Ai fini della configurabilita’ di un definitivo vincolo contrattuale, e’ necessario che tra le parti sia raggiunta l’intesa su tutti gli elementi dell’accordo – non potendosene ravvisare, pertanto, la sussistenza laddove, raggiunta l’intesa solamente su quelli essenziali, ancorche’ riportati in apposito documento, risulti rimessa ad un tempo successivo la determinazione degli elementi accessori – non impedisce, nei singoli casi ed in base al generale principio dell’autonomia contrattuale di cui all’articolo 1322 c.c., di ritenere concluso un contratto, con gli effetti di cui all’articolo 1372 c.c., allorquando, alla stregua della comune intenzione delle parti, si possa ritenere che queste abbiano inteso come vincolante un determinato assetto, anche se per taluni aspetti siano necessarie ulteriori specificazioni, il cui contenuto sia, pero’, da configurare come mera esecuzione del contratto gia’ concluso, potendo costituire oggetto di un obbligo che trova la sua fonte proprio nel contratto stipulato
Ordinanza 23 agosto 2017, n. 20282
Data udienza 21 marzo 2013
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere
Dott. PENTA Andrea – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12535-2014 R.G. proposto da:
(OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), nato a (OMISSIS); (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), nato a (OMISSIS); rappresentati e difesi dall’Avv. (OMISSIS), del Foro di Bari (C.F.: (OMISSIS)), giusta procura alle liti a margine del ricorso, ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), nato a (OMISSIS), rappresentato e difeso, in virtu’ di procura speciale a margine del controricorso, dall’Avv. (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)) del Foro di Matera ed elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di BARI depositata il 12/02/2014 e notificata il 07/03/2014.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 giugno 2017 dal Consigliere Andrea Penta.
RITENUTO IN FATTO
Con atto di citazione notificato in data 22.11.2003, (OMISSIS) esponeva che: il (OMISSIS) era morta a (OMISSIS) (OMISSIS), lasciando a se’ superstiti il coniuge (OMISSIS) ed i figli (OMISSIS) e (OMISSIS); la sua successione era regolata dal testamento pubblico del 15.07.1992, col quale aveva nominato usufruttuario di tutti i suoi beni il coniuge ed eredi universali della nuda proprieta’ degli stessi i due figli, nella misura del 50% ciascuno; il 2.05.2003 era deceduto anche (OMISSIS), con conseguente estinzione del diritto di usufrutto sui beni, e la sua successione era regolata da testamento pubblico del 22.04.1999, col quale aveva lasciato ai suoi due figli tutti i beni in parti uguali, fatta eccezione per uno stabile sito in (OMISSIS), che aveva legato al nipote (OMISSIS) (figlio di (OMISSIS)), e per i mobili della casa, che aveva lasciato al figlio (OMISSIS); i due fratelli (OMISSIS), al di fuori della successione ereditaria, erano comproprietari al 50% di un altro fondo rustico sito in (OMISSIS); dal decesso di (OMISSIS), (OMISSIS), unitamente al proprio figlio (OMISSIS), avevano gestito tutto il patrimonio, appropriandosi dei frutti e delle rendite, fatta eccezione per il solo appartamento sito in Bitonto, alla via (OMISSIS), nella sua disponibilita’ come abitazione; i fondi rustici erano detenuti, in virtu’ di contratti di affitto quindicennali stipulati dal de cuius, da (OMISSIS) e (OMISSIS), che si ritenevano falsi, stante l’apocrifia della sottoscrizione, ed erano stati impugnati in sede penale;
tanto dedotto, citava dinanzi al Tribunale di Bari, sezione distaccata di Bitonto, (OMISSIS) e (OMISSIS) e chiedeva di dichiarare aperta la successione di (OMISSIS) e di (OMISSIS), di nominare un esperto per la stima dei beni e la formazione delle porzioni, di condannare i convenuti al rilascio dei fondi ed alla resa dei conti relativa ai frutti e alle rendite percepite, con attribuzione in suo favore della quota di spettanza in denaro.
Con comparsa di risposta depositata il 6.04.2004 si costituivano i convenuti, i quali non si opponevano alla domanda di divisione, pur contrastando la domanda di rilascio dei fondi rustici prima della scadenza del contratto di affitto.
Nel corso del giudizio l’attore esperiva due giudizi cautelari per il sequestro e per il rilascio dei fondi rustici, che venivano rigettati.
La causa veniva istruita anche mediante espletamento di CTU sia per la redazione del progetto di divisione sia per la verifica della genuinita’ delle sottoscrizioni apposte sul contratto di affitto.
In data 13.11.2010 (OMISSIS) e (OMISSIS) pervenivano ad un accordo bonario – successivamente ratificato da (OMISSIS) -, ponendo in essere, alla presenza del CTU e dei CTP, un progetto condiviso, che sottoscrivevano unitamente ai tecnici, demandando ad un atto finale, che non veniva mai redatto, la definizione degli aspetti giuridici della vicenda.
Con sentenza n. 200 del 4.9.2012 il Tribunale di Bari, ritenendo non vincolante fra le parti l’accordo di divisione sottoscritto il 13.11.2010, poiche’ le medesime non avevano proceduto alla formalizzazione dello stesso, dichiarava aperta la successione di (OMISSIS) e di (OMISSIS) e, in accoglimento della domanda di divisione proposta da (OMISSIS), assegnava i cespiti secondo il progetto stilato dal CTU nella relazione peritale, definendo l’ammontare dei conguagli in denaro, e dichiarava la competenza della Sezione Specializzata Agraria in ordine alle domande aventi ad oggetto i contratti di affitto dei fondi rustici.
Con atto di citazione notificato il 9.11.2012 (OMISSIS) proponeva appello avverso la detta sentenza, censurandola con piu’ motivi e, in particolare, invocando l’esecuzione dell’accordo di divisione sottoscritto il 13.11.2010, al quale era gia’ stata data parziale esecuzione.
Con comparsa di costituzione depositata il 27.09.2013 si costituivano gli appellati (OMISSIS) e (OMISSIS), resistendo all’appello, di cui chiedevano il rigetto.
La Corte d’appello di Bari, con sentenza del 12.2.2014, ha accolto l’appello e, per l’effetto, disposto che la divisione del compendio ereditario di (OMISSIS) venga effettuata nei termini e nell’osservanza dell’accordo sottoscritto dalle parti in data 13.11.2010, affermando, tra l’altro, che la scrittura trasfusa nel verbale del 13.11.2010 non poteva essere considerata una mera puntuazione ovvero un semplice atto propedeutico di un futuro accordo, atteso che conteneva tutti gli elementi del contratto di divisione (tra cui l’identificazione catastale dei beni e la descrizione della loro natura ed estensione) e recava la sottoscrizione di tutte le parti “per accettazione”.
Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso (OMISSIS) e (OMISSIS),
sulla base di due motivi. (OMISSIS) ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1325, 1326, 1362 e 1374 c.c., nonche’ il difetto di motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, per non aver la corte territoriale ritenuto che l’accordo del 13.11.2010 fosse privo dei requisiti essenziali propri del contratto di divisione, essendo meramente propedeutico e preparatorio rispetto all’atto definitivo, data la mancanza di una identificazione catastale dei beni, della natura ed estensione degli stessi, della formazione delle corrispondenti porzioni in natura e della descrizione planimetrica e considerato che le parti in piu’ punti dell’accordo avevano esplicitamente rinviato alla stesura di un atto definitivo, da sottoscrivere entro e non oltre il 30.11.2010, che poi non era mai stato redatto.
1.1. Il motivo e’ inammissibile e, comunque, infondato.
In primo luogo, in tema di ricorso per cassazione, e’ inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione. Infatti, l’esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l’apprezzamento delle risultanze acquisite al processo e il merito della causa mira a rimettere al giudice di legittimita’ il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’articolo 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, cosi’ attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimita’ il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse (Sez. 1, Sentenza n. 19443 del 23/09/2011).
In secondo luogo, l’interpretazione di un atto negoziale e’ tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimita’, se non nell’ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, di cui agli articoli 1362 ss. c.c., o di motivazione inadeguata (ovverosia, non idonea a consentire la ricostruzione dell’iter logico seguito per giungere alla decisione). Sicche’, per far valere una violazione sotto il primo profilo, occorre non solo fare puntuale riferimento alle regole legali d’interpretazione (mediante specifica indicazione dei canoni asseritamente violati ed ai principi in esse contenuti), ma altresi’ precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato; con l’ulteriore conseguenza dell’inammissibilita’ del motivo di ricorso che, come nel caso di specie, si fondi sull’asserita violazione delle norme ermeneutiche o del vizio di motivazione e si risolva, in realta’, nella proposta di una interpretazione diversa (Cass. 26 ottobre 2007, n. 22536).
In terzo luogo, l’accertamento circa l’esistenza di un contratto vincolante, nel rispetto dei canoni ermeneutici di cui agli articoli 1362 ss. c.c., e’ rimesso alla valutazione del giudice di merito, incensurabile in cassazione ove sorretta da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici (Sez. 1, Sentenza n. 14267 del 20/06/2006; Sez. 3, Sentenza n. 910 del 18/01/2005).
1.2. In ogni caso, la corte territoriale ha fatto corretta applicazione dell’articolo 1362 c.c., che si assume invece violato, in quanto, dopo aver indagato la comune intenzione delle parti sulla base del tenore letterale dell’accordo (articolo 1362 c.c., comma 1; cfr. quinto inciso della motivazione), ha rilevato che l’esistenza di una volonta’ divisionale definitiva risultava anche dal comportamento complessivo delle parti posteriore alla conclusione del contratto, inteso a dare esecuzione all’accordo contenuto nella detta scrittura (articolo 1362 c.c., comma 2; cfr. penultimo inciso di pag. 3). In particolare, a tal ultimo riguardo, ha valorizzato (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 2720 del 04/02/2009) la vendita del fondo rustico denominato “(OMISSIS)” con atto notarile stipulato il 17.01.2012, l’incarico congiunto dato al tecnico geom. (OMISSIS) per il frazionamento del fondo rustico denominato “(OMISSIS)” e per il fabbricato sito in via (OMISSIS) e la stesura del progetto unico con due corpi di fabbrica perfettamente uguali in tutte le loro parti per l’immobile di via (OMISSIS) (progetto, peraltro, gia’ eseguito a firma dei rispettivi consulenti e verbalmente accettato da entrambe le parti, anche se non sottoscritto).
D’altra parte, per sottrarsi al sindacato di legittimita’, quella data dal giudice del merito al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni (tra le altre: Cass. 12 luglio 2007, n. 15604; Cass. 22 febbraio 2007, n. 4178). Ne consegue che non puo’ trovare ingresso in sede di legittimita’ la critica della ricostruzione della volonta’ negoziale operata dal giudice di merito che si traduca, come nel caso di specie, esclusivamente nella prospettazione di una diversa valutazione degli stessi elementi gia’ dallo stesso esaminati; sicche’, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o piu’ interpretazioni, non e’ consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimita’ del fatto che fosse stata privilegiata l’altra (Cass. 7500/2007; 24539/2009; Sez. 1, Sentenza n. 6125 del 17/03/2014).
1.3. Con riferimento al dedotto difetto di motivazione, essendo stata la sentenza impugnata depositata il 12.2.2014, i ricorrenti avrebbero dovuto far riferimento all’articolo 360 c.p.c., novellato n. 5 applicabile ai ricorsi per cassazione proposti contro sentenze pubblicate a partire dall’11.9.2012 (Decreto Legge n. 83 del 2012, conv. in L. n. 134 del 2012).
Invero, nel vigore del nuovo testo dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l’omesso esame del fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformato, va inteso, in applicazione dei canoni ermeneutici dettati dall’articolo 12 preleggi, tenendo conto della prospettiva della novella, mirata ad evitare l’abuso dei ricorsi basati sul vizio di motivazione, non strettamente necessitati dai precetti costituzionali, supportando la generale funzione nomofilattica della Corte di cassazione. Ne consegue che: a) l'”omesso esame” non puo’ intendersi che “omessa motivazione”, perche’ l’accertamento se l’esame del fatto e’ avvenuto o e’ stato omesso non puo’ che risultare dalla motivazione; b) e’ deducibile come vizio della sentenza soltanto l’omissione e non piu’ l’insufficienza o la contraddittorieta’ della motivazione, salvo che tali aspetti, consistendo nell’estrinsecazione di argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi, si risolvano (ma non e’ il caso di specie) in una sostanziale mancanza di motivazione (Sez. 1, Sentenza n. 7983 del 04/04/2014; Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
In definitiva, e’ ormai denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.
1.4. In ogni caso, il motivo si rivela infondato.
Il principio secondo cui, ai fini della configurabilita’ di un definitivo vincolo contrattuale, e’ necessario che tra le parti sia raggiunta l’intesa su tutti gli elementi dell’accordo – non potendosene ravvisare, pertanto, la sussistenza laddove, raggiunta l’intesa solamente su quelli essenziali, ancorche’ riportati in apposito documento, risulti rimessa ad un tempo successivo la determinazione degli elementi accessori – non impedisce, nei singoli casi ed in base al generale principio dell’autonomia contrattuale di cui all’articolo 1322 c.c., di ritenere concluso un contratto, con gli effetti di cui all’articolo 1372 c.c., allorquando, alla stregua della comune intenzione delle parti, si possa ritenere che queste abbiano inteso come vincolante un determinato assetto, anche se per taluni aspetti siano necessarie ulteriori specificazioni, il cui contenuto sia, pero’, da configurare come mera esecuzione del contratto gia’ concluso, potendo costituire oggetto di un obbligo che trova la sua fonte proprio nel contratto stipulato (Sez. 1, Sentenza n. 23949 del 22/09/2008).
Secondo l’assunto dei ricorrenti, la corte d’appello avrebbe, in primo luogo, omesso di considerare, quanto alla interpretazione letterale dell’accordo del 13.11.2010, i rinvii nello stesso contenuti ad un atto transattivo finale da stipulare entro e non oltre il 30.11.2010. Tuttavia, hanno omesso di allegare la decisivita’ del fatto non esaminato, laddove, alla stregua del tenore dell’accordo (cfr. pagg. 10-11 del ricorso), il rinvio a tale atto viene operato solo in due punti e per aspetti marginali e, comunque, meramente esecutivi: 1) definizione della “tempistica” e delle “modalita’ procedurali” – e’ a ritenersi la redazione dei progetti da presentare alle autorita’ per il rilascio dei permessi necessari – concernenti la demolizione del fabbricato esistente in Via (OMISSIS) e la realizzazione di due identici corpi di fabbrica in suo luogo; 2) attribuzione per sorteggio delle due quote risultanti dal frazionamento del fondo sito alla C.da (OMISSIS).
In secondo luogo, quanto al comportamento complessivo delle parti posteriore all’accordo, la corte locale avrebbe omesso di valutare l’avvenuta integrazione alla perizia originaria depositata dal ctu in data 22.11.2010 (e, quindi, 9 giorni dopo la sottoscrizione dell’accordo), nella quale il perito avrebbe individuato catastalmente i beni, descrivendone la natura, identificando le quote di partecipazione ereditaria di ciascuna delle parti e, per alcuni beni, attribuendone i lotti a ciascuno dei condividendi (cfr. pag. 15 del ricorso). Tuttavia, in violazione del principio di autosufficienza, i ricorrenti hanno omesso di trascrivere, almeno nei suoi passaggi salienti, la detta relazione integrativa, in tal guisa precludendo a questa Corte la possibilita’ di verificare la fondatezza dei loro assunti difensivi.
Senza tralasciare che l’accertamento della presenza dei requisiti necessari per una sicura identificazione dell’oggetto del contratto (nel caso di specie, rappresentati dalla ubicazione e dalla destinazione d’uso dei beni) e’ riservato al giudice di merito ed e’ soggetto al sindacato della Cassazione solo sotto il profilo della logicita’ e congruita’ della motivazione (cfr. Cassazione civile, sez. 2, 11/04/1992, n. 4474), laddove, nel caso di specie, le parti non hanno neppure dedotto di aver incontrato difficolta’ nella individuazione dei beni che avevano inteso dividersi, sia pure limitatamente agli aspetti della loro estensione, natura o identificazione catastale.
2. Con il secondo motivo i ricorrenti deducono la omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, per non aver la corte territoriale considerato che gli atti posti in essere dalle parti, sia prima che successivamente all’accordo del 13.11.2010, si ponevano in netto contrasto con la volonta’ dalle stesse espressa nell’accordo medesimo, avuto particolare riguardo alla vendita a terzi (avvenuta il 17.1.2012) del fondo rustico denominato “(OMISSIS)”, che disattendeva completamente il contenuto del predetto accordo, nel quale veniva prevista, invece, una divisione in parti uguali del fondo.
2.1. Il motivo e’ inammissibile.
Vanno, innanzitutto, richiamate nella presente sede le considerazioni gia’ formulate nel paragrafo 1.3.
2.2. Inoltre, i ricorrenti hanno omesso di indicare quali sarebbero stati gli atti posti in essere dalle parti in palese contrasto con l’accordo raggiunto, se si fa eccezione per l’alienazione del fondo rustico “(OMISSIS)”, in relazione al quale, peraltro, va segnalata la violazione del principio di autosufficienza, non essendo stato trascritto il relativo atto, almeno nei passaggi maggiormente significativi.
Cio’ e’ vieppiu’ rilevante se si considera che, in proposito, il resistente ha controdedotto (cfr. pag. 21) che, in realta’, il detto terreno era stato, in data 17.1.2012 (recte, 2011), alienato a terzi dai (OMISSIS) proprio agendo nella qualita’ di comproprietari al 50% e, dunque, dando piena attuazione a quanto concordato nell’accordo del 13.11.2010.
3. In definitiva, il ricorso non e’ meritevole di accoglimento.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Ricorrono i presupposti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater applicabile catione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), per il raddoppio del versamento del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso, in favore della resistente, delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 8.700,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese forfettarie al 15% ed accessori come per legge.
Dichiara la parte ricorrente tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater.
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