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3. 1. Il primo motivo, con cui si contesta l’illegittimo ricorso alla motivazione “per relazione”, e’ del tutto generico, non individuando il ricorrente quali siano state le censure sollevate con l’appello e che non abbiamo ricevuto risposta, illustrandone al contempo la decisivita’.
Il motivo di impugnazione, per essere specifico, deve infatti concretarsi nella precisa e determinata indicazione dei punti di fatto e di diritto da sottoporre al giudice della impugnazione; nella esposizione, ancorche’ concisa, ma chiara, delle censure che si muovono ai punti indicati, onde consentire a detto giudice di esercitare il suo sindacato con riferimento alle argomentazioni svolte nel provvedimento impugnato. Ne consegue che nel caso di ricorso per Cassazione, i relativi motivi non possono limitarsi al semplice richiamo “per relationem” a quelli di appello, per denunciare, in riferimento ad essi, la mancanza di motivazione della impugnata sentenza, mancando ogni possibilita’ di individuare le ragioni sulle quali la doglianza e’ fondata e, conseguentemente, di consentire un adeguato controllo sul punto (ex multis, Sez. 3, n. 35964 del 04/11/2014, dep. 2015, B., Rv. 264879).
3.2. Quanto alla dedotta inutilizzabilita’ delle contestazioni, va fatto rilevare che nell’appello il ricorrente aveva sollevato la suddetta questione quanto all’attendibilita’ della persona offesa, facendo rilevare che il P.M. si era visto costretto in sede di audizione del (OMISSIS) a contestare a quest’ultimo prima, inammissibilmente, il contenuto della querela e, poi, solo su eccezione della difesa, le dichiarazioni rese in sede di s.i.t..
In tale prospettiva va quindi esaminata la risposta fornita dalla Corte di appello. Invero, la sentenza impugnata ha sostenuto che la formulazione di qualche contestazione non inficiava l’attendibilita’ del teste, non facendo affatto riferimento alle contestazioni ritenute illegittime dal ricorrente.
3.3. Le censure relative alla sussistenza del reato non hanno fondamento. Sulla configurabilita’ in generale del tentativo, si rinvia a quanto gia’ osservato al § 2.1. del “considerato in diritto”.
Tutte le restanti censure ruotano pur sempre sulla non fondata costruzione giuridica sostenuta dal ricorrente del reato in forma tentata, ovvero che sia necessaria da parte del destinatario della proposta illecita una accettazione (quandanche con riserva mentale di non adempiere).
In ordine idoneita’ della proposta induttiva, e’ sufficiente perche’ si realizzi il reato di cui all’articolo 319-quater c.p. nella forma tentata che la condotta del pubblico ufficiale che formuli la proposta illecita sia astrattamente idonea, con valutazione “ex ante”, a determinare, attraverso l’uso della persuasione, della suggestione e anche dell’inganno (sempre che quest’ultimo non si risolva in un’induzione in errore), una pressione morale condizionante la liberta’ di autodeterminazione del destinatario, tale da convincerlo della necessita’ di dare o promettere denaro o altra utilita’ per evitare conseguenze dannose, anche se poi, per circostanze estranee ed estrinseche all’azione, il risultato non si produca.
Va ricordato al riguardo che il tentativo e’ inidoneo solo quando si e’ in presenza di un’inefficienza strutturale e strumentale del mezzo usato che sia assoluta e indipendente da cause estranee ed estrinseche, valutata ex ante (tra tante, Sez. 1, n. 36726 del 02/07/2015, L. M, Rv. 264567).
Nella specie, era quindi irrilevante la tesi diffusamente sostenuta dal ricorrente nell’appello e qui riproposta, volta a dimostrare, ai fini della idoneita’ del tentativo, che il (OMISSIS) (che era stato a lungo all’estero) non avesse compreso i termini della proposta illecita (in ogni caso ben recepiti dal teste li’ presente).
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