cassazione

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 6 febbraio 2015, n. 5695

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CORTESE Arturo – Presidente
Dott. NOVIK Adet Ton – rel. Consigliere
Dott. BONITO Francesco M.S – Consigliere
Dott. CAPRIOGLIO Piera M.S. – Consigliere
Dott. MAGI Raffaello – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso l’ordinanza n. 446/2014 TRIB. LIBERTA’ di ROMA, del 28/05/2014;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ADET TONI NOVIK;
sentite le conclusioni del PG Dott. Galli Massimo, che ha chiesto l’annullamento con rinvio.
udito il difensore avv. (OMISSIS), in sostituzione dell’avv. (OMISSIS).
RILEVATO IN FATTO
1. Con ordinanza emessa il 3/4/2013, il Tribunale di Roma in funzione di giudice del riesame, confermava il provvedimento di sequestro preventivo, mediante oscuramento, emesso dal GIP di Roma, relativi agli articoli datati (OMISSIS) (” (OMISSIS). Beni culturali, appalti e vecchi brevetti”) e (OMISSIS) (La cultura della domenica. La conoscenza: un fine o solo un mezzo per fare soldi”) pubblicati sulle pagine Web (OMISSIS).
2. Il procedimento in cui era stato disposto il sequestro riguardava gli autori degli articoli (OMISSIS) e (OMISSIS), ai quali era stato contestato il reato di diffamazione aggravata in danno di (OMISSIS), presidente del consiglio superiore dei beni culturali, e il direttore responsabile (OMISSIS) per omesso controllo. Il GIP aveva ritenuto che gli articoli in questione, relativi al finanziamento di un documentario realizzato dalla casa di produzione della figlia di (OMISSIS), alla cessione a titolo oneroso di un brevetto a lui intestato e all’utilizzo di un finanziamento pubblico per il restauro del (OMISSIS) di sua proprieta’, presentassero aspetti di reato, in quanto alludevano ad una gestione privatistica da parte di (OMISSIS) della propria carica istituzionale. Riteneva anche sussistente il pericolo di aggravamento e di protrazione delle conseguenze degli illeciti per la possibilita’ dei lettori di continuare a leggere gli articoli pubblicati sulla versione on-line del quotidiano e dell’inserto domenicale.
3. Con sentenza emessa il 5 novembre 2013 (n. 10594 depositata il 5 marzo 2014) la Corte di cassazione annullava l’ordinanza del tribunale del riesame.
Il tribunale del riesame, investito nuovamente del giudizio e richiesto di verificare, fra l’altro, se le notizie riportate negli articoli fossero state manifestate in maniera contenuta, nell’ottica della scriminante di cui all’articolo 51 c.p., rilevava come le espressioni utilizzate negli articoli risultassero slegate dal contesto narrativo e, atteso il ruolo apicale di (OMISSIS) definito “generoso con gli amici e parenti come quando fece finanziare il documentario della figlia”, sfociavano in una inutile offesa personale, che non aggiungeva nessuna completezza all’informazione resa, ma aggravava inutilmente il grado dell’invettiva contenuta negli articoli sequestrati. In particolare, quanto alla denuncia contenuta nell’inserto settimanale “La cultura della domenica. La conoscenza: un fine o solo un mezzo per fare soldi?, il tribunale indicava quei passaggi in cui per caratterizzare la figura di (OMISSIS) erano stati utilizzati termini enfatici e piu’ che allusivi (“voracita’” “guru dei rapporti pubblico privato” “e’ riuscito ad autoerogarsi fondi pubblici per restaurare il castello di famiglia”). Analogo il tenore dell’articolo in cui si rappresentava il tentativo di (OMISSIS) di vendere un proprio brevetto informatico, con l’utilizzo di espressioni “riuscire finalmente a piazzare” oppure “Toto’ truffa”. Quindi, con ordinanza emessa il 28 maggio 2014 confermava il provvedimento impugnato.
2. (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), a mezzo del difensore di fiducia avvocato (OMISSIS), hanno presentato ricorso per cassazione chiedendo l’annullamento dell’ordinanza e del sequestro.
Premessa la vicenda processuale e riepilogati i fatti rilevanti, i difensori hanno dedotto la nullita’ dell’ordinanza per violazione di legge in relazione all’articolo 21 Cost., articoli 595 e 51 c.p. e articolo 13 Legge della stampa, e connesso vizio di motivazione. Con ampi richiami della parte rilevante del provvedimento impugnato e di giurisprudenza, i difensori fanno notare che il provvedimento e’ stato redatto dallo stesso estensore del precedente e che il pubblico ministero ha chiesto l’archiviazione del procedimento alla luce della verita’ dei fatti e della continenza verbale. I ricorrenti contestano le conclusioni cui e’ pervenuto il tribunale del riesame sul punto della continenza e ritiene non pertinente il precedente giurisdizionale richiamato nell’ordinanza, che riporta nella sua interezza. Rilevano come le espressioni utilizzate negli articoli, lungi dall’essere gratuitamente offensive o slegate dal contesto narrativo, rendevano fruibile in termini giornalistici il discorso di critica sull’operato del (OMISSIS), potente personaggio del quale venivano richiamate vicende e fatti veri. Nel provvedimento di annullamento, la Corte di cassazione aveva affermato che “il provvedimento impugnato appare corredato da una giustificazione motivazionale decisamente incomprensibile…. Una motivazione di tal fatta non e’ contraddittoria, e’ apparente: e’ una non-motivazione integrante violazione di legge” e tale giudizio si attagliava anche alla nuova ordinanza. Questa non aveva valutato il tema della verita’ dei fatti e non aveva applicato le norme in tema di diritto di critica. Il giudice aveva aggirato la questione rimessagli relativa all’esistenza del diritto di critica e aveva risolto quella relativa alla continenza richiamando un precedente giurisprudenziale che andava in senso contrario alla decisione assunta, integrando cosi’ i vizi di violazione di legge per mancanza di motivazione nonche’ di manifesta illogicita’. Sarebbe stato sufficiente, affermano i ricorrenti, richiamare tutte le sentenze della Corte di legittimita’ sull’argomento per rilevare come il giornalista non avesse superato il limite della continenza verbale. Citano in proposito la sentenza n. 7319 del 2008, secondo cui ne’ la Costituzione ne’ la Convenzione Europea dei diritti dell’uomo proteggono soltanto le idee favorevoli o inoffensive o indifferenti ….. Essendo al contrario entrambi principalmente rivolti a garantire la liberta’ proprio delle opinioni che “urtano, scuotono o inquietano”.
In mancanza di elementi idonei ad escludere la sussistenza della scriminante del diritto di critica e di satira, il giudice del rinvio avrebbe dovuto annullare il provvedimento del Gip.
Il Procuratore Generale presso questa Corte ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato e va accolto. Va premesso che in conseguenza della pronuncia della sentenza di annullamento da parte della 5 sezione di questa Corte che ha ritenuto infondato il motivo di ricorso sulla legittimita’ del sequestro preventivo, il compito di questo Collegio e’ di verificare se il giudice del rinvio ha adempiuto il compito assegnatogli, cioe’ “chiarire se i fatti riferiti sui siti web in sequestri siano veri e, ferma la indubbia rilevanza sociale degli stessi, se essi siano stati esposti con la dovuta continenza, vale a dire senza l’utilizzo di espressioni gravemente infamanti e inutilmente umilianti, che dunque trasmodano in una mera aggressione verbale del soggetto criticato”. Verifica questa collegata alla sussistenza o meno della causa di giustificazione costituita dal diritto di cronaca e/o di critica, rientrante nell’alveo dell’articolo 51 c.p..
2. Per quanto concerne la verita’ dei fatti, superando le oscillazioni motivazionali della prima ordinanza – censurate di incomprensibilita’ dalla sentenza n. 10594/2014 di questa Corte – il Tribunale del riesame ritiene assodato che le notizie riportate negli articoli incriminati sono vere e socialmente rilevanti. Quanto al requisito della continenza, il Tribunale ha omesso del tutto di indicare, le ragioni per cui le espressioni utilizzate dagli articolisti superino i limiti di una critica oggettiva ed aspra e costituiscano un’aggressione gratuita alla sfera morale altrui, limitandosi in sostanza ad isolare singole espressioni dal complessivo contesto espositivo, senza spiegare in alcun modo perche’ debbano ritenersi esprimenti ludibrio e disprezzo.
3. In una recente decisione, la Corte europea dei diritti dell’uomo (Sezione 2, Causa Belpietro C. Italia, Ricorso n. 43612/10) riconosce che la stampa in una societa’ democratica ha il compito di comunicare informazioni e idee su tutte le questioni di interesse generale. Alla sua funzione, che consiste nel diffondere tali informazioni e idee, si affianca il diritto, per il pubblico, di riceverle. Se cosi’ non fosse, la stampa non potrebbe svolgere il suo ruolo indispensabile di “cane da guardia” (Thorgeir Thorgeirson c. Islanda, 25 giugno 1992, p. 63, serie A n. 239, e Bladet Tromso e Stensaas c. Norvegia (GC), n. 21980/93, p. 62, CEDU 1999-III). Il diritto dei giornalisti di comunicare informazioni su questioni di interesse generale e’ tutelato a condizione che essi agiscano in buona fede, sulla base di fatti esatti, e forniscano informazioni “affidabili e precise” nel rispetto dell’etica giornalistica.
4. La giurisprudenza di legittimita’ ha ripetutamente affermato che la critica, oltre che basarsi su una base fattuale vera, deve essere “contenuta” nell’ambito della tematica attinente al fatto dal quale ha tratto spunto, fermo restando che, entro tali limiti, la critica, siccome espressione di giudizi di valore dell’agente, puo’ anche essere aspra, pungente e utilizzare l’arma del sarcasmo. Osserva Sez. 5, Sentenza n. 3356 del 2011 che “Continenza significa proporzione, misura e continenti sono quei termini che non hanno equivalenti e non sono sproporzionati rispetto ai fini del concetto da esprimere e alla controllata forza emotiva suscitata della polemica su cui si vuole instaurare un lecito rapporto dialogico e dialettico. La continenza formale non equivale a obbligo di utilizzare un linguaggio grigio e anodino, ma consente il ricorso a parole sferzanti, nella misura in cui siano correlate al livello della polemica, ai fatti narrati e rievocati”. Tale considerazione e’ tanto piu’ valida, allorche’ il giornalista ricorra ad argomenti ironici o satirici, come nel caso in esame, mirando alla dissacrazione di un personaggio pubblico, come (OMISSIS), con l’intento di colpire l’opinione pubblica e stimolare le coscienze su un tema di indubbio rilievo nell’attualita’, come l’utilizzo dei denaro pubblico e la necessita’ di evitare improprie commistioni tra ruolo pubblico e privato. Non e’ superfluo ricordare che quanto maggiore e’ il potere esercitato, maggiore e’ l’esposizione alla critica, perche’ chi esercita poteri pubblici deve essere sottoposto ad un rigido controllo sia da parte dell’opposizione politica che dei cittadini (Sez. 5, n. 11662 del 06/02/2007, Iannuzzi, Rv. 236362). (OMISSIS) era il presidente del consiglio superiore dei Beni culturali e l’aver tenuto i comportamenti riportati negli articoli lo ha esposto alla critica.
5. La critica e’ lecita se non sconfina nell’invettiva. Quest’ultima e’ gratuita, in quanto colpisce direttamente la persona, senza un giustificato collegamento colle vicende riferite. Il giudizio critico, invece, si caratterizza per essere corredato da una argomentazione che esplicita la ragione della censura, in un modo non illogico ne’ contrastante col senso comune (Sez. 5, Sentenza n. 11662 del 2007).
Nel provvedimento impugnato non si e’ in alcun modo evidenziato che negli articoli in esame il collegamento tra gli specifici fatti posti in essere da (OMISSIS) nella sua veste pubblica (il finanziamento ad un progetto della propria figlia, quello per il restauro del (OMISSIS), non aperto al pubblico; il tentativo di cessione onerosa di un brevetto) e la critica sul modello di gestione del patrimonio culturale italiano dallo stesso (e da altri) propugnata, sia venuto meno per far luogo a una inutile aggressione alla sfera personale di (OMISSIS) (“in termini di ludibrio della sua immagine e dell’esposizione a qualsiasi forma di gratuito disprezzo”), ma una critica direttamente collegata all’idea che si voleva veicolare. Ne’, certamente, questa potrebbe ritenersi integrata per il solo ricorso, in alcuni passaggi, a modalita’ che sono proprie della satira (vedi il richiamo al “Piano alla Toto’ truffa”, riferito alla vendita del proprio brevetto), la quale realizza in se’ una espressione della liberta’ di manifestazione del pensiero che, con la sua ironia, il suo intento scherzoso (animus iocandi), rientra -secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale e culturale – nella scriminante dell’esercizio di un diritto, ex articolo 21 Cost. e articolo 51 c.p..
Alla stregua di quanto sopra, nella reiterata totale carenza illustrativa dei presupposti per escludere, in riferimento al fumus commissi delicti del reato contestato, la sussistenza della causa di giustificazione costituita dal diritto di cronaca e di critica, s’impone l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata nonche’ del provvedimento di sequestro del 20/9/2012 del GIP del Tribunale di Roma, con restituzione di quanto in sequestro agli aventi diritto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata nonche’ il provvedimento di sequestro del 20/8/2012 del GIP del Tribunale di Roma e ordina la restituzione di quanto in sequestro agli aventi diritto.
Manda per l’adempimento ex articolo 626 c.p.p

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