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Il motivo e’ infondato.
Secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, cui il collegio intendere dare continuita’, in caso di inadempimento di una obbligazione di valuta, quale quella in esame, il maggior danno di cui all’articolo 1224 c.c., comma 2, – spettante a qualunque creditore ne chieda il risarcimento, senza necessita’ di inquadrarlo in una apposita categoria – e’ determinato in via presuntiva nell’eventuale differenza, durante la mora, tra il tasso di rendimento medio annuo netto dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi e il saggio degli interessi legali (Cass. Ss.Uu. 19499/2008; Cass. n. 3954/2015).
Il danno da svalutazione monetaria dunque non e’ “in re ipsa”, ma deve essere provato dal creditore, quantomeno deducendo e dimostrando che il saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato di durata annuale e’ stato superiore, nelle more, agli interessi legali (Cass. 11943/2016).
A tale indirizzo si e’ attenuta la pronuncia impugnata.
Non risulta infatti che i ricorrenti incidentali abbiano specificamente dedotto e dimostrato che il saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato di durata annuale e’ stato superiore, nel periodo in esame, agli interessi legali, limitandosi a richiamare genericamente, solo nella memoria di replica, la gia’ menzionata massima delle Ss. UU. n. 19499/2008, che individua il maggior danno ex articolo 1224 c.c. ,nella differenza tra rendimento dei titoli di Stato ed interessi legali.
Il secondo motivo del ricorso incidentale denuncia la violazione degli articoli 1372 e 2932 c.c., lamentando che la Corte territoriale abbia omesso di dare rilievo alla pattuizione delle parti, di anticipato pagamento del prezzo, ed abbia subordinato la corresponsione del saldo al passaggio in giudicato della sentenza ex articolo 2932 c.c..
Il motivo e’ infondato.
Come evidenziato nella sentenza impugnata, la pattuizione di pagamento anticipato del corrispettivo a carico del promissario acquirente, contenuta negli originari contratti preliminari, deve ritenersi superata dalla pronuncia della sentenza costituiva di cui all’articolo 2932 c.c., atteso che le pronunce costitutive che tengono luogo dell’obbligo di concludere un contratto, essendo fonte autonoma di rapporti giuridici, spiegano i loro effetti solo dal momento del loro passaggio in giudicato (Cass. 17688/2010).
Da cio’ discende che, ai fini della domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto avente per oggetto il trasferimento della proprieta’ di un bene, colui che chiede il trasferimento non e’ necessariamente tenuto ad eseguire la propria prestazione, ancorche’ esigibile, purche’ ne faccia offerta, essendo all’uopo idonea anche la sola manifestazione di volonta’ del promissario acquirente, contenuta nell’atto di citazione, di corrispondere il residuo prezzo (Cass. 9314/2017).
In conclusione, vanno rigettati sia il ricorso principale che quello incidentale.
Considerata la soccombenza reciproca va disposta l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, sia da parte della ricorrente principale che dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13 comma 1 bis.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale.
Spese compensate.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, sia da parte della ricorrente principale che dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
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