L’art. 659 cod. pen. prevede due autonome fattispecie di reato, configurate rispettivamente dai commi 1 e 2. L’elemento che le differenzia è rappresentato dalla fonte del rumore prodotto, giacché, ove esso provenga dall’esercizio di una professione o di un mestiere rumorosi, la condotta rientra nella previsione del secondo comma del citato articolo per il semplice fatto della esorbitanza rispetto alle disposizioni di legge o alle prescrizioni dell’autorità, presumendosi la turbativa della pubblica tranquillità. Qualora, invece, le vibrazioni sonore non siano causate dall’esercizio dell’attività lavorativa, ricorre l’ipotesi di cui all’art. 659, comma 1, cod. pen., per la quale occorre che i rumori superino la normale tollerabilità ed investano un numero indeterminato di persone, disturbando le loro occupazioni o il riposo. Pertanto, i rumori molesti provenienti da un’attività lavorativa integrano la fattispecie di cui all’art. 659, comma 2, cod. pen. quando originino da elementi strettamente connessi, strumentali e necessari all’esercizio dell’attività medesima.

Sentenza 4 settembre 2017, n. 39883
Data udienza 29 agosto 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE FERIALE PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI TOMASSI Mariastefania – Presidente

Dott. SCARLINI Enrico V. S. – Consigliere

Dott. RECCHIONE Sandra – Consigliere

Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere

Dott. MENGONI Enrico – Rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 23/1/2017 del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

sentita la relazione svolta dal consigliere Dott. Mengoni Enrico;

udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa Lori Perla, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 23/1/2017, il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto dichiarava (OMISSIS) colpevole della contravvenzione di cui all’articolo 659 c.p., e, per l’effetto, lo condannava alla pena di Euro 250,00 di ammenda; allo stesso, quale legale rappresentante di un albergo, era contestato di aver disturbato le occupazioni o il riposo delle persone abusando di strumenti sonori e, in particolare, di un impianto di amplificazione musicale e di uno di condizionamento d’aria.

2. Propone ricorso per cassazione il (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore, deducendo i seguenti motivi:

– violazione dell’articolo 659 c.p., comma 2, L. n. 447 del 1995 articolo 10. Il ricorrente sarebbe stato condannato pur in presenza di una condotta di rilievo soltanto amministrativo, non potendosi ravvisare gli estremi dell’articolo 659 c.p., comma 1, come invece affermato nella sentenza;

– inosservanza della norma medesima. Il Tribunale non avrebbe compiuto alcuna effettiva verifica in ordine alla potenzialita’ diffusiva dei rumori in oggetto e, in particolare, non avrebbe accertato l’oggettiva idoneita’ degli stessi a superare una soglia di normale tollerabilita’; la responsabilita’ del (OMISSIS), dunque, sarebbe stata affermata in forza di mere valutazioni soggettive di parti civili, prive di qualsivoglia oggettivo riscontro;

– violazione dell’articolo 192 c.p.p., comma 1 e articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera c). La sentenza non avrebbe valutato affatto le prove indotte dalla difesa, analiticamente richiamate, che darebbero conto dell’assenza dei presupposti del reato e, pertanto, dell’insussistenza del fatto contestato.

Si conclude, pertanto, per l’annullamento della decisione.

Con memoria a data (OMISSIS), la parte civile (OMISSIS) ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il gravame risulta infondato in forza delle considerazioni che seguono.

L’articolo 659 c.p., prevede due autonome fattispecie di reato, configurate rispettivamente dall’articolo 659 c.p., comma 1 e articolo 659 c.p., comma 2. L’elemento che le differenzia e’ rappresentato dalla fonte del rumore prodotto, giacche’, ove esso provenga dall’esercizio di una professione o di un mestiere rumorosi, la condotta rientra nella previsione dell’articolo 659 c.p., comma 2, per il semplice fatto della esorbitanza rispetto alle disposizioni di legge o alle prescrizioni dell’autorita’, presumendosi la turbativa della pubblica tranquillita’. Qualora, invece, le vibrazioni sonore non siano causate dall’esercizio dell’attivita’ lavorativa, ricorre l’ipotesi di cui all’articolo 659 c.p., comma 1, per la quale occorre che i rumori superino la normale tollerabilita’ ed investano un numero indeterminato di persone, disturbando le loro occupazioni o il riposo (Sez. 1, 17/12/1998, n. 4820, Mannelli, Rv. 213395, in un caso di emissioni rumorose provocate non dall’attivita’ di una discoteca, bensi’ dall’impianto di condizionamento). Nei medesimi termini, dunque, questa Corte ha piu’ volte affermato che i rumori molesti provenienti da un’attivita’ lavorativa integrano la fattispecie di cui all’articolo 659 c.p., comma 2, quando originino da elementi strettamente connessi, strumentali e necessari all’esercizio dell’attivita’ medesima; in applicazione di questo principio, dunque, questa Corte ha piu’ volte affermato che un bar autorizzato a rimanere aperto fino a tarda notte ed all’uso di strumenti musicali e di diffusione sonora deve essere classificato come esercizio di un “mestiere rumoroso”, proprio perche’ l’utilizzazione degli stessi strumenti e’ da considerare come connessa ed indispensabile all’esercizio dell’attivita’ medesima (cfr. Sez. 1, 26/2/2008, n. 11310, Fresina, Rv. 239165).

Cio’ rilevato, deve poi sottolinearsi a mente della giurisprudenza piu’ recente – che l’inquinamento acustico conseguente all’esercizio di mestieri rumorosi, che si concretizza nel mero superamento dei limiti massimi o differenziali di rumore fissati dalle leggi e dai decreti presidenziali in materia, integra l’illecito amministrativo di cui alla L. 26 ottobre 1995, n. 447, articolo 10, comma 2 (legge quadro sull’inquinamento acustico) e non la contravvenzione di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone (articolo 659 c.p., comma 2) (Sez. 3, n. 34920 dell’11/6/2015, Masselli, Rv. 264739; Sez. 1, 13.11.2012, n. 48309, Carrozzo, Rv. 254088); del pari, si e’ affermato che, in tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, la condotta costituita dal superamento dei limiti di accettabilita’ di emissioni sonore derivanti dall’esercizio di professioni o mestieri rumorosi non configura l’ipotesi di reato di cui all’articolo 659 c.p., comma 2, in oggetto, ma l’illecito amministrativo di cui alla citata L. n. 447 del 1995, in applicazione del principio di specialita’ contenuto nella L. 24 novembre 1981, n. 689, articolo 9″ (Sez. 3, 31.1.2014, n. 13015, Vazzana. Rv. 258702).

5. Orbene, tutto cio’ premesso, osserva la Corte che la sentenza impugnata ha affermato la responsabilita’ del (OMISSIS) con riferimento esclusivo alle emissioni provenienti dall’impianto di condizionamento dell’aria, implicitamente negando rilevanza penale all’altra condotta contestata (disturbo con elevato volume dell’impianto di amplificazione musicale), perche’ non piu’ prevista dalla legge come reato, nei termini appena richiamati; quel che si ricava con chiarezza dal testo della pronuncia e, in particolare, dal primo capoverso della pag. 6, che “concentra” ogni attenzione del giudicante (anche con riguardo alle emergenze istruttorie) soltanto sul primo profilo, attribuendo dunque all’altro, di fatto, rilievo esclusivamente amministrativo. Ne consegue che tutte le doglianze qui proposte concernenti tale secondo ambito (anche in punto di valutazione delle prove orali) debbono esser rigettate, poiche’ attinenti ad un profilo di responsabilita’ che la sentenza ha di fatto escluso, riconoscendo la colpevolezza del ricorrente con riferimento ad un solo, specifico ambito.

Il Tribunale, tuttavia, non ha espresso in dispositivo questo (pur chiaro) elemento, che deve pertanto esser esplicitato da questa Corte, annullando senza rinvio la sentenza impugnata – limitatamente alla contestazione relativa al volume dell’impianto di amplificazione per la diffusione della musica – perche’ il fatto non e’ previsto dalla legge come reato; e senza che si debba intervenire sul trattamento sanzionatorio che, invero, risulta esser stato individuato dal Giudice di merito con riferimento esclusivo alle emissioni da impianto di condizionamento.

7. Con riguardo a queste ultime, peraltro, il ricorso deve essere rigettato; attraverso tali doglianze, infatti, il (OMISSIS) tende ad ottenere una valutazione diversa e nuova delle medesime emergenze istruttorie gia’ esaminate dal Giudice del merito (specie quelle testimoniali), sollecitandone una lettura alternativa e piu’ favorevole.

Il che non e’ consentito. Al riguardo, infatti, occorre ribadire che il controllo del Giudice di legittimita’ sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia l’oggettiva tenuta sotto il profilo logico-argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 3, n. 12110 del 19/3/2009, Campanella, n. 12110, Rv. 243247).

8. Il gravame, inoltre, oblitera che la sentenza ha riconosciuto la penale responsabilita’ del ricorrente in forza di un congruo apparato argomentativo, fondato su oggettive risultanze dibattimentali e privo di qualsivoglia illogicita’ manifesta; come tale, dunque, non censurabile. In particolare, ha evidenziato che l’albergo gestito dal ricorrente era munito di un impianto di condizionamento dell’aria (posto sul tetto) non insonorizzato, privo di paratie e particolarmente rumoroso, e tale da disturbare il riposo quotidiano di numerose persone dimoranti nei dintorni; quel che impediva di configurare il solo illecito amministrativo, nei termini sopra riportati, non potendosi configurare una fonte rumorosa ex se strumentale all’attivita’ alberghiera, come tale insuscettibile di riduzione di emissioni. Quanto appena riportato era stato tratto dalle deposizioni dei testi d’accusa (che la sentenza ha congruamente richiamato, giudicandole circostanziate e precise, quindi attendibili), in uno con la documentazione acquisita, che dava atto di un carteggio da tempo intercorrente tra l’albergo ed il condominio delle parti civili, volto a sollecitare una soluzione del problema. Quel che, pero’, non era accaduto, si’ da incidere – con logico argomento anche sul punto – sul profilo soggettivo della condotta, come ancora evidenziato dalla sentenza in esame. In tal modo, dunque, il Tribunale ha fatto buon governo 1) del principio – costantemente affermato in questa sede – in forza del quale l’affermazione di responsabilita’ per la fattispecie de qua non implica, attesa la natura di reato di pericolo presunto, la prova dell’effettivo disturbo di piu’ persone, essendo sufficiente l’idoneita’ della condotta a disturbarne un numero indeterminato (per tutte, Sez. 3, n. 8351 del 24/6/2014, Calvarese, Rv. 262510); 2) dell’ulteriore principio, del pari consolidato, per cui l’attitudine dei rumori a disturbare il riposo o le occupazioni delle persone non va necessariamente accertata mediante perizia o consulenza tecnica, di tal che’ il Giudice ben puo’ fondare il proprio convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, si’ che risulti oggettivamente superata la soglia della normale tollerabilita’ (per tutte, Sez. 3, n. 11031 del 5/2/2015, Montoli, Rv. 263433, a mente della quale in tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, l’effettiva idoneita’ delle emissioni sonore ad arrecare pregiudizio ad un numero indeterminato di persone costituisce un accertamento di fatto rimesso all’apprezzamento del giudice di merito, il quale non e’ tenuto a basarsi esclusivamente sull’espletamento di specifiche indagini tecniche, ben potendo fondare il proprio convincimento su altri elementi probatori in grado di dimostrare la sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete).

Una motivazione del tutto adeguata e non meritevole di censura, dunque, come tale idonea a fondare un giudizio di penale responsabilita’ e ad imporre il rigetto anche della doglianza concernente la valutazione dei testi a difesa, ampiamente richiamati, poiche’ di natura fattuale (quindi, inammissibile) e non suscettibile di esame in questa sede; e con la ulteriore considerazione che la testimonianza Zingale – che si contesta non esser stata valutata (al pari di quella Bisignano, relativa, pero’, al profilo di responsabilita’ non riconosciuto) – giammai avrebbe potuto ricoprire rilievo decisivo nella vicenda in esame, avendo il teste affermato – come da verbale allegato al ricorso – di aver dormito nell’albergo e di non aver ricevuto alcun disturbo, cosi’ pero’ non potendo riferire (profilo invero determinante) con riguardo alle emissioni sonore percepite all’esterno della struttura medesima.

8. Il ricorso, pertanto, deve essere sul punto rigettato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla contestazione relativa al volume dell’impianto di amplificazione per la diffusione della musica, perche’ il fatto non e’ previsto dalla legge come reato, ferma la pena inflitta.

Rigetta nel resto il ricorso.

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