Corte di Cassazione, sezione prima penale, sentenza 21 novembre 2017, n. 52979. Il diritto di impugnazione personale dell’imputato costituisce un’espressione di autodifesa

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L’articolo 100 c.p.p. prevede, con norma di portata generale applicabile a tutti i procedimenti disciplinati dal codice di rito penale, tra i quali deve annoverarsi anche il procedimento di sorveglianza disciplinato dall’articolo 678 e segg., che le parti lato sensu private – diverse dall’imputato, dal condannato e dalla persona detenuta o internata – devono stare in giudizio, in via di principio, col ministero di un difensore, munito di procura speciale.
Con specifico riguardo alla materia delle impugnazioni, l’articolo 571 c.p.p., riconosce la legittimazione generale a proporle, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, all’imputato, mentre il difensore di quest’ultimo e’ titolare di un’autonoma, e concorrente, legittimazione ad impugnare, allorche’ si tratti del difensore che assisteva l’imputato al momento del deposito del provvedimento suscettibile di impugnazione o che sia stato nominato a tal fine, e sempre che l’imputato non ritenga (insindacabilmente) di togliere efficacia all’impugnazione proposta dal suo difensore.
Dal sistema e’ dunque ricavabile il principio per cui, con la sola eccezione dell’imputato (oltre che, ovviamente, del pubblico ministero), le altre parti interessate, coinvolte nel processo o nel procedimento, possono impugnare i provvedimenti che le riguardano – nei limiti, naturalmente, in cui il diritto di impugnazione sia loro riconosciuto dalla legge – soltanto col ministero della difesa tecnica, essendo il difensore l’unico soggetto legittimato a esercitare lo ius impugnandi per conto e nell’interesse della parte da lui rappresentata, rispetto alla quale non e’ configurabile quello “sdoppiamento” di legittimazione che l’ordinamento riconosce eccezionalmente solo all’imputato e al suo difensore.
Il diritto di impugnazione personale dell’imputato costituisce un’espressione della componente di autodifesa riconosciuta alla persona accusata, nonche’ – in virtu’ del rinvio generale alla disciplina delle impugnazioni operato dall’articolo 666 c.p.p., comma 6 con riferimento al procedimento di esecuzione, ulteriormente esteso, in forza del rinvio per relationem contenuto nell’articolo 678, al procedimento di sorveglianza – alla persona condannata o in espiazione pena; si tratta di una facolta’ e di una legittimazione di natura eccezionale, che non puo’ essere estesa, salva l’esistenza di una norma speciale che espressamente lo preveda, alle altre parti del processo (diverse dal pubblico ministero), nei confronti delle quali l’esigenza di autodifesa dalla comminazione, dall’esecuzione o dall’espiazione di una sanzione di natura penale neppure si pone.
Una norma analoga a quella dell’articolo 571 c.p.p., che attribuisca alle Amministrazioni dello Stato un’autonoma facolta’ di impugnare direttamente i provvedimenti giudiziali, in particolare quelli emessi (come nella specie) in sede di reclamo giurisdizionale ex articolo 35-bis ord.pen., non e’ rinvenibile nell’ordinamento, con la conseguenza che deve trovare inderogabile applicazione nei loro confronti la norma generale del Regio Decreto n. 1611 del 1933, articolo 1, che stabilisce l’obbligo di avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato.
Un preciso dato testuale a supporto della conclusione cosi’ raggiunta e’, del resto, rinvenibile nel rinvio normativo operato dal comma 1 dell’articolo 35-bis ord.pen., per tutto quanto in esso non diversamente disposto, alla disciplina generale degli articoli 666 e 678 c.p.p., che include, dunque, anche il richiamo, contenuto nell’articolo 666 c.p.p., comma 6, delle “disposizioni sulle impugnazioni”, che non prevedono alcuna deroga – per le parti del procedimento diverse dall’imputato e dal condannato (e dal pubblico ministero) – all’obbligo di proporre impugnazione col patrocinio di un difensore tecnico.
7. Il Ministero della Giustizia, e in sua rappresentanza il Provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria per il Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, non era dunque legittimato a impugnare autonomamente, senza il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, il provvedimento con cui il magistrato di sorveglianza di Udine aveva accolto il reclamo-istanza ex articolo 35-ter ord.pen. del (OMISSIS), cosi’ che correttamente il Tribunale di sorveglianza di Trieste ha dichiarato inammissibile il reclamo-impugnazione proposto ex articolo 35-bis ord.pen., comma 4 senza che la difesa dell’amministrazione possa invocare eventuali situazioni di fatto, prassi o istruzioni interne tali da ostacolare o rendere difficoltoso il tempestivo intervento in giudizio dell’Avvocatura dello Stato.
Ne’ l’inammissibilita’ dell’impugnazione, discendente dalla sua proposizione da parte di un soggetto non legittimato ex articolo 591, comma 1, lettera a), poteva essere sanata dal Tribunale di sorveglianza mediante sollecitazione rivolta all’amministrazione penitenziaria di valersi della difesa tecnica prevista dalla legge (cosi’ come argomentato dal ricorrente nelle sue difese), in quanto il vizio originario dell’atto lo rendeva inidoneo ab initio alla finalita’ processuale perseguita, ostando alla valida instaurazione del giudizio di impugnazione.
8. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, senza che a cio’ consegua, tuttavia, la condanna dell’amministrazione pubblica ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, non ricorrendo in capo alla stessa la qualita’ di “parte privata” richiesta dall’articolo 616.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.

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