Corte di Cassazione, sezione seconda penale, sentenza 16 novembre 2017, n. 52445. Nell’ipotesi di sottrazione di una cosa dopo l’esaurimento della azione violenta, si configura il delitto di rapina e non quello di furto

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In altri termini, nei casi in cui, come quello di specie, l’impossessamento avvenga non contestualmente all’azione violenta o minacciosa, i requisiti affinche’ si possa ritenere che il fatto integri gli estremi della rapina sono i seguenti:

a) sussistenza del dolo generico (che puo’ essere, oltre antecedente all’azione delittuosa anche concomitante o sopravvenuto: in terminis Cass. 3116/2016 Rv. 265644) consistente nella coscienza e volonta’ di impossessarsi della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, sempreche’ tale requisito soggettivo sia essere accompagnato da quello, specifico, rappresentato – nella rapina propria – dalla coscienza e volonta’ di adoperare a tale scopo la violenza o la minaccia, al fine di trarre, per se’ o per altri, un ingiusto profitto;

b) concatenazione finalistica, sul piano soggettivo, fra l’azione violenta o minacciosa e quella dell’impossessamento;

c) medesimo contesto spazio-temporale.

Nel caso di specie sussistono tutti i suddetti requisiti.

Risulta, infatti, pacifico e conclamato il dolo, da parte dell’imputato, di impossessarsi del denaro dei genitori che glielo avevano negato: tale circostanza si desume dalle modalita’ dell’azione, dall’esplicita richiesta di denaro e dalla reazione violenta che l’imputato ebbe al diniego dei genitori;

Le due azioni (quella violenta e minacciosa e quella successiva dell’impossessamento) sono indubbiamente concatenate essendo l’una (impossessamento) la conseguenza dell’altra (condotta violenta).

Infine, le due azioni furono commesse nello stesso contesto spazio-temporale: infatti, l’impossessamento fu conseguito nell’abitazione dalla quale le persone offese erano riuscite a scappare per sottrarsi alle minacce dell’imputato ed avvenne in un breve arco temporale, “senza soluzione di continuita’, dopo una ricerca resa possibile proprio dall’assenza dei genitori”.

2. LA VIOLAZIONE DELL’ART. 81 COD. PEN..

La Corte Territoriale (pag. 5) ha negato la sussistenza della continuazione fra il reato di cui al presente procedimento ed un altro episodio similare avvenuto il giorno successivo e giudicato separatamente con sentenza passata in giudicato pronunciata dal giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Santa Maria Capua Vetere il 24/06/2010, adducendo la seguente motivazione: “tali rabbiose ed impetuose reazioni al diniego opposto dai genitori, vera causa scatenante delle condotte delittuose, portando a caratterizzare la condotta come tenuta con un dolo d’impeto, si pone in rapporto di incompatibilita’ con una originaria ed unica determinazione criminosa che, laddove sussistente, darebbe ingresso al riconoscimento della continuazione”.

La difesa ha obiettato che “il (OMISSIS) si era originariamente rappresentato sia la possibilita’ di ottenere denaro senza ricorrere alla minaccia sia la possibilita’ di ottenere la consegna del denaro con minaccia per l’ipotesi in cui il padre avesse opposto diniego, dovendosi quindi, escludere il dolo d’impeto o comunque l’incompatibilita’ di tale forma di dolo (che sarebbe diretto e non d’impeto) con la programmazione eventuale dell’azione delittuosa”.

In punto di diritto, va rammentato quanto segue:

Il dolo d’impeto o l’occasionalita’ di una delle condotte, designa un dato meramente cronologico consistente nella repentina esecuzione di un proposito criminoso improvvisamente insorto (SSUU 40513/2016 Rv. 267628), il quale e’ compatibile con il dolo eventuale, “posto che l’agire sulla spinta emotiva del momento non esclude la lucidita’ mentale e le facolta’ cognitive che consentono di prevedere ed accettare il rischio dell’evento come conseguenza della propria azione” (Cass. 23517/2013 Rv. 256472), ma non lo e’ con il riconoscimento della continuazione con altri episodi delittuosi (Cass. 35639/2013 Rv. 256308);

“Il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneita’ delle violazioni e del bene protetto, la contiguita’ spazio-temporale, le singole causali, le modalita’ della condotta, la sistematicita’ e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea”: SSUU 28659/2017 Rv. 270074.

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