Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 11 marzo 2014, n. 5596
Svolgimento del processo
Con ricorso ex art.447 bis cpc depositato il 4.5.2004 C.S. esponeva di condurre in locazione ad uso abitativo un’unità immobiliare sita in (omissis); che tale immobile, già di proprietà della CA.RA. srl il 5.11.2003 era stato alienato ai coniugi D.G.F. e G.A. per il prezzo di Euro 35.000,00 senza preventivamente informare essa conduttrice, rimasta priva della facoltà di esercitare la prelazione nell’acquisto ai sensi degli artt. 3 legge 431/98 e 38 legge 392/78. Ciò premesso, chiedeva accertarsi l’inadempimento della CA.RA., riconoscersi il suo diritto ad esercitare il riscatto previa declaratoria di inefficacia del contratto di compravendita suindicato, trasferirsi a suo favore la proprietà dell’immobile dal 5.11.2003, dietro versamento del prezzo di vendita. In esito al giudizio, in cui si costituivano sia la CA.RA. sia i coniugi D.G., il Tribunale di Torre Annunziata accoglieva le domande attrici, dichiarando inefficace nei confronti della C. la compravendita, accertando il riscatto dell’immobile in favore della ricorrente, ordinando a quest’ultima il versamento, in favore dei coniugi D.G. , della somma di Euro 35.000.00, oltre interessi e rivalutazione. Avverso tale decisione proponevano appello i coniugi D.G. e la CA.RA. ed in esito al giudizio, in cui si costituiva la C. , la Corte di Appello di Napoli con sentenza depositata in data 4 maggio 2009, in riforma dell’impugnata sentenza, rigettava la domanda proposta dalla C. , diretta ad ottenere il riconoscimento del diritto della stessa ad esercitare, con riferimento all’immobile di cui è causa, il diritto di riscatto nei confronti delle controparti ed ordinava al Conservatore dei RR II di Napoli di provvedere alla cancellazione della trascrizione della sentenza impugnata, compensava le spese del doppio grado.
Avverso la detta sentenza la soccombente ha quindi proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi, illustrato da memoria. Resistono con controricorso i coniugi D.G. nonché la società CA.RA., la quale ha proposto a sua volta ricorso incidentale condizionato. I coniugi D.G. hanno altresì depositato memoria illustrativa a norma dell’art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione
In via preliminare, deve rilevarsi che il ricorso principale e quello incidentale sono stati riuniti, in quanto proposti avverso la stessa sentenza.
Procedendo all’esame del ricorso principale, va rilevato che, con la prima doglianza, deducendo la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2 commi 1 e 3 lettera g) legge 431/98, 38 e 39 legge 392/78, nonché carenza di motivazione su un fatto controverso, la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per aver la Corte di Appello erroneamente interpretato le norme sopra indicate, trascurando che la CA.RA. nel giugno 2003 aveva inviato la disdetta per la prima scadenza del 30.4.2004, senza indicare la motivazione per evitare l’insorgenza del diritto di prelazione in favore del conduttore ai sensi dell’art. 3 lett. g) legge 431/98.
Inoltre – il rilievo sostanzia la successiva doglianza per violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 cod. civ. – la Corte territoriale avrebbe errato quando ha statuito che il giudice nell’interpretare il contratto deve arrestarsi al significato letterale delle parole. Infatti l’interprete deve indagare quale sia l’effettiva intenzione della parte e, conseguentemente, deve valutare il suo comportamento anche successivo.
Infine – e si passa ad esaminare l’ultima doglianza, svolta per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1 legge Cost. 1 del 1948, 23 legge n.87/1953 nonché per carenza motivazionale – la ricorrente, premesso che l’attribuzione del diritto di prelazione o di riscatto al solo conduttore che abbia contratto con un locatore poco abbiente sarebbe “irrazionale”, eccepisce l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 lettera g) legge n.431/98, in relazione agli artt. 3 e 47 comma 2 Cost., nella parte in cui limita l’attribuzione dei benefici previsti dagli artt.38 e 39 della legge 392/78 al caso in cui il locatore intenda vendere l’immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione.
I motivi in questione, che vanno esaminati congiuntamente in quanto sia pure sotto diversi ed articolati profili, prospettano ragioni di censura intimamente connesse tra loro, non colgono nel segno e vanno disattesi.
A riguardo, deve premettersi che il contratto de quo, stipulato prima della entrata in vigore della legge n.431/98, esattamente in data 1.1.1984, prorogato per legge di quattro anni in quattro, recava infine il termine – utile per la comunicazione della disdetta da parte del locatore – venuto a scadenza in epoca successiva al 30 dicembre 1998, esattamente nel gennaio 2000, e vedeva pertanto realizzato il presupposto della rinnovazione nel vigore della nuova legge.
Ora, secondo l’ormai consolidato orientamento di questa Corte, l’art. 2 u.c. L. n. 431 del 1998 va interpretato nel senso che, se il contratto si rinnova tacitamente nella vigenza della nuova legge, per mancanza di una disdetta che il locatore avrebbe potuto fare, ma che non ha fatto, il rapporto resta assoggettato a tale nuova disciplina integralmente, e quindi con riferimento anche alla doppia durata quadriennale, alla stregua della legislazione vigente al momento della scelta, (v. Cass. n. 7985/2010 in motivazione. Conformi, Cass. n. 15005/08 e Cass. n. 17995/07).
Sulla base di tale premessa, consegue quindi che, nel caso di specie, essendo entrata in vigore la disciplina stabilita dal comma 1 dell’art.2 citato, il contratto de quo, a far data dall’1.1.2000, prevedeva una durata di anni quattro, decorsi i quali il contratto si sarebbe rinnovato per un periodo di ulteriori quattro anni fino al 2008, salvi i casi in cui il locatore intendesse adibire l’immobile agli usi o effettuare sullo stesso le opere di cui all’art.3 ovvero vendere l’immobile alle condizioni e con le modalità di cui al medesimo articolo 3.
Nell’ultima ipotesi, a fronte del diniego di rinnovazione della locazione alla prima scadenza – ai fini di una vendita dell’immobile a terzi – comunicatogli dal locatore secondo le modalità di legge, il conduttore avrebbe potuto esercitare il diritto di prelazione con le modalità di cui agli articoli 38 e 30 della legge n.392/78.
Senonché nelle more la società locatrice nel giugno del 2003 ebbe ad inviare alla conduttrice una generica lettera di “disdetta contratto di locazione” manifestando la volontà di non “più rinnovare il relativo contratto di locazione con naturale scadenza in data 30 aprile ‘04 per finita locazione”, senza indicare alcuno degli specifici motivi che giustificassero il diniego di rinnovazione alla prima scadenza e soprattutto senza alcun riferimento alla sua eventuale intenzione di vendere l’immobile a terzi.
Sulla base di tali fatti, occorre quindi stabilire se la generica disdetta inviata dalla società locatrice abbia fatto nascere o meno nella conduttrice il diritto di prelazione e di riscatto azionati nella presente controversia.
Ora, se è vero che, nella comunicazione del locatore del diniego di rinnovo del contratto, ai sensi dell’art. 3 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, deve essere specificato, a pena di nullità, il motivo, tra quelli tassativamente indicati dalla stessa norma, sul quale la disdetta è fondata, in modo da consentire, in caso di controversia, la verifica “ex ante” della serietà e della realizzabilità dell’intenzione dedotta in giudizio e, comunque, il controllo, dopo l’avvenuto rilascio, circa l’effettiva destinazione dell’immobile all’uso indicato nell’ipotesi in cui il conduttore estromesso reclami l’applicazione delle sanzioni ivi previste a carico del locatore (v. Cass. n. 936/2013), è altrettanto vero che, qualora il locatore si limiti a manifestare la propria opposizione alla rinnovazione senza addurre alcuna giustificazione, notificando al conduttore una disdetta senza alcuna menzione della volontà di cedere a terzi la proprietà dell’immobile – anche perché, magari, tale volontà non si è ancora formata – la disdetta è priva di effetti con conseguente diritto dei conduttore a ottenere solamente la rinnovazione del contratto per l’ulteriore quadriennio, normativamente previsto in difetto di diniego.
Del resto, questa Corte ha già avuto modo di statuire a riguardo che, nel vigore della L. 9 dicembre 1998, n. 431, in caso di alienazione a terzi, successivamente alla intimazione della disdetta da parte del locatore, dell’immobile locato, in tanto sussiste il diritto di prelazione del conduttore e, quindi, il diritto di riscattare, nei confronti del terzo acquirente, l’immobile condotto in locazione, in quanto il locatore abbia manifestato, nella disdetta, la intenzione di vendere a terzi l’unità immobiliare. Al contrario, il diritto di prelazione (e di riscatto) non sorge qualora la disdetta sia immotivata, derivando da tale circostanza – accertato che la disdetta è stata, illegittimamente, intimata per la prima scadenza – unicamente il diritto del conduttore alla rinnovazione del contratto“, (sul punto v. Cass. n. 25450/2010).
Ed invero, “prevedendo, la norma da ultima richiamata una ipotesi di prelazione ex lege e, quindi, introducendosi con la stessa una limitazione alla autonomia contrattuale della parte locatrice, quanto alla scelta del soggetto cui alienare il proprio immobile, è palese che con la stessa, a norma dell’art. 14 preleggi, è stata introdotta una disposizione che fa eccezione a regole generali e la stessa, pertanto, non si applica oltre i casi e i tempi in essa considerati (cfr. Cass. n. 4914/2003; Cass. n. 9206/2001, Cass. n. 8468/99, Cass. n. 25450/2010 in motivazione).
Ma vi è di più.
Si deve infatti sottolineare che il riconoscimento del diritto di prelazione non è normativamente previsto, in favore del conduttore in assoluto, in quanto conduttore, ma solo nella limitata ipotesi in cui il locatore gli abbia intimato disdetta per la prima scadenza, comunicandogli di voler cedere la proprietà a terzi. E ciò, come misura atta a compensare in qualche modo il sacrificio del mancato godimento dell’immobile tolto in locazione, per l’ulteriore quadriennio normativamente previsto, a fronte della utilità, per il locatore, purché sprovvisto di altri immobili ad uso abitativo, oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione, di poter vendere a terzi il bene, ad un prezzo maggiore, corrispondente a quello di mercato per gli immobili liberi.
Ed è appena il caso di sottolineare come quest’ultima considerazione, volta a chiarire la ratio della norma in esame, evidenzi senza necessità di ulteriore commento la manifesta infondatezza – e l’irrilevanza ai fini della decisione – della questione di illegittimità costituzionale sollevata dalla ricorrente.
Ciò premesso, considerato che il tema decisionale del giudizio di appello aveva ormai ad oggetto unicamente la fondatezza o meno della domanda proposta dalla C. , diretta ad ottenere il riconoscimento del diritto della stessa ad esercitare il diritto di prelazione e di riscatto nei confronti delle controparti; considerata l’infondatezza delle doglianze proposte,con cui la ricorrente ha lamentato la pretesa erroneità del rigetto della detta domanda, da parte della Corte di secondo grado; considerato che la sentenza non merita le censure avanzate, correggendosi la motivazione nei termini innanzi precisati ex art. 384 ultima parte c.p.c.; tutto ciò considerato, ne deriva il rigetto del ricorso per cassazione in esame, in esso assorbito il ricorso incidentale condizionato proposto dalla società CA.RA., per violazione dell’art.3 co.l lettera g) legge 431/98 e per omessa pronuncia su un motivo di gravame.
Sussistono giusti motivi per compensare fra tutte le parti le spese di questo giudizio per l’obiettiva controvertibilità della questione trattata, e ciò, anche alla luce dell’alternarsi degli esiti delle decisioni di merito.
P.Q.M.
La Corte, decidendo sui ricorsi riuniti, rigetta il ricorso principale, assorbito quello incidentale condizionato. Compensa tra tutte le parti le spese del giudizio di legittimità.
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