[….segue pagina antecedente]
Il Supremo Collegio, nel pervenire alla soluzione giuridica elaborata nella citata sentenza n. 31617/2017, aveva dato atto dei diversi orientamenti contrapposti che avevano reso necessario il suo intervento, tra cui quello (Sez. 2 n. 14600 del 12/03/2014, Rv. 260145) che richiedeva, ai fini della confisca del denaro depositato su un conto corrente, che fosse dimostrato che il profitto del reato era stato versato su quel determinato conto e che pertanto sussistesse un nesso di pertinenzialita’ tra denaro e profitto del reato.
Orbene, le Sezioni Unite, in tale arresto, sono pervenute alla conclusione di aderire, invece, all’indirizzo della sentenza delle S.U. Gubert, n. 10651 del 30/01/2014, ed hanno quindi ritenuto che la confisca di una somma di denaro non e’ mai “per equivalente” ma e’ sempre diretta, e l’ablazione della somma non e’ subordinata alla verifica che la stessa provenga da delitto, e cio’ sul presupposto che la natura fungibile del bene, e la confusione delle somme che ne deriva nella composizione del patrimonio, rendono superflua la ricerca della provenienza con riferimento al prezzo ed al profitto del reato.
Le Sezioni Unite Lucci hanno, inoltre, evidenziato che, in linea generale, non e’ configurabile la confisca per equivalente di una somma di denaro, atteso che tale tipo di confisca presuppone che il relativo oggetto (ovvero il prezzo ed il profitto del reato) abbia una sua consistenza naturalistica e/o giuridica tale da permetterne l’ablazione, nel senso che, una volta entrato nel patrimonio dell’autore del reato, continui a mantenere la sua identificabilita’.
Invece, “ove il profitto o il prezzo del reato sia rappresentato da una somma di denaro, questa, non soltanto si confonde automaticamente con le altre disponibilita’ economiche dell’autore del fatto, ma perde – per il fatto stesso di essere ormai divenuta una appartenenza del reo qualsiasi connotato di autonomia quanto alla relativa identificabilita’ fisica. Non avrebbe, infatti, alcuna ragion d’essere – ne’ sul piano economico ne’ su quello giuridico – la necessita’ di accertare se la massa monetaria percepita quale profitto o prezzo dell’illecito sia stata spesa, occultata o investita: cio’ che rileva e’ che le disponibilita’ monetarie del percipiente si siano accresciute di quella somma, legittimando, dunque, la confisca in forma diretta del relativo importo, ovunque o presso chiunque custodito nell’interesse del reo…….. Ne’ e’ a dirsi, come parte della giurisprudenza mostra di ritenere, che la confisca del denaro costituente prezzo o profitto del reato, in assenza di elementi che dimostrino che proprio quella somma e’ stata versata su quel conto corrente, determinerebbe una sostanziale coincidenza della confisca diretta con quella di valore, dal momento che e’ la prova della percezione illegittima della somma che conta, e non la sua materiale destinazione: con la conseguenza che, agli effetti della confisca, e’ l’esistenza del numerarlo comunque accresciuto di consistenza a rappresentare l’oggetto da confiscare, senza che assumano rilevanza alcuna gli eventuali movimenti che possa aver subito quel determinato conto bancario”.
L’adesione a questo indirizzo interpretativo comporta, nel caso di specie, la conseguenza che non ha nessuna importanza che non sia stata fornita prova – non essendo stati effettuati accertamenti sui movimenti dei conti correnti bancari dell’indagata – che la somma sequestrata sul conto corrente per cui e’ procedimento non si ponesse in un rapporto di derivazione diretta con le indebite appropriazioni contestate alla ricorrente, rilevando soltanto
che le disponibilita’ monetarie della percipiente si fossero accresciute della somma corrispondente agli importi sottratti ai clienti delle (OMISSIS), cosi’ legittimando il sequestro finalizzato alla confisca in forma diretta del relativo importo, ovunque o presso chiunque custodito nell’interesse del reo.
[…segue pagina successiva]
Leave a Reply