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4.2 Cionondimeno, l’incidente di esecuzione non può essere utilizzato per far valere vizi afferenti il procedimento di cognizione e la sentenza che lo ha concluso, ostandovi le regole che disciplinano la cosa giudicata, la quale si forma anche nei confronti di provvedimenti affetti da nullità assoluta (tra le tante: Sez. 1, Sentenza n. 3370 del 13/12/2011, Rv. 251682). Tale preclusione, pertanto, rende improponibile e irricevibile la deduzione di violazione di legge per la omessa notifica al difensore di fiducia degli avvisi di udienza, al pari di quella della irrituale designazione di un difensore di ufficio ai sensi dell’art. 97 co. 4, posto che, i vizi denunciati non sopravvivono al giudicato, il quale opera con efficacia di sanatoria generale e, quindi, da esso rimangono coperti.
4.3 D’altra parte, come annotato opportunamente dal P.G. in sede e come ribadito da Sez. 1, n. 3370/11 citata, attribuire al giudice dell’esecuzione, dotato di una competenza funzionale limitata essendo la sua giurisdizione una proiezione ridotta di quella esercitata in sede cognitiva, il potere di accertare e dichiarare vizi verificatisi in un momento processuale anteriore alla pronuncia della sentenza definitiva, equivarrebbe a riconoscergli la potestà di invalidarla, in aperto contrasto con un sistema che, se pure contempla eccezioni al principio di intangibilità del giudicato, non consente, però, in ogni caso che, attraverso l’intervento degli organi giurisdizionali operanti in executivis, possa essere esercitato un controllo sul procedimento di cognizione in tutte le fasi del suo sviluppo.
4.4 Una volta, pertanto, che, con la sentenza definitiva, il processo è pervenuto al suo stadio conclusivo, gli eventuali vizi di atti o decisioni assunte nel corso dello stesso devono ritenersi superate, avendo esaurito il loro potenziale dirimente.
5. Va infine annotato che la difesa ricorrente non si è per nulla confrontato con tale principio di diritto sul quale il giudice territoriale ha fondato la sua decisione, di guisa che l’impugnazione in esame va dichiarata inammissibile, con le conseguenziali condanne, contemplate dall’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa per le ammende, somma che il Collegio stima equo determinare in Euro 2000,00.
P. T. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di Euro 2000,00 alla Cassa per le ammende.
Roma, addi 26 settembre 2017
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