segue pagina antecedente
[…]
L’indagine, svolta sul piano dell’utilita’ in concreto piuttosto che sotto il profilo della funzionalita’ dell’attivita’ professionale prestata alle esigenze di risanamento proprie della procedura minore, si pone al di fuori dei parametri da cui la L. Fall., articolo 111, comma 2, fa discendere la collocazione in prededuzione e deve giocoforza essere rivista secondo la prospettiva di valutazione piu’ corretta.
5. Il secondo motivo di ricorso risulta invece infondato, dovendosi condividere la statuizione del Tribunale secondo cui la clausola determinativa del compenso a forfait e’ nulla nella parte in cui prevede (stabilendo che “in seguito al deposito del ricorso per la richiesta dell’accesso della societa’ alla procedura di concordato preventivo L. Fall., ex articolo 161, comma 6, l’onorario e’ dovuto per l’intero come sopra previsto in caso di dichiarazione di inammissibilita’ L. Fall., ex articolo 162, anche a seguito di quanto previsto dalla L. Fall., articolo 179, ovvero di revoca dell’ammissione al concordato preventivo L. Fall., ex articolo 173, ovvero di mancata omologa, il tutto per qualsiasi motivo o ragione”) l’erogazione dell’intero corrispettivo pattuito a prescindere dal completamento dell’opera professionale (attivita’ che e’ stata contrattualmente individuata per un ventaglio di prestazioni che andavano dall’analisi della documentazione aziendale e delle problematiche giuridiche sottese all’operazione, all’assistenza e consulenza legale nella predisposizione del ricorso per l’accesso alla procedura concordataria e dei relativi documenti, ivi compresa la redazione degli atti negoziali necessari alla miglior tutela del patrimonio aziendale in vista dell’introduzione della procedura, fino all’assistenza e consulenza nella fase giudiziale della procedura).
Non puo’ essere revocato in dubbio che la causa concreta del contratto concluso fra il professionista e la cliente sia stato l’intento di conseguire una composizione della crisi in cui versava (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione tramite lo svolgimento di una complessa attivita’ professionale da compiersi nella fase preparatoria e nel corso dell’intera procedura concordataria al fine di favorire la conservazione dei valori aziendali e assicurare la miglior soddisfazione dei creditori.
In un simile contesto negoziale la clausola sopra riportata non solo contrasta con il principio di imprescindibile correlazione fra prestazione e corrispettivo che si puo’ evincere dal generale paradigma di necessaria adeguatezza del compenso previsto dall’articolo 2233 c.c., comma 2, ma soprattutto prescinde e dissona con la causa concreta che ispira l’intera pattuizione negoziale.
Il tenore di un simile accordo individua infatti il corrispettivo a prescindere dal contenuto della prestazione professionale resa nell’evoluzione dell’attivita’ necessaria alla conclusione della procedura concordataria, rendendo tale prestazione del tutto acausale e svincolata dalla ragione concreta perseguita con la conclusione del contratto, vale a dire dagli intenti risanatori dell’imprenditore da perseguire, grazie alla protratta e costante collaborazione del professionista, nel corso dell’intera procedura.
E’ evidente poi che l’attivita’ risanatoria, per poter perseguire i risultati auspicati, doveva essere prestata secondo criteri di legalita’, canone a cui di certo non si ispira una pattuizione che incida negativamente sugli interessi dei creditori concorsuali tramite la costituzione di un credito prededucibile individuato in misura fissa senza alcuna parametrazione all’entita’ della prestazione effettivamente svolta.
Il contratto che persegua la soluzione della crisi di impresa tramite il prolungato e articolato intervento di un professionista non puo’ quindi prevedere, stante l’insanabile contrasto che si verrebbe cosi’ a creare con la causa concreta dallo stesso perseguita, l’obbligo di pagamento di un corrispettivo fisso a fronte di prestazioni variabili nella loro consistenza, dovendo invece ispirarsi a criteri di corrispettivita’ fra attivita’ compiuta e compenso dovuto.
Cio’ che e’ nullo quindi ex articoli 1325 e 1491 c.c., non e’ l’entita’ della quantificazione del compenso compiuta dalle parti, ma la pattuizione di insindacabilita’ della quantificazione a prescindere dalla consistenza della prestazione resa.
Non si presta quindi a censure la valutazione del giudice di merito che, una volta affermato il principio secondo cui, in caso di mancato completamento della prestazione, il credito del professionista deve essere determinato sulla base di un criterio di corrispettivita’ valutando la consistenza della prestazione compiuta, stante la nullita’ parziale della clausola che preveda comunque il pagamento dell’intero compenso stabilito, ha ritenuto che la prestazione professionale svolta, tenuto conto che l’incarico era venuto meno poco dopo l’inizio dell’attivita’, potesse essere compensata in misura proporzionale all’impegno realmente profuso.
Il motivo di ricorso risulta infine inammissibile laddove, sotto le spoglie dell’eccepito vizio di motivazione, tenta di introdurre un sindacato di fatto sulla valutazione della consistenza della prestazione resa, che rientra nei compiti propri del giudice di merito e non puo’ essere rivista in questa sede.
6. L’ultimo motivo di ricorso e’ infondato.
Il Tribunale di Civitavecchia, nel determinare il compenso spettante per l’attivita’ prestata al professionista tenendo conto “degli atti posti in essere nell’istruzione dell’anzidetta procedura di concordato preventivo”, in realta’ ha fatto applicazione della tariffa giudiziale (come e’ possibile indirettamente evincere dall’espressa individuazione del compenso minimo e massimo applicabile in coerenza con tale tariffa) ponendo a parametro per la determinazione dell’esatto scaglione l’entita’ del passivo del cliente debitore, ai sensi del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, articolo 21, comma 2, ed evocando, per mero errore materiale, l’articolo 22 piuttosto che l’articolo 6, di analogo contenuto.
Una simile statuizione, negando implicitamente l’esistenza di un’attivita’ stragiudiziale, non si presta a censure di sorta, ove si consideri che l’esclusione dell’applicabilita’ della tariffa stragiudiziale ai fini della liquidazione del compenso dovuto al ricorrente per l’attivita’ professionale prestata in vista della predisposizione della domanda di ammissione al concordato preventivo costituisce puntuale applicazione del principio, ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimita’, secondo cui tutte le prestazioni strettamente connesse e complementari all’introduzione e allo svolgimento della predetta procedura, anche se svolte al di fuori della stessa, non danno luogo al riconoscimento del compenso previsto per le prestazioni stragiudiziali, risultando questi ultimo applicabile soltanto quando, per la natura della procedura e la specificita’ dell’attivita’, le predette attivita’ non trovino adeguato corrispettivo nella tariffa relativa alle prestazioni giudiziali (cfr. Cass. 14443/2008; Cass. 13770/2007).
Pertanto le attivita’ stragiudiziali compiute dall’avvocato ai fini della presentazione della domanda di concordato preventivo strettamente connesse a quelle giudiziali vanno liquidate unitamente a quelle giudiziali in base alla tariffa giudiziale, ove le attivita’ prodromiche all’avvio della procedura siano complementari a quelle riguardanti direttamente lo studio della controversia, la redazione ed il deposito del ricorso e la partecipazione alle fasi successive del procedimento, cosi’ da ritenerne giustificata l’aggregazione in un’ unica prestazione complessa avente a oggetto la rappresentanza tecnica e la difesa della debitrice nell’ambito della procedura concorsuale (Cass. 24682/2017). Questi assunti, seppur espressi con riferimento a tariffe professionali non piu’ in vigore, si attagliano anche alla tariffa professionale attualmente in vigore, che prevede compensi determinati per fasi di carattere onnicomprensivo con possibilita’ di liquidazione dell’attivita’ stragiudiziale svolta prima o in concomitanza con l’attivita’ giudiziale soltanto se la stessa abbia un’autonoma rilevanza rispetto a quest’ultima ( Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, articolo 20), evenienza implicitamente esclusa dal collegio di merito.
7. In conclusione, una volta cassato senza rinvio il decreto del Tribunale di Civitavecchia in forza dei motivi sopra illustrati in accoglimento del primo motivo di ricorso, sara’ necessario, decidendo la causa nel merito ex articolo 384 c.p.c., comma 2, ammettere al passivo il credito dell’Avv. (OMISSIS), nella misura determinata all’interno del provvedimento impugnato (Euro 12.456,39 oltre accessori), in prededuzione.
Andranno integralmente compensate tanto le spese del giudizio di impugnazione, in ragione della reciproca soccombenza, quanto le spese del giudizio di legittimita’, tenuto conto del limitato accoglimento dei motivi di ricorso proposti.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta gli ulteriori motivi presentati, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, ammette il credito come liquidato in prededuzione al passivo del fallimento della societa’ (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione.
Ordina la variazione dello stato passivo del medesimo fallimento.
Compensa integralmente fra le parti le spese del giudizio di impugnazione L. Fall., ex articolo 98 e del presente giudizio di cassazione.
Leave a Reply