Il credito costituito dal compenso in favore dell’amministratore di societa’, anche se di nomina giudiziaria, non e’ assistito dal privilegio generale di cui all’articolo 2751 bis c.c., n. 2, atteso che egli non fornisce una prestazione d’opera intellettuale, ne’ il contratto tipico che lo lega alla societa’ e’ assimilabile al contratto d’opera, di cui agli articoli 2222 c.c. e segg., non presentando gli elementi del perseguimento di un risultato, con la conseguente sopportazione del rischio, mentre l'”opus” (e cioe’ l’amministrazione) che egli si impegna a fornire non e’, a differenza di quello del prestatore d’opera, determinato dai contraenti preventivamente, ne’ e’ determinabile aprioristicamente, identificandosi con la stessa attivita’ d’impresa
Suprema Corte di Cassazione
sezione I civile
sentenza 21 febbraio 2017, n. 4406
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIDONE Antonio – Presidente
Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere
Dott. FERRO Massimo – Consigliere
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 5487/2011 proposto da:
(OMISSIS), (C.F. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, in persona del Curatore Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di IVREA, depositato il 16/12/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/12/2016 dal Consigliere Dott. MARIA ACIERNO;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato (OMISSIS), con delega, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per il controricorrente, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SOLDI Anna Maria, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
(OMISSIS) ha richiesto, previo accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro che lo ha legato alla societa’ a responsabilita’ limitata, dichiarata fallita, (OMISSIS), l’ammissione al passivo fallimentare delle somme richieste in virtu’ di tale rapporto. Ha precisato di aver rivestito la carica di amministratore delegato dal (OMISSIS) con compenso annuo elevabile al raggiungimento di targets aziendali (utilizzo di auto aziendale, rimborso spese di affitto di appartamento); diritto al percepimento di un’indennita’ di fine mandato e trattamento di fine rapporto; indennita’ a titolo risarcitorio in caso di risoluzione del contratto prima della scadenza triennale.
– Successivamente, ha precisato che gli e’ stata conferita, dal 26/9/2007 delega per la gestione ordinaria dell’amministrazione sociale con poteri di spesa fino a 500.000 Euro. In via subordinata ha richiesto la qualificazione dell’attivita’ svolta all’interno del contratto di prestazione d’opera intellettuale ed il riconoscimento del conseguente privilegio.
Le domande di ammissione in via privilegiata sono state disattese ed il credito azionato e’ stato riconosciuto in via chirografaria per Euro 387.897,60.
Proposta opposizione allo stato passivo, il Tribunale di Ivrea l’ha rigettata osservando che la descrizione del lavoro svolto dall’opponente rientra perfettamente nell’ambito della qualifica di amministratore delegato. Le deposizioni testimoniali non hanno evidenziato un assoggettamento dell’amministratore delegato agli altri membri del consiglio di amministrazione operanti in Francia. La sentenza del Tribunale di Roubaix (non prodotta da alcuna delle parti) di fallimento non ha valore di giudicato e si limita a indicare come centro principale degli interessi la sede francese. La circostanza che tale sede prendesse decisioni strategiche vincolanti per l’Italia non esclude l’autonomia della sede italiana e dell’attivita’ dell’amministratore delegato. Anche la presenza dell’amministratore delegato in sede, se messa in correlazione con l’elevatissimo compenso pattuito per le mansioni da svolgere all’interno del consiglio di amministrazione, costituisce una circostanza neutra ai fini della individuazione di un rapporto di lavoro subordinato in ordine al compenso all’amministratore delegato.
Quanto alla quantificazione del credito e alla sua qualificazione la Corte ne statuisce la natura chirografaria, alla luce della giurisprudenza di legittimita’ in ordine al compenso all’amministratore delegato.
Si tratta di una prestazione non inquadrabile ne’ nella prestazione d’opera intellettuale, ne’ nel contratto d’opera ex articolo 2222 c.c., non avendo ad oggetto la realizzazione di un prevedibile risultato con la conseguente sopportazione del rischio. Peraltro la funzione di amministratore porta ad escludere il privilegio anche per una ragione di equita’: chi ha concorso a provocare la crisi d’impresa non puo’ essere privilegiato rispetto agli altri creditori. L’attivita’ di gestione non e’ riducibile a nessuno dei modelli indicati, essendo caratterizzata dai poteri organizzativi autonomi dei fattori di produzione.
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il (OMISSIS). Ha resistito con controricorso il fallimento. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Nel primo motivo viene dedotta la violazione dell’articolo 2094 c.c., per avere il Tribunale ritenuto che le attivita’ svolte dal ricorrente fossero tutte riconducibili all’interno della funzione gestoria connessa alla qualita’ di amministratore delegato, risultando, invece, evidente dall’esame delle mansioni svolte cosi’ come descritte nell’amplissima delega ad esso conferita e dall’istruttoria eseguita, la natura subordinata del rapporto. L’assunzione di tale funzione all’interno dell’organizzazione della societa’ non esclude la coesistenza di un rapporto di lavoro subordinato a contenuto dirigenziale.
Nel secondo motivo la medesima censura e’ prospettata sotto il profilo della violazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 e si concentra sulla critica della selezione e valutazione delle risultanze istruttorie (ed in particolare delle deposizioni testimoniale) svolta nel provvedimento impugnato.
Le censure sono entrambe inammissibili. Nella prima, nonostante la qualificazione formale di vizio di violazione di legge viene contestata la riconduzione della complessiva attivita’ svolta dal ricorrente, sotto il duplice profilo del contenuto della delega e delle risultanze istruttorie, all’interno della funzione gestoria. Nella seconda si contesta la selezione e la valutazione delle risultanze istruttorie da parte del giudice del merito. In entrambe le censure, di conseguenza, si intende colpire l’accertamento e la valutazione, insindacabile, in quanto fondata su ampia e completa giustificazione delle ragioni della conclusione adottata, dei fatti acquisiti al giudizio, comprensivi anche dell’esame della delega cosi’ come contenuto nello statuto della societa’ fallita. A tale ultimo riguardo non e’ puntuale il richiamo, contenuto nella memoria di parte ricorrente, alle sentenze di questa Corte 6/11/2013 n. 24972; 22/3/2013 n. 7312 e 1/8/2013 n. 18414, in quanto non e’ in discussione, nel presente giudizio l’astratta possibilita’ che un organo di persona giuridica, salvo che non sia amministratore unico, possa essere vincolato all’ente da un rapporto di lavoro subordinato o la non esaustivita’ del contenuto formale della delega, ma, al contrario, come ribadito costantemente da questa Corte, la valutazione concreta ed effettiva dell’attivita’ svolta al fine della corretta qualificazione giuridica della stessa (ex multis Cass. 28/6/2004 n. 11978; 17/2/2000 n. 1791; del 2000), la quale costituisce insindacabile accertamento di fatto (Cass. 24/5/2000 n. 6819) ove adeguatamente giustificata, come nella specie. Il Tribunale ha ritenuto al riguardo l’onere della prova incombente in via esclusiva sul ricorrente. (Cass. n. 24792 del 2013).
L’inammissibilita’ si estende anche alla contestazione relativa alla selezione e valutazione delle risultanze istruttorie svolta nel provvedimento impugnato, trattandosi di giudizio del tutto insindacabile ove, come nella specie, adeguatamente giustificato (Cass. 27/7/2006 n. 17145; 28/1072009 n. 22801; 4/372011 n. 5241).
Nel terzo motivo viene dedotto il vizio di omessa pronuncia in ordine alla violazione del Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 61, per non avere il Tribunale affrontata la questione prospettata in via subordinata dal ricorrente ed avente ad oggetto la qualificazione dell’attivita’ svolta dal (OMISSIS) come di collaborazione coordinata e continuativa senza la preventiva indicazione di uno specifico progetto. Tale attivita’ secondo il citato articolo 61, da porre in correlazione con l’articolo 69, conduce alla riqualificazione dell’attivita’ come di lavoro subordinato.
La censura e’ manifestamente infondata. In primo luogo la parte ricorrente non ha neanche dedotto che il rapporto tra la societa’ francese e quella italiana fosse riconducibile, tecnicamente, a quella tra controllante e controllata, cui si applica in via esclusiva la disciplina normativa invocata. Correlata a tale carenza deve riscontrarsi l’omessa deduzione e allegazione dell’esistenza di un rapporto di lavoro con la societa’ controllante. Infine, il provvedimento impugnato, avendo accertato insindacabilmente che l’attivita’ del (OMISSIS), cosi’ come emersa dalle complessive risultanze istruttorie, pienamente ed esaustivamente riconducibile a quella gestoria, coerentemente con la funzione di amministratore delegato svolta dal ricorrente, ha fornito una risposta anche al profilo subordinato di censura di cui si lamenta l’omissione (Cass. 2/12/2014 n. 25509). Dall’accertamento svolto, in conclusione, risulta esclusa l’inquadrabilita’ dell’attivita’ svolta dal ricorrente, cosi’ come accertata, nell’attivita’ di collaborazione coordinata e continuativa o in qualsiasi altra forma di rapporto lavorativo anche di natura autonoma, cosi’ escludendosi la ricorrenza del presupposto fattuale per l’applicazione della normativa invocata.
Nel quarto motivo viene dedotta la violazione dell’articolo 2751 bis c.c., n. 2, per non aver riconosciuto il privilegio conseguente all’inquadramento dell’attivita’ svolta da (OMISSIS) all’interno del contratto d’opera o della prestazione d’opera intellettuale, dal momento che la tradizionale distinzione tra obbligazione di mezzi e di risultato (quest’ultima propria della funzione gestoria) trascura elementi obiettivi in continuo divenire quali le nuove forme di compenso premiale (stock options e managment by obiectives) che caratterizzano anche rapporti di lavoro ma ripetitivo anche se formalmente rivolto alla prestazione d’opera.
La censura e’ manifestamente infondata alla luce dell’indirizzo del tutto consolidato di questa Corte ribadito anche di recente, secondo il quale:
“Il credito costituito dal compenso in favore dell’amministratore di societa’, anche se di nomina giudiziaria, non e’ assistito dal privilegio generale di cui all’articolo 2751 bis c.c., n. 2, atteso che egli non fornisce una prestazione d’opera intellettuale, ne’ il contratto tipico che lo lega alla societa’ e’ assimilabile al contratto d’opera, di cui agli articoli 2222 c.c. e segg., non presentando gli elementi del perseguimento di un risultato, con la conseguente sopportazione del rischio, mentre l'”opus” (e cioe’ l’amministrazione) che egli si impegna a fornire non e’, a differenza di quello del prestatore d’opera, determinato dai contraenti preventivamente, ne’ e’ determinabile aprioristicamente, identificandosi con la stessa attivita’ d’impresa (Cass. 27/2/2014 n. 2729; cui adde 18/5/2007 n. 11652; 24/4/2004 n. 9911).
Nella specie, peraltro, il Tribunale ha, in concreto, ricondotto l’attivita’ svolta dal ricorrente esclusivamente alla funzione gestoria, cosi’ escludendo anche mediante il proprio insindacabile accertamento di fatto, l’inquadramento della stessa nelle fattispecie indicate dall’articolo 2751 bis c.c., n. 2.
In conclusione il ricorso deve essere rigettato con applicazione del principio della soccombenza in ordine alle spese processuali del presente giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio in favore della parte controricorrente da liquidarsi in Euro 8000 per compensi; Euro 200, per esborsi oltre accessori di legge
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