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1. Il primo motivo di ricorso appare basato su argomentazioni che prescindono del tutto dal considerare come il Decreto Legislativo 8 aprile 2013, n. 39, articolo 19, recante disposizioni in materia di inconferibilita’ ed incompatibilita’ di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, all’articolo 19 prevede testualmente che “Lo svolgimento degli incarichi di cui al presente decreto in una delle situazioni di incompatibilita’ di cui ai capi 5 e 6 comporta la decadenza dall’incarico e la risoluzione del relativo contratto, di lavoro subordinato o autonomo, decorso il termine perentorio di quindici giorni dalla contestazione all’interessato, da parte del responsabile di cui all’articolo 15, dell’insorgere della causa di incompatibilita’.”
Ne discende non solo che, come affermato nel provvedimento impugnato, fosse doverosa la contestazione all’interessato – nella specie il prof. (OMISSIS) – della situazione di incompatibilita’ verificatasi tra componente del CdA dell’Universita’ e direttore del museo universitario, ma, altresi’, che la doglianza contenuta in ricorso non appare affatto considerare come la condizione di incompatibilita’ dia all’interessato la facolta’ di optare tra quale delle due cariche scegliere, non potendo essa essere considerata alla stregua di una sorta di cusa ineleggibilita’.
Nella specie, al contrario, la condotta ascritta al ricorrente, consistita nell’aver revocato il prof. (OMISSIS) dall’incarico assunto per primo, quale componente del CdA dell’Universita’, confligge non solo con la disciplina che prevede la contestazione all’interessato, ma con la natura stessa della condizione di incompatibilita’, assimilata illegittimamente ad una causa di ineleggibilita’, come peraltro riconosciuto anche in sede amministrativa, atteso che il provvedimento impugnato fa espresso riferimento ad una sentenza del TAR, favorevole al prof. (OMISSIS), da cui il ricorso prescinde del tutto.
Ne discende, pertanto, l’infondatezza del primo motivo di ricorso.
2. Parimenti infondato appare il secondo motivo di ricorso, basato su di una alternativa ricostruzione in fatto della vicenda, essendosi la difesa limitata a contestare le argomentazioni logico-ricostruttive del provvedimento, in base alle quali e’ stata delineata la condotta dell’indagato, consistita nell’alterazione materiale del contenuto dello schema di convenzione deliberato dal CdA dell’Universita’ in data 27/01/2015 e trasmesso al Provveditorato per le Opere Pubbliche.
Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa del ricorrente, il Tribunale del Riesame ha chiaramente indicato come, a far data dal 06/02/2015, data in cui il ricorrente aveva inviato al Provveditorato lo schema di delibera, non vi fosse stata alcuna altra comunicazione tra i due enti, ne’ in forma cartacea ne’ in forma telematica, per cui in data 18/02/2015 la seconda bozza, inviata dal (OMISSIS) ed alterata, era stata fatta pervenire del tutto autonomamente, senza che fosse intervenuta alcuna modifica dello schema di delibera da parte del Provveditorato. Detti accertamenti, che confutano in radice la prospettazione difensiva, non sono in alcun modo confutati dalla difesa, che si limita a riproporre, in ricorso, la propria alternativa ricostruzione dei fatti.
3. Fondato appare il terzo motivo di ricorso.
Come noto, pacificamente questa Corte regolatrice ha piu’ volte ribadito come il requisito dell’attualita’ del pericolo di reiterazione del reato, introdotto espressamente dalla L. 16 aprile 25, n. 47 nel testo dell’articolo 274 c.p.p., lettera c), costituisse gia’ prima della entrata in vigore della legge in questione un presupposto implicito per l’adozione della misura cautelare, in quanto necessariamente insito in quello della concretezza del pericolo, posto che l’attualita’ deve essere intesa non come imminenza del pericolo di commissione di ulteriori reati, ma come prognosi di commissioni di delitti analoghi, fondata su elementi concreti, rivelatori di una continuita’ ed effettivita’ del pericolo di reiterazione, attualizzata, al momento della adozione della misura, nella riconosciuta esistenza di occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati, non meramente ipotetiche ed astratte, ma probabili nel loro vicino verificarsi; la continuita’ del periculum libertatis, quindi, va apprezzata sulla base della vicinanza ai fatti in cui si e’ manifestata la potenzialita’ criminale dell’indagato, ovvero in base alla presenza di elementi indicativi recenti, idonei a dar conto di un effettivo pericolo di concretizzazione dei rischi che la misura e’ chiamata a neutralizzare, dovendo il giudice rispettare l’onere motivazionale relativamente alle ragioni per cui ritiene sussistenti entrambi i presupposti per l’applicazione od il mantenimento di una misura (Sez. 6, sentenza n. 24779 del 10/05/2016, Rando, Rv. 267830; Sez. 2, sentenza n. 18744 del 14/04/2016, Foti, Rv. 266946 Sez. 3, sentenza n. 12921 del 17/02/2016, Mazzilli, Rv. 266425).
Nel caso in esame la motivazione del Tribunale del Riesame non appare aver fatto buon governo degli indicati principi, atteso che la gestione personalistica della cosa pubblica e l’uso disinvolto delle funzioni rivestite, oltre alla violazione delle regole di corretta amministrazione, connotano senza alcun dubbio le modalita’ soggettive di commissione dei reati di cui all’imputazione provvisoria, ma nulla dicono in relazione alla effettivita’ del pericolo concreto di commissione di fatti analoghi.
Ne discende l’annullamento dell’impugnata ordinanza in riferimento alle esigenze cautelari, con rinvio al Tribunale di L’Aquila per nuovo esame sul punto, alla luce dei principi di diritto illustrati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata relativamente alle esigenze cautelari con rinvio al Tribunale di L’Aquila per nuovo esame sul punto.
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