Suprema Corte di Cassazione
sezione IV
sentenza 5 febbraio 2015, n. 5413
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SIRENA Pietro – Presidente
Dott. BLAIOTTA Rocco M – Consigliere
Dott. VITELLI CASELLA Lu – rel. Consigliere
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere
Dott. DOVERE Salvato – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso l’ordinanza n. 156/2013 TRIB. LIBERTA’ di BENEVENTO, del 21/02/2014;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI CASELLA;
lette le conclusioni del PG Dott. Vito D’Ambrosio che ha richiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato in accoglimento del terzo motivo di ricorso; rigetto nel resto.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 28 marzo 2013, il Tribunale di Benevento in sede di riesame confermo’ il decreto 28 febbraio 2013 con cui il GIP del Tribunale di Benevento aveva disposto nei confronti di (OMISSIS), il sequestro preventivo di beni (finalizzato alla confisca) fino a concorrenza della somma di euro 1.855.907,14, quale profitto dei reati di frode fiscale relativi al periodo di imposta 2007 – 2011 nonche’ di quelli di truffa, consumata e tentata, volta al conseguimento di erogazioni pubbliche e di truffa aggravata in danno dello Stato, in ordine ai quali il predetto era indagato.
Con sentenza n. 49122/2013 la Corte di cassazione – Sezione Terza penale, in accoglimento del primo motivo del ricorso proposto dal predetto, annullava l’ordinanza sul rilievo della sussistenza dei lamentati vizi di mancanza assoluta di motivazione, rinviando gli atti allo stesso Tribunale per nuovo esame. Con ordinanza 21 febbraio 2014, il Tribunale di Benevento, quale giudice di rinvio, ha respinto il ricorso, confermando il decreto di sequestro preventivo. Avverso tale pronunzia ricorre per cassazione il (OMISSIS), per tramite del difensore, articolando tre distinti motivi, cosi’ riassunti.
Con il primo motivo denunzia il difensore la violazione dell’articolo 2621 c.c.. Assume il ricorrente che sia il P.M. che il Collegio del riesame avrebbero errato nell’ipotizzare la sussistenza della violazione dell’articolo 2621 cod. civile, contestata sul presupposto che fosse fittizia la svalutazione delle merci in magazzino esposta nei bilanci dal 2006 al 2009 della societa’ (OMISSIS) s.r.l., di cui il (OMISSIS) era amministratore unico pro-tempore, al fine di trarre in inganno ed in errore non i soci e gli altri destinatari delle comunicazioni sociali, ma un extraneus quale il fisco (trattandosi di reato a dolo specifico) posto che la suddetta societa’, al pari della (OMISSIS) s.r.l., era una societa’ a responsabilita’ limitata unipersonale.
Con il secondo motivo, si denunzia la violazione dell’articolo 627 c.p.p., comma 3, sotto il profilo del difetto, della contraddittorieta’ e della manifesta illogicita’ della motivazione. Lamenta nella sostanza il difensore come il Giudice di rinvio sia incorso nello stesso vizio di violazione di legge (da cui risulto’ inficiata l’ordinanza oggetto di annullamento) in ragione della mera apparenza ed apoditticita’ dell’apparato argomentativo del provvedimento impugnato. Quanto alla contestazione sub A ex articolo 2621 c.c., sarebbe stata del tutto omessa la motivazione circa la ritenuta fittizieta’ dell’operazione di svalutazione del magazzino della societa’. Ne’ sarebbero state prese in considerazione le valutazioni contenute nella consulenza tecnica di parte; cio’ in spregio allo specifico dictum della sentenza di annullamento.
Quanto ai reati di frode fiscale contestati per il periodo 2007 – 2011, il Giudice di rinvio, secondo la difesa, avrebbe fatto proprie soltanto le risultanze degli accertamenti svolti dalla Guardia di finanza che invero opero’ sulla base di presunzioni tributarie, cosi’ disattendendo una specifica censura enunciata dalla sentenza di annullamento, senza spiegare peraltro, per quali ragioni le valutazioni degli organi di P.G. avrebbero dovuto ritenersi prevalenti rispetto a quelle della difesa. Sostiene inoltre il difensore che i consulenti avevano fornito giustificazioni di ogni singolo movimento del c/c, dimostrando la fallacia contabile dei criteri adottati dalla Guardia di finanza.
In relazione alla imputazioni ex articoli 640 bis c.p., deduce il ricorrente che il Tribunale, omettendo di considerare la circolare del 13 dicembre 2000 del Ministero dell’industria, commercio ed artigianato, avrebbe ravvisato la sussistenza del fumus commissi delicti senza verificare l’assoluta correttezza delle dichiarazioni inviate dal (OMISSIS) in conformita’ al disposto della suddetta circolare. In realta’ il Giudice di rinvio, violando l’articolo 627 c.p.p., comma 3, avrebbe ancora utilizzato la relazione tecnica della banca concessionaria,ancorche’ censurata e ritenuta inconferente dalla sentenza di annullamento.
Con il terzo motivo si denunzia la violazione dell’articolo 322 ter c.p., limitatamente al sequestro preventivo finalizzato alla confisca dei beni immobili della (OMISSIS) s.r.l., costituita il (OMISSIS) e quindi ben prima della realizzazione delle condotte illecite contestate, peraltro, quale soggetto terzo estraneo ed incolpevole, non avendo delle stesse beneficiato. Ha richiamato sul punto il ricorrente l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte (di cui alla recente sentenza n. 10561 del 30 gennaio 2014 dep. 5 marzo 2014), che hanno affermato che non e’ consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti di una persona giuridica qualora non sia stato reperito il profitto del reato tributario compiuto dagli organi della stessa, salvoche la persona giuridica sia stata uno schermo fittizio. Privo di rilievo sarebbe comunque l’argomentazione addotta dal Tribunale del riesame in ordine alla disponibilita’ di beni della societa’ in capo al (OMISSIS), posto che a costui, in veste di amministratore di fatto e/o di diritto della societa’, viene contestato, sub capo n. 11, il delitto di cui all’articolo 646 c.p., articolo 61 c.p., n. 11, di appropriazione indebita di somme di danaro della stessa (OMISSIS) s.r.l. di guisa che la medesima societa’ risulta al contempo e per gli stessi fatti, persona offesa ed autrice interposta del medesimo reato “ovvero danneggiata e concorrente”. Deduce inoltre il ricorrente che la condotta contestata al (OMISSIS) neppure avrebbe consentito di ipotizzare che la societa’ in questione sia stata un mero “schermo predisposto dall’indagato per commettere gli illeciti tributari”, restando esclusa, nel caso di specie, la configurabilita’ di una interposizione fittizia della societa’,alla luce di quanto statuito dalla Sez. 3 con la sentenza n. 33371 del 2012, allorche’ la societa’ viene utilizzata dal reo per realizzare reati di frode fiscale od altri illeciti.
Con sentenza n. 49122/2013 la Corte di cassazione – Sezione Terza penale, in accoglimento del primo motivo del ricorso proposto dal predetto, annullava l’ordinanza sul rilievo della sussistenza dei lamentati vizi di mancanza assoluta di motivazione, rinviando gli atti allo stesso Tribunale per nuovo esame. Con ordinanza 21 febbraio 2014, il Tribunale di Benevento, quale giudice di rinvio, ha respinto il ricorso, confermando il decreto di sequestro preventivo. Avverso tale pronunzia ricorre per cassazione il (OMISSIS), per tramite del difensore, articolando tre distinti motivi, cosi’ riassunti.
Con il primo motivo denunzia il difensore la violazione dell’articolo 2621 c.c.. Assume il ricorrente che sia il P.M. che il Collegio del riesame avrebbero errato nell’ipotizzare la sussistenza della violazione dell’articolo 2621 cod. civile, contestata sul presupposto che fosse fittizia la svalutazione delle merci in magazzino esposta nei bilanci dal 2006 al 2009 della societa’ (OMISSIS) s.r.l., di cui il (OMISSIS) era amministratore unico pro-tempore, al fine di trarre in inganno ed in errore non i soci e gli altri destinatari delle comunicazioni sociali, ma un extraneus quale il fisco (trattandosi di reato a dolo specifico) posto che la suddetta societa’, al pari della (OMISSIS) s.r.l., era una societa’ a responsabilita’ limitata unipersonale.
Con il secondo motivo, si denunzia la violazione dell’articolo 627 c.p.p., comma 3, sotto il profilo del difetto, della contraddittorieta’ e della manifesta illogicita’ della motivazione. Lamenta nella sostanza il difensore come il Giudice di rinvio sia incorso nello stesso vizio di violazione di legge (da cui risulto’ inficiata l’ordinanza oggetto di annullamento) in ragione della mera apparenza ed apoditticita’ dell’apparato argomentativo del provvedimento impugnato. Quanto alla contestazione sub A ex articolo 2621 c.c., sarebbe stata del tutto omessa la motivazione circa la ritenuta fittizieta’ dell’operazione di svalutazione del magazzino della societa’. Ne’ sarebbero state prese in considerazione le valutazioni contenute nella consulenza tecnica di parte; cio’ in spregio allo specifico dictum della sentenza di annullamento.
Quanto ai reati di frode fiscale contestati per il periodo 2007 – 2011, il Giudice di rinvio, secondo la difesa, avrebbe fatto proprie soltanto le risultanze degli accertamenti svolti dalla Guardia di finanza che invero opero’ sulla base di presunzioni tributarie, cosi’ disattendendo una specifica censura enunciata dalla sentenza di annullamento, senza spiegare peraltro, per quali ragioni le valutazioni degli organi di P.G. avrebbero dovuto ritenersi prevalenti rispetto a quelle della difesa. Sostiene inoltre il difensore che i consulenti avevano fornito giustificazioni di ogni singolo movimento del c/c, dimostrando la fallacia contabile dei criteri adottati dalla Guardia di finanza.
In relazione alla imputazioni ex articoli 640 bis c.p., deduce il ricorrente che il Tribunale, omettendo di considerare la circolare del 13 dicembre 2000 del Ministero dell’industria, commercio ed artigianato, avrebbe ravvisato la sussistenza del fumus commissi delicti senza verificare l’assoluta correttezza delle dichiarazioni inviate dal (OMISSIS) in conformita’ al disposto della suddetta circolare. In realta’ il Giudice di rinvio, violando l’articolo 627 c.p.p., comma 3, avrebbe ancora utilizzato la relazione tecnica della banca concessionaria,ancorche’ censurata e ritenuta inconferente dalla sentenza di annullamento.
Con il terzo motivo si denunzia la violazione dell’articolo 322 ter c.p., limitatamente al sequestro preventivo finalizzato alla confisca dei beni immobili della (OMISSIS) s.r.l., costituita il (OMISSIS) e quindi ben prima della realizzazione delle condotte illecite contestate, peraltro, quale soggetto terzo estraneo ed incolpevole, non avendo delle stesse beneficiato. Ha richiamato sul punto il ricorrente l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte (di cui alla recente sentenza n. 10561 del 30 gennaio 2014 dep. 5 marzo 2014), che hanno affermato che non e’ consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti di una persona giuridica qualora non sia stato reperito il profitto del reato tributario compiuto dagli organi della stessa, salvoche la persona giuridica sia stata uno schermo fittizio. Privo di rilievo sarebbe comunque l’argomentazione addotta dal Tribunale del riesame in ordine alla disponibilita’ di beni della societa’ in capo al (OMISSIS), posto che a costui, in veste di amministratore di fatto e/o di diritto della societa’, viene contestato, sub capo n. 11, il delitto di cui all’articolo 646 c.p., articolo 61 c.p., n. 11, di appropriazione indebita di somme di danaro della stessa (OMISSIS) s.r.l. di guisa che la medesima societa’ risulta al contempo e per gli stessi fatti, persona offesa ed autrice interposta del medesimo reato “ovvero danneggiata e concorrente”. Deduce inoltre il ricorrente che la condotta contestata al (OMISSIS) neppure avrebbe consentito di ipotizzare che la societa’ in questione sia stata un mero “schermo predisposto dall’indagato per commettere gli illeciti tributari”, restando esclusa, nel caso di specie, la configurabilita’ di una interposizione fittizia della societa’,alla luce di quanto statuito dalla Sez. 3 con la sentenza n. 33371 del 2012, allorche’ la societa’ viene utilizzata dal reo per realizzare reati di frode fiscale od altri illeciti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso e’ infondato.
Emerge pacificamente, dalla motivazione del provvedimento impugnato come da quella del decreto di sequestro preventivo, che la misura cautelare ha quale presupposto il fumus commissi delicti dei reati di frode fiscale e di tentata truffa volta al conseguimento di erogazioni pubbliche e di truffa aggravata ai danni dello Stato. Le censure riferite all’imputazione ex articolo 2621 c.c. (capo n.) appaiono,quindi, in tale ottica inconferenti, potendo invece aver rilievo agli effetti della disamina delle questioni relative all’affermazione di colpevolezza o meno del (OMISSIS) anche in ordine a tale reato, tuttavia rimesse al giudice della cognizione.
Egualmente infondato e’ il secondo motivo di ricorso. Osserva preliminarmente il Collegio che, secondo il chiaro disposto dell’articolo 325 c.p.p., il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza di riesame in tema di sequestro preventivo e’ ammissibile solo per violazione di legge. E’ vero tuttavia che, in base all’orientamento costante consolidatosi nel tempo nella giurisprudenza di legittimita’ (cfr. ex multis: Sez. 6 n. 3265/1999; Sez. 6 n. 24250/2003; S.U. n. 25932/2008), la totale mancanza di motivazione, come pure la motivazione soltanto apparente, integrano vizi di violazione di legge, atteso il disposto dell’articolo 125 c.p.p., comma 3 (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c) e non vizi della motivazione (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e). Nella concreta fattispecie, ad onta delle obiezioni del ricorrente, l’ordinanza impugnata va giudicata immune dal vizio di violazione di legge,dedotto sotto tale profilo. Per affermare la sussistenza del requisito del fumus commissi delicti dei contestati reati di frode fiscale, il Giudice di rinvio, in ossequio al disposto dell’articolo 627 c.p.p., ha sottolineato l’insufficienza delle pretese giustificazioni rese dall’indagato a contestazione dell’accusa, sostanzialmente basate sull’apodittico assunto secondo il quale “tutte le movimentazioni bancarie in entrata, avvenute non per contanti, ma con strumenti dalla traenza rintracciabile,quali assegni bancari, circolari bonifici in entrata e operazioni extraconto quali cambio assegni terzi etc., non possono essere considerati, in assenza di adeguati riscontri, redditi conseguiti in evasione di imposta”. L’iter argomentativo seguito dal Tribunale trae in realta’ origine dalla confutazione e dalla comparazione degli elementi evidenziati, a sostegno dell’accusa, dalle indagini di P.G. con “quelli contenuti nelle consulenze di parte”, previo esame delle operazioni di svalutazione e di rivalutazione di merci (ex se considerate in quanto sintomatiche di evasione fiscale) oltreche’ di quelle di accredito, sui conti correnti personali dell’indagato, di ingenti somme di danaro provenienti dalla (OMISSIS) s.r.l. (divenuta successivamente (OMISSIS) s.r.l., come riportato dai capi di imputazione), oggetto di analitica descrizione e verifica in relazione al periodo d’imposta 2007-2011 previa indicazione, a titolo esemplificativo, di quanto esposto, per le singole annualita’, nei diversi allegati del verbale redatto dalla Guardia di Finanza (cfr. pag. 4 e 5 dell’ordinanza impugnata). Con motivazione perfettamente congrua, del tutto coerente con la valutazione obiettiva del materiale documentale proveniente dall’accusa e dalla difesa, oltreche’ basata su inferenze logicamente incensurabili, il Giudice di rinvio e’ prevenuto correttamente ad affermare, in via conclusiva, che il fumus dei reati di frode ed evasione fiscale, contestati al (OMISSIS) sia in veste di amministratore unico della (OMISSIS) s.r.l. (gia’ (OMISSIS) s.r.l.) sia quale persona fisica esercente attivita’ imprenditoriale, appariva concretamente desumibile dalla non giustificabile discrasia – documentalmente riscontrata – tra il dato obiettivo delle denunzie dei redditi relativi agli anni dal 2007 al 2011 “ai limiti della indigenza presentate dal (OMISSIS)” (con indicazione, in un caso, di redditi pari a zero) e l’accredito di ingenti somme (versate in contanti o tramite bonifici ed assegni bancari) provenienti anche dalla (OMISSIS) s.r.l. Siffatte operazioni erano risultate prive di “qualsivoglia altra plausibile giustificazione” apparendo invece solamente spiegabili, a livello del fumus sorretto da un quadro indiziario congruamente adeguato alla presente sede cautelare, come attivita’ finalizzate a far giungere sui conti correnti personali del (OMISSIS) “gli introiti dell’attivita’ di impresa della (OMISSIS) s.r.l. di cui il (OMISSIS) era amministratore unico e socio, attivita’ che, in virtu’ di concreti riscontri, risultava effettuata in nero”. All’ambito delle vendite “in nero”, ovviamente da occultare, il Tribunale ha logicamente riferito anche l’operazione di “svalutazione del magazzino della societa’ per euro 6.614.590,00 e la fittizia appostazione in bilancio di finanziamenti del socio (OMISSIS) per euro 5.813.049,00”, illogicamente ed incomprensibilmente giustificata dalla “rilevata obsolescenza delle merci medesime” (di cui alla nota redatta dallo stesso (OMISSIS) in qualita’ di amministratore unico della societa’, in data 5 luglio 2007) a fronte invece di una situazione di lenta (se non di nulla) obsolescenza e di deprezzamento che, come la comune esperienza insegna, connota il genere merceologico de quo, costituito da gioielli in oro (spesso firmati) e da pietre preziose. Ha ancora ineccepibilmente sottolineato il Giudice di rinvio che la svalutazione delle merci vendute “in nero” con la conseguente mancanza di incassi e della contabilizzazione di ricavi nel bilancio della stessa societa’ (in quanto “dirottati” sui conti personali del (OMISSIS)) aveva determinato mancanza di liquidita’, causa, a sua volta, della incapacita’ di effettuare acquisti di merce e di far fronte ai costi di gestione dei diversi punti vendita. Per ovviare a tale inconveniente, il (OMISSIS) (mediante operazioni ad esempio di giroconto contabile non corredate delle necessarie delibere e della relativa documentazione contabile, da porre all’esame dell’assemblea dei soci) aveva proceduto all’operazione di finanziamento soci in ragione della somma di euro 5.813.049,00, integrante all’evidenza un mero artifizio contabile (come pure messo in luce dal provvedimento impugnato) avuto riguardo al gia’ ricordato dato oggettivo della logica incompatibilita’ con la irrisorieta’ dei redditi denunziati dallo stesso indagato.
La sussistenza del requisito del fumus dei delitti di cui agli articoli 640 bis, 56 e 640 bis c.p., e articolo 640 cpv. c.p., n. 1, (in riferimento alle false attestazioni di aver avviato ed esercitato attivita’ alberghiera, condizione dell’agevolazione finanziaria di cui alla legge n. 488 del 1992) risulta altresi’ adeguatamente ed esaustivamente motivato dal Giudice di rinvio, diversamente dalle censure dedotte dal ricorrente. Ora, esclusa ovviamente la “rivisitazione” nella presente sede di legittimita’, dell’apprezzamento delle emergenze di fatto (esclusivamente riservato al giudice di merito) cui il ricorrente intenderebbe indurre il Collegio in punto della verifica della diversa tipologia della struttura ricettiva realizzata ed della data di inizio dell’effettiva attivita’ svolta, differente da quella alberghiera, deve rilevarsi che il Tribunale ha legittimamente ritenuto, alla stregua della consulenza tecnica finale sullo stato degli investimenti redatta dalla banca concessionaria (OMISSIS) sulla base del sopralluogo compiuto il 16 febbraio 2010 (trasmessa al Ministero dello sviluppo economico) che non fosse stata realizzata una struttura ricettiva con caratteristiche alberghiere (posto che “le unita’ sono conformate ed utilizzate come appartamenti veri e propri”) ma con quelle diverse assimilabili alle “tipologie del residence e della dimora privata”. Il Giudice del rinvio inoltre, seguendo un iter motivazionale saldamente ancorato al dato documentale e con questo coerente, peraltro specificamente riportando diffusamente un eloquente passo delle richiamata relazione tecnica concernente lo stato di fatto delle unita’ abitative riscontrato in esito al sopralluogo, ha proceduto a puntuale confutazione delle tesi difensive, evidenziando l’infondatezza e l’inconferenza del contrario assunto del (OMISSIS) che avrebbe inteso dimostrare “l’effettivo svolgimento dell’attivita’ alberghiera” mediante la indicazione in contabilita’ delle fatture di vendita delle camere per gli anni di imposta 2011 e 2012. A confutazione di tale assunto, ha evidenziato il Tribunale che la struttura alberghiera avrebbe dovuto entrare in funzione gia’ nel 2007, mentre invece lo svolgimento dell’asserita attivita’ alberghiera sarebbe stato temporalmente collocato in epoca successiva ai “sopralluoghi effettuati nel 2010 dalla banca concessionaria (OMISSIS)”. Conclusivamente ritiene il Collegio non superfluo annotare, alla stregua dell’apprezzamento complessivo delle suddette censure articolate dal ricorrente, che, in linea di principio, al Giudice del riesame delle misure cautelari reali e’ demandato, entro il perimetro valutativo ed entro i limiti della summaria cognitio, di verificare, nell’ambito del devolutum, la sussistenza del fumus commissi delicti dei reati contestati all’indagato e del periculum in mora che deve sorreggere l’adozione del decreto di sequestro preventivo nell’ottica che la tempestiva adozione, in via d’urgenza, del vincolo di indisponibilita’ sul bene o sui beni dell’indagato costituisca l’unico rimedio per garantire le esigenze cautelari onde consentirne la futura confisca od anche la confisca per equivalente. E’ quindi ovvio che del tutto differenti devono rivelarsi le valutazioni delle risultanze compiute, in tale ambito, dal giudice del riesame rispetto a quelle demandate al giudice della cognizione ai fini dell’affermazione di colpevolezza o meno dell’indagato. Deve invece trovare accoglimento il terzo motivo di impugnazione,come sostenuto dal Procuratore Generale.
Il sequestro preventivo disposto dal GIP con decreto 28 febbraio 2013 nei confronti del (OMISSIS) (di cui il Tribunale ha confermato la legittimita’) ha invero colpito, oltre a beni mobili ed immobili di diretta pertinenza dell’indagato, anche beni immobili appartenenti alla s.r.l. (OMISSIS), quali beni di cui e’ prevista la confisca anche per equivalente ai sensi degli articoli 322 ter e 640 quater c.p., nonche’ della Legge 26 dicembre 2007, n. 244, articolo 1. Orbene il provvedimento impugnato, come dedotto dal ricorrente, e’ affetto dai lamentati vizi in punto al sequestro caduto su detti beni immobili, risultati nella disponibilita’ della societa’ stessa (e non dell’amministratore indagato, attesa la separazione tra il patrimonio della persona fisica e quello della societa’ di capitali quale persona giuridica) che effettivamente non risulta in alcuno dei capi di imputazione “associata” alla posizione dell’indagato. Al contrario, la s.r.l. (OMISSIS) al capo n. 11 figura invero quale parte offesa del delitto di cui all’articolo 646 c.p., articolo 61 c.p., nn. 7 e 11, contestato al (OMISSIS), per essersi appropriato,a proprio o ad altrui profitto, di somme di danaro della societa’. Il che verosimilmente indurrebbe ad escludere che questa possa aver svolto il ruolo di “schermo” predisposto dal (OMISSIS) per commettere i reati tributari de quibus: unica ipotesi che, secondo quanto statuito dalle S.U. di questa Corte con la sentenza n. 10561 del 2104, renderebbe legittima l’adozione del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di cui alla Legge n. 244 del 2007, articolo 1, comma 143, e articolo 322 ter c.p., sul rilievo della relazione di stretta strumentante della societa’, quale “apparato fittizio”, agli effetti della realizzazione dei reati tributari ad opera del proprio amministratore di fatto o di diritto. Al riguardo, nessun accenno e’ dato rinvenire nella motivazione dell’ordinanza impugnata. Ne’ peraltro questa contiene alcun accenno, nel confermare la legittimita’ del sequestro preventivo cosiccome disposto, alla diversa ipotesi che, con riferimento ai beni immobili della s.r.l. (OMISSIS), la misura cautelare risulti finalizzata ad attuare la confisca diretta del profitto del reato, di cui all’articolo 240 c.p., come prescritto dall’articolo 322 ter c.p. (ancor prima di procedere a quella per equivalente) nel caso in cui i beni immobili altro non siano che il prodotto della “trasformazione” del danaro, quale profitto del reato sottratto alla imposizione tributaria, come ancora chiarito dalle S.U. con la citata sentenza pronunziata anteriormente al deposito dell’ordinanza impugnata, la cui motivazione veniva tuttavia depositata successivamente, con la quale appare necessario si confronti, previo ulteriore rinvio, il Tribunale in sede di nuovo esame, esteso anche alla rivisitazione delle altre questioni sottese all’applicazione della Legge n. 244 del 2007, articolo 1, comma 143, e articolo 322 ter c.p..
Emerge pacificamente, dalla motivazione del provvedimento impugnato come da quella del decreto di sequestro preventivo, che la misura cautelare ha quale presupposto il fumus commissi delicti dei reati di frode fiscale e di tentata truffa volta al conseguimento di erogazioni pubbliche e di truffa aggravata ai danni dello Stato. Le censure riferite all’imputazione ex articolo 2621 c.c. (capo n.) appaiono,quindi, in tale ottica inconferenti, potendo invece aver rilievo agli effetti della disamina delle questioni relative all’affermazione di colpevolezza o meno del (OMISSIS) anche in ordine a tale reato, tuttavia rimesse al giudice della cognizione.
Egualmente infondato e’ il secondo motivo di ricorso. Osserva preliminarmente il Collegio che, secondo il chiaro disposto dell’articolo 325 c.p.p., il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza di riesame in tema di sequestro preventivo e’ ammissibile solo per violazione di legge. E’ vero tuttavia che, in base all’orientamento costante consolidatosi nel tempo nella giurisprudenza di legittimita’ (cfr. ex multis: Sez. 6 n. 3265/1999; Sez. 6 n. 24250/2003; S.U. n. 25932/2008), la totale mancanza di motivazione, come pure la motivazione soltanto apparente, integrano vizi di violazione di legge, atteso il disposto dell’articolo 125 c.p.p., comma 3 (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c) e non vizi della motivazione (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e). Nella concreta fattispecie, ad onta delle obiezioni del ricorrente, l’ordinanza impugnata va giudicata immune dal vizio di violazione di legge,dedotto sotto tale profilo. Per affermare la sussistenza del requisito del fumus commissi delicti dei contestati reati di frode fiscale, il Giudice di rinvio, in ossequio al disposto dell’articolo 627 c.p.p., ha sottolineato l’insufficienza delle pretese giustificazioni rese dall’indagato a contestazione dell’accusa, sostanzialmente basate sull’apodittico assunto secondo il quale “tutte le movimentazioni bancarie in entrata, avvenute non per contanti, ma con strumenti dalla traenza rintracciabile,quali assegni bancari, circolari bonifici in entrata e operazioni extraconto quali cambio assegni terzi etc., non possono essere considerati, in assenza di adeguati riscontri, redditi conseguiti in evasione di imposta”. L’iter argomentativo seguito dal Tribunale trae in realta’ origine dalla confutazione e dalla comparazione degli elementi evidenziati, a sostegno dell’accusa, dalle indagini di P.G. con “quelli contenuti nelle consulenze di parte”, previo esame delle operazioni di svalutazione e di rivalutazione di merci (ex se considerate in quanto sintomatiche di evasione fiscale) oltreche’ di quelle di accredito, sui conti correnti personali dell’indagato, di ingenti somme di danaro provenienti dalla (OMISSIS) s.r.l. (divenuta successivamente (OMISSIS) s.r.l., come riportato dai capi di imputazione), oggetto di analitica descrizione e verifica in relazione al periodo d’imposta 2007-2011 previa indicazione, a titolo esemplificativo, di quanto esposto, per le singole annualita’, nei diversi allegati del verbale redatto dalla Guardia di Finanza (cfr. pag. 4 e 5 dell’ordinanza impugnata). Con motivazione perfettamente congrua, del tutto coerente con la valutazione obiettiva del materiale documentale proveniente dall’accusa e dalla difesa, oltreche’ basata su inferenze logicamente incensurabili, il Giudice di rinvio e’ prevenuto correttamente ad affermare, in via conclusiva, che il fumus dei reati di frode ed evasione fiscale, contestati al (OMISSIS) sia in veste di amministratore unico della (OMISSIS) s.r.l. (gia’ (OMISSIS) s.r.l.) sia quale persona fisica esercente attivita’ imprenditoriale, appariva concretamente desumibile dalla non giustificabile discrasia – documentalmente riscontrata – tra il dato obiettivo delle denunzie dei redditi relativi agli anni dal 2007 al 2011 “ai limiti della indigenza presentate dal (OMISSIS)” (con indicazione, in un caso, di redditi pari a zero) e l’accredito di ingenti somme (versate in contanti o tramite bonifici ed assegni bancari) provenienti anche dalla (OMISSIS) s.r.l. Siffatte operazioni erano risultate prive di “qualsivoglia altra plausibile giustificazione” apparendo invece solamente spiegabili, a livello del fumus sorretto da un quadro indiziario congruamente adeguato alla presente sede cautelare, come attivita’ finalizzate a far giungere sui conti correnti personali del (OMISSIS) “gli introiti dell’attivita’ di impresa della (OMISSIS) s.r.l. di cui il (OMISSIS) era amministratore unico e socio, attivita’ che, in virtu’ di concreti riscontri, risultava effettuata in nero”. All’ambito delle vendite “in nero”, ovviamente da occultare, il Tribunale ha logicamente riferito anche l’operazione di “svalutazione del magazzino della societa’ per euro 6.614.590,00 e la fittizia appostazione in bilancio di finanziamenti del socio (OMISSIS) per euro 5.813.049,00”, illogicamente ed incomprensibilmente giustificata dalla “rilevata obsolescenza delle merci medesime” (di cui alla nota redatta dallo stesso (OMISSIS) in qualita’ di amministratore unico della societa’, in data 5 luglio 2007) a fronte invece di una situazione di lenta (se non di nulla) obsolescenza e di deprezzamento che, come la comune esperienza insegna, connota il genere merceologico de quo, costituito da gioielli in oro (spesso firmati) e da pietre preziose. Ha ancora ineccepibilmente sottolineato il Giudice di rinvio che la svalutazione delle merci vendute “in nero” con la conseguente mancanza di incassi e della contabilizzazione di ricavi nel bilancio della stessa societa’ (in quanto “dirottati” sui conti personali del (OMISSIS)) aveva determinato mancanza di liquidita’, causa, a sua volta, della incapacita’ di effettuare acquisti di merce e di far fronte ai costi di gestione dei diversi punti vendita. Per ovviare a tale inconveniente, il (OMISSIS) (mediante operazioni ad esempio di giroconto contabile non corredate delle necessarie delibere e della relativa documentazione contabile, da porre all’esame dell’assemblea dei soci) aveva proceduto all’operazione di finanziamento soci in ragione della somma di euro 5.813.049,00, integrante all’evidenza un mero artifizio contabile (come pure messo in luce dal provvedimento impugnato) avuto riguardo al gia’ ricordato dato oggettivo della logica incompatibilita’ con la irrisorieta’ dei redditi denunziati dallo stesso indagato.
La sussistenza del requisito del fumus dei delitti di cui agli articoli 640 bis, 56 e 640 bis c.p., e articolo 640 cpv. c.p., n. 1, (in riferimento alle false attestazioni di aver avviato ed esercitato attivita’ alberghiera, condizione dell’agevolazione finanziaria di cui alla legge n. 488 del 1992) risulta altresi’ adeguatamente ed esaustivamente motivato dal Giudice di rinvio, diversamente dalle censure dedotte dal ricorrente. Ora, esclusa ovviamente la “rivisitazione” nella presente sede di legittimita’, dell’apprezzamento delle emergenze di fatto (esclusivamente riservato al giudice di merito) cui il ricorrente intenderebbe indurre il Collegio in punto della verifica della diversa tipologia della struttura ricettiva realizzata ed della data di inizio dell’effettiva attivita’ svolta, differente da quella alberghiera, deve rilevarsi che il Tribunale ha legittimamente ritenuto, alla stregua della consulenza tecnica finale sullo stato degli investimenti redatta dalla banca concessionaria (OMISSIS) sulla base del sopralluogo compiuto il 16 febbraio 2010 (trasmessa al Ministero dello sviluppo economico) che non fosse stata realizzata una struttura ricettiva con caratteristiche alberghiere (posto che “le unita’ sono conformate ed utilizzate come appartamenti veri e propri”) ma con quelle diverse assimilabili alle “tipologie del residence e della dimora privata”. Il Giudice del rinvio inoltre, seguendo un iter motivazionale saldamente ancorato al dato documentale e con questo coerente, peraltro specificamente riportando diffusamente un eloquente passo delle richiamata relazione tecnica concernente lo stato di fatto delle unita’ abitative riscontrato in esito al sopralluogo, ha proceduto a puntuale confutazione delle tesi difensive, evidenziando l’infondatezza e l’inconferenza del contrario assunto del (OMISSIS) che avrebbe inteso dimostrare “l’effettivo svolgimento dell’attivita’ alberghiera” mediante la indicazione in contabilita’ delle fatture di vendita delle camere per gli anni di imposta 2011 e 2012. A confutazione di tale assunto, ha evidenziato il Tribunale che la struttura alberghiera avrebbe dovuto entrare in funzione gia’ nel 2007, mentre invece lo svolgimento dell’asserita attivita’ alberghiera sarebbe stato temporalmente collocato in epoca successiva ai “sopralluoghi effettuati nel 2010 dalla banca concessionaria (OMISSIS)”. Conclusivamente ritiene il Collegio non superfluo annotare, alla stregua dell’apprezzamento complessivo delle suddette censure articolate dal ricorrente, che, in linea di principio, al Giudice del riesame delle misure cautelari reali e’ demandato, entro il perimetro valutativo ed entro i limiti della summaria cognitio, di verificare, nell’ambito del devolutum, la sussistenza del fumus commissi delicti dei reati contestati all’indagato e del periculum in mora che deve sorreggere l’adozione del decreto di sequestro preventivo nell’ottica che la tempestiva adozione, in via d’urgenza, del vincolo di indisponibilita’ sul bene o sui beni dell’indagato costituisca l’unico rimedio per garantire le esigenze cautelari onde consentirne la futura confisca od anche la confisca per equivalente. E’ quindi ovvio che del tutto differenti devono rivelarsi le valutazioni delle risultanze compiute, in tale ambito, dal giudice del riesame rispetto a quelle demandate al giudice della cognizione ai fini dell’affermazione di colpevolezza o meno dell’indagato. Deve invece trovare accoglimento il terzo motivo di impugnazione,come sostenuto dal Procuratore Generale.
Il sequestro preventivo disposto dal GIP con decreto 28 febbraio 2013 nei confronti del (OMISSIS) (di cui il Tribunale ha confermato la legittimita’) ha invero colpito, oltre a beni mobili ed immobili di diretta pertinenza dell’indagato, anche beni immobili appartenenti alla s.r.l. (OMISSIS), quali beni di cui e’ prevista la confisca anche per equivalente ai sensi degli articoli 322 ter e 640 quater c.p., nonche’ della Legge 26 dicembre 2007, n. 244, articolo 1. Orbene il provvedimento impugnato, come dedotto dal ricorrente, e’ affetto dai lamentati vizi in punto al sequestro caduto su detti beni immobili, risultati nella disponibilita’ della societa’ stessa (e non dell’amministratore indagato, attesa la separazione tra il patrimonio della persona fisica e quello della societa’ di capitali quale persona giuridica) che effettivamente non risulta in alcuno dei capi di imputazione “associata” alla posizione dell’indagato. Al contrario, la s.r.l. (OMISSIS) al capo n. 11 figura invero quale parte offesa del delitto di cui all’articolo 646 c.p., articolo 61 c.p., nn. 7 e 11, contestato al (OMISSIS), per essersi appropriato,a proprio o ad altrui profitto, di somme di danaro della societa’. Il che verosimilmente indurrebbe ad escludere che questa possa aver svolto il ruolo di “schermo” predisposto dal (OMISSIS) per commettere i reati tributari de quibus: unica ipotesi che, secondo quanto statuito dalle S.U. di questa Corte con la sentenza n. 10561 del 2104, renderebbe legittima l’adozione del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di cui alla Legge n. 244 del 2007, articolo 1, comma 143, e articolo 322 ter c.p., sul rilievo della relazione di stretta strumentante della societa’, quale “apparato fittizio”, agli effetti della realizzazione dei reati tributari ad opera del proprio amministratore di fatto o di diritto. Al riguardo, nessun accenno e’ dato rinvenire nella motivazione dell’ordinanza impugnata. Ne’ peraltro questa contiene alcun accenno, nel confermare la legittimita’ del sequestro preventivo cosiccome disposto, alla diversa ipotesi che, con riferimento ai beni immobili della s.r.l. (OMISSIS), la misura cautelare risulti finalizzata ad attuare la confisca diretta del profitto del reato, di cui all’articolo 240 c.p., come prescritto dall’articolo 322 ter c.p. (ancor prima di procedere a quella per equivalente) nel caso in cui i beni immobili altro non siano che il prodotto della “trasformazione” del danaro, quale profitto del reato sottratto alla imposizione tributaria, come ancora chiarito dalle S.U. con la citata sentenza pronunziata anteriormente al deposito dell’ordinanza impugnata, la cui motivazione veniva tuttavia depositata successivamente, con la quale appare necessario si confronti, previo ulteriore rinvio, il Tribunale in sede di nuovo esame, esteso anche alla rivisitazione delle altre questioni sottese all’applicazione della Legge n. 244 del 2007, articolo 1, comma 143, e articolo 322 ter c.p..
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Benevento per nuovo esame
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