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13. Con il quarto motivo dei ricorsi si deduce violazione e/o falsa applicazione di legge, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, quanto agli articoli 1362, 1363, 1364, 1366 c.c., con riferimento agli articoli 2229 c.c. e segg., come conseguenza dell’errata interpretazione dell’articolo 4, commi 1 e 4, del mandato professionale. Specificamente la curatela lamenta che erroneamente il Tribunale ha escluso dall’oggetto del mandato professionale sottoscritto il 3 novembre 2012 la prestazione di assistenza davanti agli organi giurisdizionali nelle cause sia attive che passive.
14. Il primo motivo e’ infondato perche’, come e’ gia’ stato affermato dalla giurisprudenza di legittimita’ (cfr. Cass. civ. sez. 1, n. 19018 del 10 settembre 2014 e n. 19653 del 1 ottobre 2015) qualora il curatore (ed eventualmente i creditori contro interessati) si siano regolarmente costituiti nel giudizio di impugnazione dello stato passivo, il vizio della notificazione derivante dal mancato rispetto del termine per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza al curatore e’ sanato ex tunc. Tale orientamento giurisprudenziale, espressione del principio generale di cui all’articolo 156 c.p.c., comma 3, deve ritenersi applicabile anche nel caso in esame, disciplinato ratione temporis dalla L. Fall., articolo 99, novellato dal Decreto Legislativo 12 settembre 2007, n. 169, articolo 6, senza che occorra interrogarsi sulla condivisibilita’ dell’isolata pronuncia (Cass. civ., sez. 6-1, ordinanza n. 3082 dell’8 febbraio 2011) che afferma la natura perentoria del termine di dieci giorni per la notificazione previsto dalla predetta norma.
15. Il secondo motivo e’ inammissibile perche’ deduce confusamente violazioni di legge (cfr. Cass. civ. sez. 3, n. 3554 del 10 febbraio 2017), senza specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimita’, in tal modo impedendo a questa corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione (cfr. Cass. civ. sez. 1, n. 24298 del 29 novembre 2016 secondo cui risulta inidoneamente formulata la deduzione di errori di diritto individuati per mezzo della sola preliminare indicazione delle singole norme pretesamente violate, ma non dimostrati per mezzo di una critica delle soluzioni adottate dal giudice del merito nel risolvere le questioni giuridiche poste dalla controversia, operata mediante specifiche e puntuali contestazioni nell’ambito di una valutazione comparativa con le diverse soluzioni prospettate nel motivo e non attraverso la mera contrapposizione di queste ultime a quelle desumibili dalla motivazione della sentenza impugnata).
16. Quanto alla censura di cui al terzo motivo, il ricorso non risulta conforme ai requisiti richiesti dall’articolo 360 c.p.c., n. 5, alla luce della giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. civ. sezioni unite n. 8053 del 7 aprile 2014 secondo cui, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente che denunci il vizio di motivazione del provvedimento impugnato deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisivita’” (fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie).
17. Anche il quarto motivo e’ inammissibile, in quanto contiene una censura che, pur facendo riferimento ai canoni ermeneutici di cui agli articoli 1362, 1364 e 1366 c.c., attiene sostanzialmente al merito dell’attivita’ interpretativa compiuta dal Tribunale di Podernone, che ha ritenuto, sulla base di una logica e coerente motivazione fondata sul dato testuale, escluse dal mandato professionale del 3 novembre 2012 quelle attivita’ di assistenza davanti agli organi giurisdizionali effettivamente prestate e per le quali e’ stata proposta l’istanza di ammissione al passivo. Attivita’ che – rileva il tribunale – sarebbero comunque state assunte dalla curatela ove il fallimento fosse stato precedentemente dichiarato.
18. Tutti i ricorsi, in conclusione, devono essere intergralmente rigettati.
19. Le spese dei giudizi riuniti seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dispone la riunione al presente ricorso di quelli nn. 4590/16, 4593/16, 4596/16, 4599/16, 4604/16 4606/16, 4607/16, 4611/16, 4613/16, 4614/16, 4617/16, 4619/16 e li rigetta.
Condanna il Fallimento al pagamento delle spese processuali liquidate in complessivi Euro 6.300, di cui Euro 1.300 per spese, oltre accessori di legge e spese forfettarie.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13 comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del fallimento ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per ciascun ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
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