Suprema Corte di Cassazione
sezione II
sentenza 16 marzo 2015, n. 5163
REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NUZZO Laurenza – Presidente
Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere
Dott. PETITTI Stefano – Consigliere
Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere
Dott. ABETE Luigi – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 13444/2009 proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti e c/ricorrenti all’incidentale –
contro
(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– c/ricorrenti e ricorrenti incidentali subordinati –
avverso la sentenza n. 146/2008 della CORTE D’APPELLO di TRENTO depositata il 04/06/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/12/2014 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA;
udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore dei ricorrenti che ha chiesto l’accoglimento del ricorso principale e il rigetto del ricorso incidentale;
udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore del ricorrente incidentale che ha chiesto il rigetto del ricorso principale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto, del ricorso principale assorbito il ricorso incidentale condizionato.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NUZZO Laurenza – Presidente
Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere
Dott. PETITTI Stefano – Consigliere
Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere
Dott. ABETE Luigi – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 13444/2009 proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti e c/ricorrenti all’incidentale –
contro
(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– c/ricorrenti e ricorrenti incidentali subordinati –
avverso la sentenza n. 146/2008 della CORTE D’APPELLO di TRENTO depositata il 04/06/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/12/2014 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA;
udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore dei ricorrenti che ha chiesto l’accoglimento del ricorso principale e il rigetto del ricorso incidentale;
udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore del ricorrente incidentale che ha chiesto il rigetto del ricorso principale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto, del ricorso principale assorbito il ricorso incidentale condizionato.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione notificata il 23.1.2003 (OMISSIS) e (OMISSIS), proprietari di una particella immobiliare edificata nel comune di (OMISSIS), convenivano in giudizio innanzi al Tribunale di Trento (OMISSIS) e (OMISSIS), comproprietari della particella immobiliare confinante, lamentando l’edificazione su questa di una costruzione in muratura di 1,2 m. d’altezza a pochi centimetri dal confine. Chiedevano, pertanto, la condanna dei convenuti alla rimozione dell’opera e al risarcimento del danno.
Nel resistere in giudizio (OMISSIS) e (OMISSIS) controdeducevano che l’opera realizzata consisteva in un muro di sostegno di un riempimento effettuato con materiale detto “igloo”, con un sovrastante sottile solaio in “leca” (argilla espansa?) ricoperto di terra, che essendo d’altezza inferiore a 1,50 m. non doveva rispettare la distanza di 5,00 m. dal confine stabilita dalla normativa regolamentare locale.
Il Tribunale respingeva la domanda.
L’impugnazione proposta dagli attori era respinta dalla Corte d’appello di Trento, che compensava le spese del grado. Riteneva la Corte territoriale che l’articolo 4.2 delle N.T.C., (norme tecniche d’attuazione) del P.R.G. (Piano regolatore generale) del comune di Pergine Valsugana esentava dal rispetto della distanza minima dal confine quei muri (ritenuti in maniera fittizia come non costruzioni) non piu’ alti di 1,50 m. posti a sostegno di terrapieni, senza distinguere (come invece avevano sostenuto gli appellanti) circa l’origine naturale o artificiale di questi ultimi.
Per la cassazione di tale sentenza ricorrono (OMISSIS) e (OMISSIS), in base a quattro motivi.
Resistono con controricorso (OMISSIS) e (OMISSIS), che propongono ricorso incidentale condizionato.
Al quale ultimo i ricorrenti principali hanno replicato con controricorso.
(OMISSIS) e (OMISSIS) hanno depositato memoria.
Nel resistere in giudizio (OMISSIS) e (OMISSIS) controdeducevano che l’opera realizzata consisteva in un muro di sostegno di un riempimento effettuato con materiale detto “igloo”, con un sovrastante sottile solaio in “leca” (argilla espansa?) ricoperto di terra, che essendo d’altezza inferiore a 1,50 m. non doveva rispettare la distanza di 5,00 m. dal confine stabilita dalla normativa regolamentare locale.
Il Tribunale respingeva la domanda.
L’impugnazione proposta dagli attori era respinta dalla Corte d’appello di Trento, che compensava le spese del grado. Riteneva la Corte territoriale che l’articolo 4.2 delle N.T.C., (norme tecniche d’attuazione) del P.R.G. (Piano regolatore generale) del comune di Pergine Valsugana esentava dal rispetto della distanza minima dal confine quei muri (ritenuti in maniera fittizia come non costruzioni) non piu’ alti di 1,50 m. posti a sostegno di terrapieni, senza distinguere (come invece avevano sostenuto gli appellanti) circa l’origine naturale o artificiale di questi ultimi.
Per la cassazione di tale sentenza ricorrono (OMISSIS) e (OMISSIS), in base a quattro motivi.
Resistono con controricorso (OMISSIS) e (OMISSIS), che propongono ricorso incidentale condizionato.
Al quale ultimo i ricorrenti principali hanno replicato con controricorso.
(OMISSIS) e (OMISSIS) hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Il primo motivo di ricorso, corredato come i successivi da quesito di diritto ex articolo 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis, denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4, la nullita’ del procedimento (rectius, della sentenza impugnata) per omesso esame del primo motivo d’appello. Con questo gli appellanti avevano dedotto l’inapplicabilita’ dell’articolo 4.(5.)2. delle N.T.A., riguardante la costruzione di semplici muri, mentre nel caso di specie non si trattava di un muro di sostegno di un terrapieno, giacche’ oltre al muro era stato realizzato anche il terrapieno e il solaio collegato sia al muro che all’edificio preesistente.
2. – Idem il secondo mezzo, che lamenta l’omesso esame del secondo motivo d’appello, col quale era stato dedotto che, posto che la stessa sentenza di primo grado aveva accertato che l’opera in contestazione era consistita nel realizzare un terrapieno, quest’ultimo, a prescindere dal muro di sostegno e dalla sua inclusione o non nella previsione dell’articolo 4, comma 2, delle N.T.A., doveva considerarsi esso stesso una costruzione, in quanto avente un’origine artificiale.
3. – Col terzo motivo e’ dedotta, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione o falsa applicazione dell’articolo 4, comma 2, delle N.T.A. del P.R.G. del comune di Pergine Valsugana.
Tale norma, sostiene parte ricorrente, disciplina unicamente tre ipotesi: quella dei muri di sostegno di terrapieni, le rampe con pendenza sino al 100% e la serie di muri a gradoni. Tutte e tre le ipotesi si riferiscono ad un elemento naturalistico costituito dalla presenza di terreni a forte dislivello, e non anche, pertanto, ai terrapieni che, come quello di specie, e’ d’origine artificiale.
4. – Il quarto motivo espone, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4, la nullita’ del procedimento (rectius, della sentenza impugnata) per l’omesso esame del quarto motivo d’appello, col quale era stato dedotto che la norma regolamentare suddetta, interpretata nel senso che i manufatti in essa considerati non costituivano costruzione, si poneva in contrasto con l’articolo 873 c.c., e con la nozione di costruzione in essa contenuta, che non ammette deroghe da parte dei regolamenti locali ai fini del computo delle distanze.
5.- I primi due motivi, da esaminare congiuntamente per la loro sostanziale ripetitivita’, sono infondati perche’ basati su di un mero paralogismo. Il quale da per presupposto il dato da dimostrare, ossia la validita’ dell’angolo visuale prescelto dalla parte ricorrente, incentrato sulla presenza del terrapieno e sulla qualificazione del muro che lo sostiene come costruzione ai fini applicativi della norma regolamentare. Ma poiche’ la riferibilita’ o meno di tale disposizione locale a qualsivoglia muro (di fabbrica o non) costituisce esattamente l’oggetto del contendere, l’aver la Corte territoriale eletto la soluzione interpretativa opposta a quella propugnata dalla parte in allora appellante non integra alcuna omessa pronuncia.
6. – Complementari e anch’essi percio’ da esaminare insieme, il terzo e il quarto motivo sono invece fondati.
6.1. – Essi involgono l’interpretazione della normativa locale in materia, che soggiace, in virtu’ della posizione recessiva che il sistema gerarchico delle fonti del diritto le assegna rispetto alla legge, ai risultati dell’attivita’ ermeneutica svolta sull’articolo 873 c.c..
In particolare, la nozione di costruzione, agli effetti dell’articolo 873 c.c., e’ unica e non puo’ subire deroghe, sia pure al limitato fine del computo delle distanze legali, da parte delle norme secondarie, in quanto il rinvio contenuto nella seconda parte del suddetto articolo ai regolamenti locali e’ circoscritto alla sola facolta’ di stabilire una “distanza maggiore” (Cass. n. 19530/05, che in applicazione di questo principio ha cassato la sentenza del giudice di merito che, sulla base di una disposizione del regolamento edilizio comunale, aveva negato la qualita’ di costruzione ad un determinato manufatto; conforme, Cass. n. 1556/05).
Orbene, la giurisprudenza di questa Corte e’ del tutto costante nel ritenere che ai fini dell’applicazione delle norme sulle distanze dettate dall’articolo 873 c.c. e ss., o dalle diposizioni regolamentari integrative del codice civile, per “costruzione” deve intendersi qualsiasi opera non completamente interrata avente i caratteri della solidita’ ed immobilizzazione rispetto al suolo (cfr. ex pluribus, Cass. nn. 5753/14, 23189/12, 15972/11, 22127/09, 25837/08, S.U. 7067/92 e 3199/02), indipendentemente dalla tecnica costruttiva adoperata e, segnatamente, dall’impiego di malta cementizia (Cass. n. 4196/87).
Ed e’ altrettanto costantemente affermato, in tema di distanze legali, che mentre il muro di contenimento di una scarpata o di un terrapieno naturale non puo’ considerarsi “costruzione” agli effetti della disciplina di cui all’articolo 873 c.c., per la parte che adempie alla sua specifica funzione, devono ritenersi soggetti a tale norma, perche’ costruzioni nel senso sopra specificato, il terrapieno ed il relativo muro di contenimento elevati ad opera dell’uomo per creare un dislivello artificiale o per accentuare il naturale dislivello esistente (cfr. Cass. nn. 1217/10, 145/06, 8144/01,4511/97, 7594/95 e 1467/94).
A tale indirizzo, cui va assicurata continuita’, deve solo aggiungersi, per evitare fraintendimenti, una precisazione di carattere terminologico sulle espressioni di “terrapieno naturale” e di “terrapieno artificiale” o antropico. La prima, infatti, consiste in un ossimoro, poiche’ ogni terrapieno, consistendo in un riporto di terra (contro un muro o) sostenuto da un muro e’ per definizione opera dell’uomo, e dunque artificiale, mentre naturale puo’ essere soltanto il dislivello del terreno, originario ovvero prodotto o accentuato da movimenti franosi o da altre cause non immediatamente riferibili all’attivita’ dell’uomo. Dunque, a termini dell’articolo 873 c.c., i muri di sostegno di terrapieni sono costruzioni.
6.2. – La norma tecnica del P.R.G. del comune di Pergine Valsugana dettata in tema di distanze dai confini ed applicata dalla Corte d’appello nella sentenza impugnata recita(va) per la parte che qui interessa: “4.2 (…) Muri con altezza inferiore a m.1,50 a sostegno di terrapieni, o rampe fino a 45 (pendenza 100%), non costituiscono costruzione e pertanto non debbono rispettare le distanze dai confini (Dc) trattate dal presente comma”; distanza che il medesimo articolo fissa in m. 5,00.
La sopravvenuta nuova disciplina del medesimo P.R.G. approvata nel 2006, di cui parte controricorrente invoca l’applicazione in quanto a suo giudizio renderebbe ad ogni modo legittima l’opera di cui si discute, dispone: “4.5.1. Muri di contenimento con altezza inferiore a m. 1,50 a sostegno di terrapieni o rampe fino a 45 possono essere costruiti nel solo rispetto delle distanze previste dal Codice Civile”; e dunque per essi non opera la distanza di m. 5,00 dal confine.
Nonostante in quest’ultima norma sia stato espunto il riferimento espresso al concetto di “costruzione”, contenuto nella formulazione precedente, il precetto che ne deriva e’ tutt’altro che diverso. Infatti, affermare che i muri di contenimento di altezza inferiore a m. 1,50 a sostegno di terrapieni siano soggetti solo alle norme civilistiche, e dunque non debbano rispettare la distanza dal confine altrimenti valevole in base al medesimo P.R.G. ove il muro ecceda la predetta altezza, vale ugualmente a derubricare a “non costruzione”, sia pure e sempre al limitato scopo del computo della distanza dal confine, il muro non superiore a m. 1,50 eretto a sostegno di un terrapieno. La nuova e la precedente norma producono il medesimo effetto di sottrarre alla distanza di m. 5,00 dal confine un muro di altezza non superiore a m. 1,50 destinato a sostenere un riempimento di terra effettuato a scopi edilizi, e non gia’ per contenere un dislivello naturale del terreno.
E poiche’ un tale muro ha natura di costruzione, entrambe le disposizioni esaminate violano allo stesso modo l’articolo 873 c.c., derogando al concetto di costruzione ivi richiamato, e pertanto vanno disapplicate.
7. u’ Il ricorso incidentale e’ inammissibile nella parte in cui domanda l’applicazione in favore dei controricorrenti della nuova norma di attuazione del P.R.G. sopra esaminata, ed e’ assorbito quanto alla censura relativa al governo delle spese d’appello.
7.1. – Infatti, il ricorso incidentale, ancorche’ condizionato, e’ inammissibile se proposto dalla parte vittoriosa allo scopo di ottenere una modifica della motivazione della sentenza impugnata dalla controparte, perche’ privo di interesse, mancando una situazione sfavorevole al ricorrente, ossia una soccombenza (giurisprudenza del tutto costante di questa Corte: cfr. per tutte, Cass. n. 15504/00).
Nella specie, la parte odierna controricorrente e’ risultata nel giudizio d’appello interamente vittoriosa sulla questione di merito. Ne deriva che la dedotta applicabilita’ della nuova norma di attuazione del P.R.G. costituisce una mera difesa diretta al rigetto dell’impugnazione principale, difesa esaminata e non condivisa per le ragioni svolte nel paragrafo 6.2. che precede.
7.2. – Il regolamento delle spese del giudizio d’appello e’ travolto dall’effetto espansivo interno dell’annullamento della sentenza impugnata, ai sensi dell’articolo 336 c.p.c., comma 1.
8. – La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Trento, che nel decidere il merito si atterra’ al seguente principio di diritto: “La nozione di costruzione, agli effetti dell’articolo 873 c.c., e’ unica e non puo’ subire deroghe, sia pure al limitato fine del computo delle distanze legali, da parte delle norme secondarie, in quanto il rinvio contenuto nella seconda parte del suddetto articolo ai regolamenti locali e’ circoscritto alla sola facolta’ di stabilire una distanza maggiore. Pertanto, e’ illegittima, e va dunque disapplicata, la norma tecnica d’attuazione del P.R.G. del comune di Pergine Valsugana in materia di distanze delle costruzioni dal confine, sia nella sua formulazione vigente, secondo cui i muri di contenimento con altezza inferiore a m. 1,50 a sostegno di terrapieni o rampe fino a 45 possono essere costruiti nel solo rispetto delle distanze previste dal codice civile, sia nella sua formulazione anteriore, in base alla quale i muri con altezza inferiore a m.1,50 a sostegno di terrapieni, o rampe fino a 45 (pendenza 100%), non costituiscono costruzione e pertanto non debbono rispettare le distanze dai confini”.
9. – Il giudice di rinvio provvedere anche sulle spese del presente giudizio di cassazione, il cui regolamento questa Corte gli rimette ai sensi dell’articolo 385 c.p.c., comma 3.
2. – Idem il secondo mezzo, che lamenta l’omesso esame del secondo motivo d’appello, col quale era stato dedotto che, posto che la stessa sentenza di primo grado aveva accertato che l’opera in contestazione era consistita nel realizzare un terrapieno, quest’ultimo, a prescindere dal muro di sostegno e dalla sua inclusione o non nella previsione dell’articolo 4, comma 2, delle N.T.A., doveva considerarsi esso stesso una costruzione, in quanto avente un’origine artificiale.
3. – Col terzo motivo e’ dedotta, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione o falsa applicazione dell’articolo 4, comma 2, delle N.T.A. del P.R.G. del comune di Pergine Valsugana.
Tale norma, sostiene parte ricorrente, disciplina unicamente tre ipotesi: quella dei muri di sostegno di terrapieni, le rampe con pendenza sino al 100% e la serie di muri a gradoni. Tutte e tre le ipotesi si riferiscono ad un elemento naturalistico costituito dalla presenza di terreni a forte dislivello, e non anche, pertanto, ai terrapieni che, come quello di specie, e’ d’origine artificiale.
4. – Il quarto motivo espone, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4, la nullita’ del procedimento (rectius, della sentenza impugnata) per l’omesso esame del quarto motivo d’appello, col quale era stato dedotto che la norma regolamentare suddetta, interpretata nel senso che i manufatti in essa considerati non costituivano costruzione, si poneva in contrasto con l’articolo 873 c.c., e con la nozione di costruzione in essa contenuta, che non ammette deroghe da parte dei regolamenti locali ai fini del computo delle distanze.
5.- I primi due motivi, da esaminare congiuntamente per la loro sostanziale ripetitivita’, sono infondati perche’ basati su di un mero paralogismo. Il quale da per presupposto il dato da dimostrare, ossia la validita’ dell’angolo visuale prescelto dalla parte ricorrente, incentrato sulla presenza del terrapieno e sulla qualificazione del muro che lo sostiene come costruzione ai fini applicativi della norma regolamentare. Ma poiche’ la riferibilita’ o meno di tale disposizione locale a qualsivoglia muro (di fabbrica o non) costituisce esattamente l’oggetto del contendere, l’aver la Corte territoriale eletto la soluzione interpretativa opposta a quella propugnata dalla parte in allora appellante non integra alcuna omessa pronuncia.
6. – Complementari e anch’essi percio’ da esaminare insieme, il terzo e il quarto motivo sono invece fondati.
6.1. – Essi involgono l’interpretazione della normativa locale in materia, che soggiace, in virtu’ della posizione recessiva che il sistema gerarchico delle fonti del diritto le assegna rispetto alla legge, ai risultati dell’attivita’ ermeneutica svolta sull’articolo 873 c.c..
In particolare, la nozione di costruzione, agli effetti dell’articolo 873 c.c., e’ unica e non puo’ subire deroghe, sia pure al limitato fine del computo delle distanze legali, da parte delle norme secondarie, in quanto il rinvio contenuto nella seconda parte del suddetto articolo ai regolamenti locali e’ circoscritto alla sola facolta’ di stabilire una “distanza maggiore” (Cass. n. 19530/05, che in applicazione di questo principio ha cassato la sentenza del giudice di merito che, sulla base di una disposizione del regolamento edilizio comunale, aveva negato la qualita’ di costruzione ad un determinato manufatto; conforme, Cass. n. 1556/05).
Orbene, la giurisprudenza di questa Corte e’ del tutto costante nel ritenere che ai fini dell’applicazione delle norme sulle distanze dettate dall’articolo 873 c.c. e ss., o dalle diposizioni regolamentari integrative del codice civile, per “costruzione” deve intendersi qualsiasi opera non completamente interrata avente i caratteri della solidita’ ed immobilizzazione rispetto al suolo (cfr. ex pluribus, Cass. nn. 5753/14, 23189/12, 15972/11, 22127/09, 25837/08, S.U. 7067/92 e 3199/02), indipendentemente dalla tecnica costruttiva adoperata e, segnatamente, dall’impiego di malta cementizia (Cass. n. 4196/87).
Ed e’ altrettanto costantemente affermato, in tema di distanze legali, che mentre il muro di contenimento di una scarpata o di un terrapieno naturale non puo’ considerarsi “costruzione” agli effetti della disciplina di cui all’articolo 873 c.c., per la parte che adempie alla sua specifica funzione, devono ritenersi soggetti a tale norma, perche’ costruzioni nel senso sopra specificato, il terrapieno ed il relativo muro di contenimento elevati ad opera dell’uomo per creare un dislivello artificiale o per accentuare il naturale dislivello esistente (cfr. Cass. nn. 1217/10, 145/06, 8144/01,4511/97, 7594/95 e 1467/94).
A tale indirizzo, cui va assicurata continuita’, deve solo aggiungersi, per evitare fraintendimenti, una precisazione di carattere terminologico sulle espressioni di “terrapieno naturale” e di “terrapieno artificiale” o antropico. La prima, infatti, consiste in un ossimoro, poiche’ ogni terrapieno, consistendo in un riporto di terra (contro un muro o) sostenuto da un muro e’ per definizione opera dell’uomo, e dunque artificiale, mentre naturale puo’ essere soltanto il dislivello del terreno, originario ovvero prodotto o accentuato da movimenti franosi o da altre cause non immediatamente riferibili all’attivita’ dell’uomo. Dunque, a termini dell’articolo 873 c.c., i muri di sostegno di terrapieni sono costruzioni.
6.2. – La norma tecnica del P.R.G. del comune di Pergine Valsugana dettata in tema di distanze dai confini ed applicata dalla Corte d’appello nella sentenza impugnata recita(va) per la parte che qui interessa: “4.2 (…) Muri con altezza inferiore a m.1,50 a sostegno di terrapieni, o rampe fino a 45 (pendenza 100%), non costituiscono costruzione e pertanto non debbono rispettare le distanze dai confini (Dc) trattate dal presente comma”; distanza che il medesimo articolo fissa in m. 5,00.
La sopravvenuta nuova disciplina del medesimo P.R.G. approvata nel 2006, di cui parte controricorrente invoca l’applicazione in quanto a suo giudizio renderebbe ad ogni modo legittima l’opera di cui si discute, dispone: “4.5.1. Muri di contenimento con altezza inferiore a m. 1,50 a sostegno di terrapieni o rampe fino a 45 possono essere costruiti nel solo rispetto delle distanze previste dal Codice Civile”; e dunque per essi non opera la distanza di m. 5,00 dal confine.
Nonostante in quest’ultima norma sia stato espunto il riferimento espresso al concetto di “costruzione”, contenuto nella formulazione precedente, il precetto che ne deriva e’ tutt’altro che diverso. Infatti, affermare che i muri di contenimento di altezza inferiore a m. 1,50 a sostegno di terrapieni siano soggetti solo alle norme civilistiche, e dunque non debbano rispettare la distanza dal confine altrimenti valevole in base al medesimo P.R.G. ove il muro ecceda la predetta altezza, vale ugualmente a derubricare a “non costruzione”, sia pure e sempre al limitato scopo del computo della distanza dal confine, il muro non superiore a m. 1,50 eretto a sostegno di un terrapieno. La nuova e la precedente norma producono il medesimo effetto di sottrarre alla distanza di m. 5,00 dal confine un muro di altezza non superiore a m. 1,50 destinato a sostenere un riempimento di terra effettuato a scopi edilizi, e non gia’ per contenere un dislivello naturale del terreno.
E poiche’ un tale muro ha natura di costruzione, entrambe le disposizioni esaminate violano allo stesso modo l’articolo 873 c.c., derogando al concetto di costruzione ivi richiamato, e pertanto vanno disapplicate.
7. u’ Il ricorso incidentale e’ inammissibile nella parte in cui domanda l’applicazione in favore dei controricorrenti della nuova norma di attuazione del P.R.G. sopra esaminata, ed e’ assorbito quanto alla censura relativa al governo delle spese d’appello.
7.1. – Infatti, il ricorso incidentale, ancorche’ condizionato, e’ inammissibile se proposto dalla parte vittoriosa allo scopo di ottenere una modifica della motivazione della sentenza impugnata dalla controparte, perche’ privo di interesse, mancando una situazione sfavorevole al ricorrente, ossia una soccombenza (giurisprudenza del tutto costante di questa Corte: cfr. per tutte, Cass. n. 15504/00).
Nella specie, la parte odierna controricorrente e’ risultata nel giudizio d’appello interamente vittoriosa sulla questione di merito. Ne deriva che la dedotta applicabilita’ della nuova norma di attuazione del P.R.G. costituisce una mera difesa diretta al rigetto dell’impugnazione principale, difesa esaminata e non condivisa per le ragioni svolte nel paragrafo 6.2. che precede.
7.2. – Il regolamento delle spese del giudizio d’appello e’ travolto dall’effetto espansivo interno dell’annullamento della sentenza impugnata, ai sensi dell’articolo 336 c.p.c., comma 1.
8. – La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Trento, che nel decidere il merito si atterra’ al seguente principio di diritto: “La nozione di costruzione, agli effetti dell’articolo 873 c.c., e’ unica e non puo’ subire deroghe, sia pure al limitato fine del computo delle distanze legali, da parte delle norme secondarie, in quanto il rinvio contenuto nella seconda parte del suddetto articolo ai regolamenti locali e’ circoscritto alla sola facolta’ di stabilire una distanza maggiore. Pertanto, e’ illegittima, e va dunque disapplicata, la norma tecnica d’attuazione del P.R.G. del comune di Pergine Valsugana in materia di distanze delle costruzioni dal confine, sia nella sua formulazione vigente, secondo cui i muri di contenimento con altezza inferiore a m. 1,50 a sostegno di terrapieni o rampe fino a 45 possono essere costruiti nel solo rispetto delle distanze previste dal codice civile, sia nella sua formulazione anteriore, in base alla quale i muri con altezza inferiore a m.1,50 a sostegno di terrapieni, o rampe fino a 45 (pendenza 100%), non costituiscono costruzione e pertanto non debbono rispettare le distanze dai confini”.
9. – Il giudice di rinvio provvedere anche sulle spese del presente giudizio di cassazione, il cui regolamento questa Corte gli rimette ai sensi dell’articolo 385 c.p.c., comma 3.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo e il quarto motivo del ricorso principale, respinti gli altri motivi, dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso incidentale e assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Trento, che provvedere anche sulle spese di cassazione
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