nella stessa fase in cui il processo si trovava al momento della dichiarazione di contumacia, disposta con ordinanza in data 7/12/2005 nel corso del rito abbreviato semplice già ammesso con precedente decreto del 24/10/2005 e ritualmente instaurato. Il giudizio di rinvio si è quindi svolto correttamente davanti al G.i.p. nelle forme proprie al rito semplificato già regolarmente ammesso, in accoglimento della richiesta avanzata in via subordinata dal ricorrente in data 12/10/2005.

3.2. Manifestamente infondato è anche il secondo motivo di ricorso.

L’attribuzione in sentenza al fatto contestato di una qualificazione giuridica diversa da quella enunciata nell’imputazione non determina infatti la violazione dell’art. 521 cod. proc. pen., qualora la nuova definizione del reato appaia come uno dei possibili epiloghi decisori del giudizio, secondo uno sviluppo interpretativo assolutamente prevedibile, o, comunque, l’imputato ed il suo difensore abbiano avuto nella fase di merito la possibilità di interloquire in ordine alla stessa (Sez. 6, n. 11956 del 15/02/2017, B., Rv. 269655). Invero, nel caso di specie il nucleo essenziale dei fatti contestati non ha subito alcun mutamento, poiché la contestazione di cui al capo A (furto aggravato di autovettura) è stata fin dall’origine accompagnata da quelle di cui ai capi B e C (resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali per aver usato violenza, colpendolo con un pugno, nei confronti di agente della Polizia Stradale che stava procedendo all’inseguimento del ricorrente, al fine di opporsi all’azione del p.u. e di eseguire il reato di cui capo A). La possibilità della nuova qualificazione giuridica, in alcun modo preclusa al giudice del rito abbreviato, deve pertanto ritenersi nota o, comunque, assolutamente prevedibile per l’imputato, che non ha visto lesi i suoi diritti di difesa dai profili di novità da lui predicati in ricorso (Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010, Carelli, Rv. 248051; Sez. 3, n. 1464 del 16/12/2016; Orsi e altro, Rv. 269360), profili del resto ampiamente rilevati e discussi nella fase di merito, anche attraverso l’ordinario rimedio dell’impugnazione, nella specie proposta avverso la sentenza di primo grado contenente la diversa qualificazione giuridica del fatto (Sez. 5, n. 7984 del 24/09/2012, Jovanovic e altro, Rv. 254649).

Di conseguenza, del tutto inconferente deve ritenersi il richiamo fatto in ricorso all’esclusione ex art. 441, comma 1, cod. proc. pen. della modificazione dell’imputazione di cui all’art. 423 cod. proc. pen., posto che nel caso in esame i fatti accertati dal G.i.p. ad esito del giudizio abbreviato (pur con inammissibile richiamo alla precedente sentenza d’appello annullata da questa Corte), di poi del resto nuovamente qualificati dalla Corte territoriale conformemente all’originaria imputazione di cui al capo A, non hanno subito alcun essenziale mutamento rispetto a quelli contestati.

3.3. Manifestamente infondata è anche la prima delle censure formulate con il terzo motivo di ricorso. Secondo la giurisprudenza di legittimità assolutamente prevalente, che il Collegio intende fare integralmente propria, sussiste l’aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen. – sub specie di esposizione della cosa per necessità o per destinazione alla pubblica fede – nel caso in cui il soggetto attivo si impossessi di un’autovettura dotata di antifurto satellitare, il quale, pur attuando la costante percepibilità della localizzazione del veicolo, non ne impedisce la sottrazione ed il conseguente impossessamento, consentendo solo di porre rimedio all’azione delittuosa con il successivo recupero del bene (Sez. 5, n. 44119 del 19/10/2011, Petralia, Rv. 251130; Sez. 5, n. 9394 del 20/01/2014, Tiritiello, Rv. 259537; Sez. 5, n. 10584 del 30/01/2014, Catarinozzi, Rv. 260204).

La censura con la quale il ricorrente sollecita la qualificazione del fatto come tentativo di furto aggravato è invece inammissibile perché generica e meramente reiterativa di doglianza di merito già adeguatamente valutata e risolta dalla Corte territoriale con motivazione congrua e immune da vizi logici e giuridici. La Corte distrettuale ha in particolare dato corretta applicazione al principio di diritto più volte affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, e puntualmente richiamato nella sentenza impugnata, secondo cui, in tema di furto, il reato può dirsi consumato anche se oggetto della sottrazione è un’autovettura munita di sistema di antifurto satellitare, in quanto tale strumento non esclude che il soggetto passivo perda, almeno fino al momento di attivazione del sistema di rilevazione satellitare, il controllo materiale e giuridico sulla cosa sottrattagli, posto che il sistema satellitare non assicura una costante vigilanza durante l’intera fase dell’azione illecita, essendo la possibilità di rilevare e seguire gli spostamenti dell’autovettura collegata ad una richiesta dell’interessato al centro operativo, cosicché il successivo rilevamento ha soltanto una funzione recuperatoria di un bene ormai uscito definitivamente dalla sfera di controllo del possessore (Sez. 4, n. 4824 del 11/12/2002, PM in proc. Talal Alì, Rv. 223484; Sez. 5, n. 9394 del 20/01/2014, Tiritiello, Rv. 259536; Sez. 5, n. 42774 del 21/09/2016, Latri e altro, Rv. 268471).

3.4. Inammissibile, perché aspecifico, anche il quarto motivo di ricorso, che, al di là della formale intestazione, ripropone censure di merito relative al diniego delle attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle ritenute aggravanti e al complessivo trattamento sanzionatorio senza confrontarsi con la sentenza impugnata, che su quei punti evidenzia motivazione congrua in riferimento alle circostanze e modalità dei fatti e della anteatta condotta di vita del ricorrente, raggiunto tra l’altro da precedenti specifici per i quali gli è stata applicata – peraltro senza concreti effetti sanzionatori – la contestata recidiva (p. 13).

Secondo la stessa prospettazione del ricorrente, per il reato di cui al capo A (commesso in data 29/8/2005) la prescrizione sarebbe maturata il 29/8/2014, quindi in epoca successiva alla pronuncia della sentenza impugnata (10/6/2014), sicché l’inammissibilità del ricorso per cassazione non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare detta causa di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, D.L., Rv. 217266; Sez. U, n. 23428 del 22/03/2005, Bracale, Rv. 231164; Sez. 2, n. 28848 del 08/05/2013, Ciaffoni, Rv. 256463; Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, Ricci, Rv. 266818, con la quale la Corte ha precisato che l’art. 129 cod. proc. pen. non riveste una valenza prioritaria rispetto alla disciplina della inammissibilità, attribuendo al giudice dell’impugnazione un autonomo spazio decisorio svincolato dalle forme e dalle regole che presidiano i diversi segmenti processuali, ma enuncia una regola di giudizio che deve essere adattata alla struttura del processo e che presuppone la proposizione di una valida impugnazione; Sez. U, Sentenza n. 6903 del 27/05/2016, Aiello e altro, Rv. 268966). All’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all’art. 616 cod. proc. pen..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle ammende

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