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La considerazione della natura isolata del predetto precedente (che peraltro, dal punto di vista della percezione dei valori costituzionali sottesi, si pone in dissonanza implicita con Cass. 23/09/1996, n. 8399, decisione che, come detto, aveva in particolare valorizzato la possibilita’ per il destinatario di dare prova contraria rispetto alla presunzione ex articolo 1335 cod. civ.) e, soprattutto, della circostanza che esso concerne fattispecie non pienamente sovrapponibile a quella in esame/induce a non ritenere sussistente un contrasto di giurisprudenza ai sensi dell’articolo 374 c.p.c. e, quindi, a non accogliere l’istanza, formulata dal procuratore generale in udienza pubblica, di rimessione del procedimento al primo presidente per la valutazione dell’opportunita’ di assegnazione alle sezioni unite, potendo quindi questa sezione semplice direttamente delibare la lite nel senso innanzi accolto; in particolare, in ordine ai caratteri distintivi della questione giuridica esaminata in detto precedente (relativa alla disciplina del termine di impugnazione ex articolo 1137 c.c. della delibera di assemblea di condominio) rispetto a quella oggetto della presente controversia (relativa alla disciplina del termine dilatorio ex articolo 66 disp. att. c.c. per la convocazione dell’assemblea del condominio) puo’ essere sufficiente sottolineare che, nel primo caso, dalla comunicazione dell’atto (verbale assembleare) decorre un termine decadenziale per proporre un’azione giudiziaria mentre, nel secondo caso, dal pervenimento dello stesso (convocazione di assemblea) decorre un termine dilatorio meramente condizionante la validita’ della deliberazione, la quale ultima soltanto potra’ essere impugnata in giudizio, previa ulteriore comunicazione di essa o partecipazione del convocato all’adunanza: sussistono, dunque, “ragionevoli differenze”, correlate alla presenza solo nella prima fattispecie di possibili pregiudizi, per effetto dell’avverarsi della decadenza, all’esercizio della tutela giurisdizionale (tema su cui, in effetti, il precedente n. 25791 del 2016 cit. si sofferma nella formulazione della ratio decidendi). Ne deriva che, al limite, detto precedente n. 25791 del 2016 introduce una cesura nella catena giurisprudenziale concernente il computo dei termini decadenziali per l’esercizio di azioni giudiziarie decorrenti dalla ricezione dell’atto (per stare ai precedenti citati, v. taluni di quelli in materia lavoristica), ma non in quella (cui pertiene la fattispecie in esame, oltre altre nei precedenti citati) concernente i casi di cui non decorrano – almeno in via immediata e diretta – termini della specie, bensi’ termini di altre tipologie.
3.7. Va riaffermato, dunque, quale principio di diritto, che in tema di condominio, con riguardo all’avviso di convocazione di assemblea ai sensi dell’articolo 66 disp. att. c.c. (nel testo ratione temporis vigente), posto che detto avviso deve qualificarsi quale atto di natura privata (del tutto svincolato, in assenza di espresse previsioni di legge, dall’applicazione del regime giuridico delle notificazioni degli atti giudiziari) e in particolare quale atto unilaterale recettizio ai sensi dell’articolo 1335 c.c., al fine di ritenere fornita la prova della decorrenza del termine dilatorio di cinque giorni antecedenti l’adunanza di prima convocazione, condizionante la validita’ delle deliberazioni, e’ sufficiente e necessario che il condominio (sottoposto al relativo onere), in applicazione della presunzione dell’articolo 1335 c.c. richiamato, dimostri la data di pervenimento dell’avviso all’indirizzo del destinatario, salva la possibilita’ per questi di provare di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilita’ di averne notizia. Tale momento, ove la convocazione ad assemblea di condominio sia stata inviata mediante lettera raccomandata (cui il testo dell’articolo 66 disp. att. c.c. affianca, nel testo successivo alla riforma di cui alla L. 11 dicembre 2012, n. 220, altre modalita’ partecipative), e questa non sia non consegnata per l’assenza del condomino (o di altra persona abilitata a riceverla), coincide con il rilascio da parte dell’agente postale del relativo avviso di giacenza del plico presso l’ufficio postale, idoneo a consentire il ritiro del piego stesso, e non gia’ con altri momenti successivi (quali il momento in cui la lettera sia stata effettivamente ritirata o in cui venga a compiersi la giacenza).
3.8. Precisazioni ulteriori derivano dalla considerazione dell’applicazione della disciplina della regolamentazione postale, avuta presente in precedenti pronunce e costituita ratione temporis dal decreto del ministro dello sviluppo economico 01/10/2008 (recante “approvazione delle condizioni generali per l’espletamento del servizio postale universale”), cui e’ succeduta la delibera 385/13/CONS del 20/06/2013 dell’autorita’ per le garanzie nelle comunicazioni.
3.8.1. Il regolamento (nei due testi, sul tema non presentanti significative variazioni, rispettivamente agli articoli 24 e 25) contempla anzitutto il caso dell’impossibilita’ di consegna al destinatario (nozione intesa quale comprensiva dei conviventi e di altri soggetti quali collaboratori familiari e portiere – articoli 26 e 27) degli invii “a firma” (tra i quali le raccomandate – v. rispettivamente articoli 20 e 21) e, per tale ipotesi, stabilisce che l’invio sia messo a disposizione presso l’ufficio postale, cio’ di cui il destinatario riceve “avviso che gli indica” l’ufficio postale “per il ritiro”. (articoli 24 e 25 citt.). In relazione a tale precisazione da parte del regolamento, la prassi mostra un’evoluzione nel senso che tale “avviso”, oltre che indicare il luogo (ufficio postale o centro di distribuzione), indica altresi’ la data e l’ora a partire dalle quali il ritiro potra’ essere effettuato, in genere (in particolare quando l’avviso sia rilasciato seduta stante dall’agente postale e inserito nella casella postale del destinatario) non coincidenti con la data e l’ora di pervenimento dell’avviso all’indirizzo stesso del destinatario, posteriori (di alcune ore o anche di un paio di giorni, specialmente in corrispondenza di festivita’) in relazione all’esigenza organizzativa di restituzione dei plichi all’ufficio e di loro razionale predisposizione per la distribuzione. Si pone dunque il problema di stabilire se sia valida ancora la soluzione giurisprudenziale per cui sia, nel caso in esame, il rilascio da parte dell’agente postale dell’avviso di giacenza a segnare il momento di pervenimento della raccomandata all’indirizzo del destinatario ai fini anzidetti, o se invece detto momento debba essere posposto alla data e ora successivi, a partire dalle quali il plico ritorni effettivamente disponibile per la consegna, mancata all’indirizzo del destinatario. Al riguardo, questa corte non ravvisa ragioni per tale posposizione, alla luce del fatto che, come detto, al momento della tentata consegna, seguita dal rilascio dell’avviso di giacenza, il plico e’ comunque pervenuto all’indirizzo del destinatario, realizzandosi cosi’ il presupposto dell’articolo 1335 c.c., per cui la circostanza che le fasi temporali successive evidenzino ostacoli di mero fatto alla materiale conoscenza dell’atto, in relazione alle accennate esigenze organizzative del servizio postale (ma in maniera non dissimile, quanto agli effetti concreti, a quanto possa avvenire, ad es., in caso di consegna del plico a familiare convivente o al portiere che, poi, si assenti e non sia in grado per un breve periodo di riferire in ordine alla consegna e rendere disponibile lo stesso),non puo’ valere a introdurre differenziazioni nell’interpretazione della disciplina.
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