Corte di Cassazione, sezione seconda penale, sentenza 16 novembre 2017, n. 52445. Nell’ipotesi di sottrazione di una cosa dopo l’esaurimento della azione violenta, si configura il delitto di rapina e non quello di furto

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In punto di fatto, risulta dalla sentenza impugnata che “non solo con le precedenti condotte narrate nell’unica denunzia presentata il 30-12-2008, oggetto di separato procedimento (la piu’ risalente delle quali e’ datata 24.12.2008, mentre quella oggetto della sentenza menzionata nell’atto di appello e’ stata tenuto il giorno successivo ai fatti oggetto del presente processo), ma anche con la successiva del 30 dicembre. Entrambe le determinazioni criminose, infatti, erano, come ben descritto dalle persone offese, cagionate dai rifiuti opposti dai genitori alle quotidiane richieste di danaro avanzate dal figlio. E, si badi, tali richieste, come ben spiegato dallo (OMISSIS) Carlo, avevano ad oggetto somme sempre diverse ed ulteriori rispetto a quelle che giornalmente il padre spontaneamente versava al figlio per consentirgli di fare fronte alle proprie necessita’ quotidiane. Al rifiuto opposto a tali richieste suppletive di danaro seguiva la rabbiosa e violenta reazione dell’imputato, che se il 29 dicembre aveva determinato la fuga dei genitori dall’abitazione con la conseguente, connessa, possibilita’ per il prevenuto di impossessarsi, previa ricerca, del danaro da costoro conservato, il successivo 30 dicembre era stata alla base della forzata consegna del danaro da parte – delle persone offese”.

Circostanze queste tutte che si leggono anche nella sentenza del 24/06/2010 in cui il giudice dell’udienza preliminare scrive: “In data 29 dicembre 2018 militari appartenenti alla Stazione di Aversa si recavano presso l’abitazione dei coniugi (OMISSIS), in quanto avevano ricevuto una segnalazione che evidenziava che (OMISSIS), tossicodipendente, aveva minacciato con un grosso coltello i genitori. Ivi giunti acquisivano informazioni da una delle vittime ( (OMISSIS)) che confermava la minaccia attuata dal figlio con un coltello da cucina, finalizzata all’ottenimento del portafogli contenente Euro 250. In data 30 dicembre (OMISSIS) formalizzava denuncia, rappresentando che il figlio (adottato in Libano) faceva uso di sostanze stupefacenti e tormentava lui e la moglie con continue richieste di denaro, per ottenere il quale, in piu’ occasioni, non aveva esitato a colpire la madre con pugni alla testa e bottiglie lanciatele contro. Dichiarava che quotidianamente il giovane pretendeva ed otteneva in forza delle minacce usate e del timore incusso 30 Euro che diventavano 50 nel fine settimana. In data 24 dicembre sotto minaccia di incendiare la casa, aveva ottenuto dai genitori 180 Euro. Rappresentava, infine, l’ultimo episodio avvenuto il giorno prima (oggetto del diverso procedimento ed alla base della misura custodiale applicatagli)”.

In punto di fatto, quindi, deve ritenersi accertato che:

a) l’imputato era tossicodipendente;

b) a causa di questo suo stato, tormentava entrambi i genitori con continue richieste di denaro, per ottenere il quale – quando gli veniva negato – non esitava ad usare violenza contro la madre;

c) quotidianamente pretendeva ed otteneva in forza delle minacce usate e del timore incusso 30 Euro che diventavano 50 nel fine settimana;

d) i due episodi avvennero il 29 ed il 30/12/2008.

La Corte Territoriale, come si e’ detto, ha respinto la richiesta di continuazione fra i due episodi, focalizzando, in pratica, la sua attenzione sul solo dolo d’impeto.

Non ha, pero’, minimamente considerato che l’episodio per cui e’ processo non era affatto occasionale ma era il consueto epilogo al quale l’imputato perveniva quando si sentiva negare il denaro necessario all’acquisto di stupefacente.

Infatti, dalla pacifica ricostruzione del fatto si evince: la medesima modalita’ della condotta tenuta in altre occasioni; la contiguita’ spazio temporale dei due episodi avvenuti nella stessa abitazione e a distanza di un giorno; l’omogeneita’ delle violazioni e del bene protetto; la medesima causale delle richieste di denaro (che serviva per l’acquisto di stupefacente); la sistematicita’ delle condotte criminose.

Alla stregua di tali considerazioni, va, pertanto, condivisa la censura del ricorrente (pag. 6 ricorso) nella parte in cui ha osservato che “il fatto cosi’ come concretamente verificatosi non e’ incompatibile con la continuazione proprio perche’ rientrante nella generica ed embrionale programmazione delle azioni violente in danno dei genitori finalizzate a procurarsi il denaro da destinare all’acquisto della sostanza stupefacente; in altri termini, il (OMISSIS) si era originariamente rappresentato sia la possibilita’ di ottenere denaro senza ricorrere alla minaccia sia la possibilita’ di ottenere la consegna del denaro con minaccia per l’ipotesi in cui il padre avesse opposto diniego, dovendosi quindi, escludere il dolo d’impeto o comunque l’incompatibilita’ di tale forma di dolo (che sarebbe diretto e non d’impeto) con la programmazione eventuale dell’azione delittuosa”.

In altri conclusivi termini, la sentenza, sul punto, va annullata e la Corte, in sede di rinvio, verifichera’ nuovamente se sussistano o meno i presupposti della continuazione dopo avere analizzato e valutato, alla stregua dei principi di diritti supra citati, tutti gli elementi fattuali che emergono dalla ricostruzione dell’intera vicenda processuale.

P.Q.M.

ANNULLA la sentenza impugnata limitatamente al diniego della continuazione, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli.

RIGETTA nel resto il ricorso.

Dichiara irrevocabile l’affermazione di responsabilita’.

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