Suprema Corte di Cassazione
sezione II
sentenza 6 ottobre 2014, n. 41435
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENTILE Mario – Presidente
Dott. CASUCCI G. – rel. Consigliere
Dott. DE CRESCIENZO Ugo – Consigliere
Dott. DIOTALLEVI Giovanni – Consigliere
Dott. CARRELLI P.D.M. Roberto – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ASSOC. (OMISSIS);
ASSOC. (OMISSIS);
ASSOC. (OMISSIS);
ASSOC. (OMISSIS);
avverso l’ordinanza n. 6/2014 TRIB. LIBERTA’ di TRENTO, del 25/02/2014;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIULIANO CASUCCI;
sentite le conclusioni del PG Dott. Roberto Aniello che ha chiesto il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ordinanza in data 25 febbraio 2014, il Tribunale di Trento, sezione per il riesame, in riforma dell’ordinanza del GIP del Tribunale in sede, ha disposto il sequestro preventivo di beni, a fini di confisca, a carico delle seguenti associazioni, per l’importo per ciascuna di seguito indicato, rimettendo al P.M. appellante per l’esecuzione previa individuazione dei beni aggredibili, (OMISSIS) per la somma di euro 49.806,06; (OMISSIS) per la somma di euro. 278.699,43; (OMISSIS) per la somma di euro 17.500,06;; (OMISSIS) per la somma di euro 155.459,68 in relazione ai reati di cui agi articoli 640 bis e 81 cpv. c.p., ascrivibili ai rispettivi legali rappresentanti; Associazione (OMISSIS) per la somma di euro 58.408,77 in relazione al reato di cui all’articolo 316 bis c.p., ascrivibile al suo legale rappresentante.
Il Tribunale, dato atto che il GIP, pur avendo condiviso la richiesta del PM in ordine alla sussistenza del fumus degli illeciti penale ascritti, aveva rigettato al richiesta perche’ a suo avviso il Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 19, non consentirebbe la confisca per equivalente, ha osservato che tale valutazione non fosse condivisibile. Pacifico essendo che e’ consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente sui beni intestati all’indagato a norma dell’articolo 640 quater c.p., sulla base della giurisprudenza di legittimita’ (da ultimo Cass. SU del 30.1.2014) deve ritenersi consentito il detto sequestro, nei confronti della persona giuridica per truffa ai danni di ente pubblico commessa dal legale rappresentante, finalizzato alla confisca di danaro o di altri beni fungibili o di beni comunque direttamente riconducibili al profitto del reato, mentre non e’ consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di ulteriori beni della persona giuridica.
Contro tale decisione hanno proposto tempestivo ricorso, in persona dei rispettivi legali rappresentanti, le associazioni (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e Associazione (OMISSIS), a mezzo del difensore, che ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi: – violazione di legge per errata applicazione della Legge n. 231 del 2001, articolo 19, il quale impone alla pubblica accusa la previa individuazione dei beni che concretamente costituiscono il profitto del reato. Solo in seconda battuta, a fronte della prova positiva dell’impossibilita’ di individuare tali beni, consente di procedere alla confisca (sequestro) per equivalente. Nel caso in esame l’individuazione dei beni da sottoporre a sequestro preventivo non e’ stata neppure tentata, sicche’ correttamente il GIP non aveva accolto la richiesta del PM; – violazione di legge per errata applicazione del Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 53, per assenza dei gravi indizi di reato, non essendo sufficiente la mera corrispondenza fra fattispecie astratta e fattispecie concreta per ritenere soddisfatto il requisito del fumus, gravita’ indiziaria nel caso insussistente; – illegittimita’ costituzionale della Legge n. 231 del 2001, articolo 53 (19), in riferimento all’articolo 76 Cost. (c.d. eccesso di delega) posto che la legge di delega n. 300 del 2000, articolo 11, non contiene alcun riferimento alla possibilita’ di applicare in via cautelare la misura del sequestro preventivo.
Il Tribunale, dato atto che il GIP, pur avendo condiviso la richiesta del PM in ordine alla sussistenza del fumus degli illeciti penale ascritti, aveva rigettato al richiesta perche’ a suo avviso il Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 19, non consentirebbe la confisca per equivalente, ha osservato che tale valutazione non fosse condivisibile. Pacifico essendo che e’ consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente sui beni intestati all’indagato a norma dell’articolo 640 quater c.p., sulla base della giurisprudenza di legittimita’ (da ultimo Cass. SU del 30.1.2014) deve ritenersi consentito il detto sequestro, nei confronti della persona giuridica per truffa ai danni di ente pubblico commessa dal legale rappresentante, finalizzato alla confisca di danaro o di altri beni fungibili o di beni comunque direttamente riconducibili al profitto del reato, mentre non e’ consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di ulteriori beni della persona giuridica.
Contro tale decisione hanno proposto tempestivo ricorso, in persona dei rispettivi legali rappresentanti, le associazioni (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e Associazione (OMISSIS), a mezzo del difensore, che ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi: – violazione di legge per errata applicazione della Legge n. 231 del 2001, articolo 19, il quale impone alla pubblica accusa la previa individuazione dei beni che concretamente costituiscono il profitto del reato. Solo in seconda battuta, a fronte della prova positiva dell’impossibilita’ di individuare tali beni, consente di procedere alla confisca (sequestro) per equivalente. Nel caso in esame l’individuazione dei beni da sottoporre a sequestro preventivo non e’ stata neppure tentata, sicche’ correttamente il GIP non aveva accolto la richiesta del PM; – violazione di legge per errata applicazione del Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 53, per assenza dei gravi indizi di reato, non essendo sufficiente la mera corrispondenza fra fattispecie astratta e fattispecie concreta per ritenere soddisfatto il requisito del fumus, gravita’ indiziaria nel caso insussistente; – illegittimita’ costituzionale della Legge n. 231 del 2001, articolo 53 (19), in riferimento all’articolo 76 Cost. (c.d. eccesso di delega) posto che la legge di delega n. 300 del 2000, articolo 11, non contiene alcun riferimento alla possibilita’ di applicare in via cautelare la misura del sequestro preventivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso e’ infondato. Va ribadito che in tema di responsabilita’ da reato degli enti, il decreto di sequestro preventivo per equivalente del profitto del reato presupposto non deve contenere l’indicazione specifica dei beni che devono essere sottoposti al vincolo, potendo procedere alla loro individuazione anche la polizia giudiziaria in sede di esecuzione del provvedimento, ma deve indicare la somma sino a concorrenza della quale il sequestro deve essere eseguito (Cass. Sez. 2, 29.5.2013 n. 35813; Cass. Sez. 3, 12.7.2012-7.3.2013 n. 10567; Cass. Sez. 2, 27.1.2010 n. 6974).
Non sfugge il diverso orientamento (Cass. Sez. 3, 28.3.2013 n. 31742; Cass. Sez. 3, 26.9.2013 n. 42639), che tuttavia non considera che, stante la natura della confisca per equivalente (cfr. Cass. SU 25.10.2005 n. 41939), si prescinde dal nesso di pertinenzialita’ del bene da confiscare. Sul punto vale anche rammentare l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte con la recente sentenza n. 10561 del 2014 che (pur avendo come oggetto specifico di esame la questione della possibilita’ di procedere a confisca per equivalente dei beni della persona giuridica per reati tributari commessi dai suoi organi) non ha mancato di ricostruire il quadro generale di riferimento costituito dal Decreto Legislativo n. 231 del 2001. In particolare ha rammentato che a norma dell’articolo 6, comma 5, del citato decreto delegato – in ossequio peraltro a specifica previsione della legge di delega: Legge n. 300 del 2000, articolo 11, comma 1, lettera i), – anche nei confronti degli enti per i quali non sia applicabile la confisca-sanzione di cui all’articolo 19 dello stesso decreto per essere stati efficacemente attuati i modelli organizzativi per impedire la commissione di reati da parte dei rappresentanti dell’ente (modelli organizzativi che nel caso in esame non risulta siano stati approntati), e’ “comunque disposta la confisca del profitto che l’ente ha tratto dal reato, anche nella forma per equivalente”, previsione di carattere generale (spiegano le Sezioni Unite) “secondo un prospettiva non di tipo sanzionatorio, essendo fuori discussione la “irresponsabilita’” dell’ente, ma di ripristino dell’ordine economico perturbato dal reato, che comunque ha determinato un’ illegittima locupletazione dell’ente, ad “obiettivo” vantaggio del quale il reato e’ stato commesso dal suo rappresentante”.
Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente e’ consentito solo quando non siano reperibili i beni costituenti il profitto del reato (Cass. Sez. 3, n. 30930 del 2009), ma, spiegano ancora del Sezioni unite, “…e’ necessario tuttavia chiarire che, versandosi in materia di misura cautelare reale, non e’ possibile pretendere la preventiva ricerca generalizzata dei beni costituenti il profitto del reato, giacche’, durante il tempo necessario per l’espletamento di tale ricerca, potrebbero essere occultati gli altri beni suscettibili di confisca per equivalente, cosi’ vanificando ogni esigenza cautelare”. Dal che si trae la conclusione che e’ legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di beni costituenti profitto illecito anche quando l’impossibilita’ del loro reperimento sia soltanto transitoria e reversibile, purche’ sussistente al momento della richiesta e dell’adozione della misura (Cass. Sez. 2, n. 2823/2009).
2. Il secondo motivo di ricorso, che denuncia erronea applicazione dell’articolo 53 Decreto Legislativo per assenza di gravi indizi di reato, e’ infondato.
In tema di responsabilita’ dipendente da reato degli enti e persone giuridiche, per il sequestro preventivo dei beni di cui e’ obbligatoria la confisca, eventualmente anche per equivalente, e quindi, secondo il disposto dal Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 19, dei beni che costituiscono prezzo e profitto del reato, non occorre la prova della sussistenza degli indizi di colpevolezza, ne’ la loro gravita’, ne’ il “periculum” richiesto per il sequestro preventivo di cui all’articolo 321 c.p.p., comma 1, essendo sufficiente accertarne la confiscabilita’ una volta che sia astrattamente possibile sussumere il fatto in una determinata ipotesi di reato (Cass. Sez. 2, 16.2.2006 n. 9829). Il diverso orientamento interpretativo (Cass. Sez. 6, n. 34505 del 2012) si fonda su interpretazione estensiva del dettato normativo ed addebita al legislatore delegato di avere mutuato criteri propri del sistema processuale penale in tema di sequestro preventivo. Vero e’ che la confisca disciplinata dal Decreto Legislativo in esame costituisce una delle sanzioni a carico degli enti, ma il legislatore nel disciplinare le misure cautelari a carico degli stessi ha richiesto la verifica dei gravi indizi di responsabilita’ solo per le misure interdittive cautelari e non per il sequestro preventivo finalizzato alla confisca.
3. La questione di legittimita’ costituzionale e’ manifestamente infondata.
Vero e’ che la legge di delega alla Legge n. 300 del 2000, articolo 11, lettera o), indica al governo di “prevedere che le sanzioni di cui alla lettera l) sono applicabili anche in sede cautelare…” mentre per la sanzione di cui alla lettera i) (cioe’ la confisca) non e’ prevista delega per l’applicazione in sede cautelare, ma tanto ha logica giustificazione nella considerazione che le sanzioni di cui alla lettera I) non trovano alcuna corrispondenza nelle misure di tipo interdittivo disciplinate dal codice di procedura penale. Al contrario il sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto o del prezzo del reato, anche nella forma per equivalente, e’ gia’ regolato nell’ambito dell’ordinamento di tipo processuale. Il legislatore non doveva quindi fornire alcuna delega al governo sul punto, perche’ non necessaria ed anzi proprio la previsione di cui al citato articolo 11, lettera o), rafforza il convincimento che il legislatore ha voluto che anche per le persone giuridiche vi sia applicazione in sede cautelare delle misure irrogabili nei loro confronti.
4. Il ricorso deve in conseguenza essere rigettato con condanna degli enti ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 28 reg. esec. c.p.p..
Non sfugge il diverso orientamento (Cass. Sez. 3, 28.3.2013 n. 31742; Cass. Sez. 3, 26.9.2013 n. 42639), che tuttavia non considera che, stante la natura della confisca per equivalente (cfr. Cass. SU 25.10.2005 n. 41939), si prescinde dal nesso di pertinenzialita’ del bene da confiscare. Sul punto vale anche rammentare l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte con la recente sentenza n. 10561 del 2014 che (pur avendo come oggetto specifico di esame la questione della possibilita’ di procedere a confisca per equivalente dei beni della persona giuridica per reati tributari commessi dai suoi organi) non ha mancato di ricostruire il quadro generale di riferimento costituito dal Decreto Legislativo n. 231 del 2001. In particolare ha rammentato che a norma dell’articolo 6, comma 5, del citato decreto delegato – in ossequio peraltro a specifica previsione della legge di delega: Legge n. 300 del 2000, articolo 11, comma 1, lettera i), – anche nei confronti degli enti per i quali non sia applicabile la confisca-sanzione di cui all’articolo 19 dello stesso decreto per essere stati efficacemente attuati i modelli organizzativi per impedire la commissione di reati da parte dei rappresentanti dell’ente (modelli organizzativi che nel caso in esame non risulta siano stati approntati), e’ “comunque disposta la confisca del profitto che l’ente ha tratto dal reato, anche nella forma per equivalente”, previsione di carattere generale (spiegano le Sezioni Unite) “secondo un prospettiva non di tipo sanzionatorio, essendo fuori discussione la “irresponsabilita’” dell’ente, ma di ripristino dell’ordine economico perturbato dal reato, che comunque ha determinato un’ illegittima locupletazione dell’ente, ad “obiettivo” vantaggio del quale il reato e’ stato commesso dal suo rappresentante”.
Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente e’ consentito solo quando non siano reperibili i beni costituenti il profitto del reato (Cass. Sez. 3, n. 30930 del 2009), ma, spiegano ancora del Sezioni unite, “…e’ necessario tuttavia chiarire che, versandosi in materia di misura cautelare reale, non e’ possibile pretendere la preventiva ricerca generalizzata dei beni costituenti il profitto del reato, giacche’, durante il tempo necessario per l’espletamento di tale ricerca, potrebbero essere occultati gli altri beni suscettibili di confisca per equivalente, cosi’ vanificando ogni esigenza cautelare”. Dal che si trae la conclusione che e’ legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di beni costituenti profitto illecito anche quando l’impossibilita’ del loro reperimento sia soltanto transitoria e reversibile, purche’ sussistente al momento della richiesta e dell’adozione della misura (Cass. Sez. 2, n. 2823/2009).
2. Il secondo motivo di ricorso, che denuncia erronea applicazione dell’articolo 53 Decreto Legislativo per assenza di gravi indizi di reato, e’ infondato.
In tema di responsabilita’ dipendente da reato degli enti e persone giuridiche, per il sequestro preventivo dei beni di cui e’ obbligatoria la confisca, eventualmente anche per equivalente, e quindi, secondo il disposto dal Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 19, dei beni che costituiscono prezzo e profitto del reato, non occorre la prova della sussistenza degli indizi di colpevolezza, ne’ la loro gravita’, ne’ il “periculum” richiesto per il sequestro preventivo di cui all’articolo 321 c.p.p., comma 1, essendo sufficiente accertarne la confiscabilita’ una volta che sia astrattamente possibile sussumere il fatto in una determinata ipotesi di reato (Cass. Sez. 2, 16.2.2006 n. 9829). Il diverso orientamento interpretativo (Cass. Sez. 6, n. 34505 del 2012) si fonda su interpretazione estensiva del dettato normativo ed addebita al legislatore delegato di avere mutuato criteri propri del sistema processuale penale in tema di sequestro preventivo. Vero e’ che la confisca disciplinata dal Decreto Legislativo in esame costituisce una delle sanzioni a carico degli enti, ma il legislatore nel disciplinare le misure cautelari a carico degli stessi ha richiesto la verifica dei gravi indizi di responsabilita’ solo per le misure interdittive cautelari e non per il sequestro preventivo finalizzato alla confisca.
3. La questione di legittimita’ costituzionale e’ manifestamente infondata.
Vero e’ che la legge di delega alla Legge n. 300 del 2000, articolo 11, lettera o), indica al governo di “prevedere che le sanzioni di cui alla lettera l) sono applicabili anche in sede cautelare…” mentre per la sanzione di cui alla lettera i) (cioe’ la confisca) non e’ prevista delega per l’applicazione in sede cautelare, ma tanto ha logica giustificazione nella considerazione che le sanzioni di cui alla lettera I) non trovano alcuna corrispondenza nelle misure di tipo interdittivo disciplinate dal codice di procedura penale. Al contrario il sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto o del prezzo del reato, anche nella forma per equivalente, e’ gia’ regolato nell’ambito dell’ordinamento di tipo processuale. Il legislatore non doveva quindi fornire alcuna delega al governo sul punto, perche’ non necessaria ed anzi proprio la previsione di cui al citato articolo 11, lettera o), rafforza il convincimento che il legislatore ha voluto che anche per le persone giuridiche vi sia applicazione in sede cautelare delle misure irrogabili nei loro confronti.
4. Il ricorso deve in conseguenza essere rigettato con condanna degli enti ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 28 reg. esec. c.p.p..
P.Q.M.
Dichiara manifestamente infondata la questione di legittimita’ costituzionale del Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231, articolo 53, in relazione all’articolo 76 Cost..
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Si provveda a norma dell’articolo 28 reg. esec. c.p.p..
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Si provveda a norma dell’articolo 28 reg. esec. c.p.p..
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