Corte di Cassazione, sezione feriale, sentenza 4 settembre 2017, n. 39882. Omesso versamento delle ritenute previdenziali e contributive. La soglia di punibilità di 10mila euro ex Dlgs n.8/2016

Omesso versamento delle ritenute previdenziali e contributive. Con l’introduzione della soglia di punibilità di 10mila euro ex Dlgs n.8/2016 il legislatore non si è limitato a introdurre un limite di non punibilità, ma ha configurato tale superamento come vero e proprio elemento caratterizzante il disvalore di offensività: in altre parole il reato deve ritenersi già perfezionato nel momento e nel mese in cui l’importo non versato, calcolato a decorrere dal mese di gennaio dell’anno considerato, superi l’importo di 10mila euro.

Sentenza 4 settembre 2017, n. 39882
Data udienza 29 agosto 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE FERIALE PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI TOMASSI Mariastefania – Presidente

Dott. SCARLINI Enrico V. S. – Consigliere

Dott. RECCHIONE Sandra – Consigliere

Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere

Dott. MENGONI Enrico – Rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nata a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 24/1/2017 della Corte di appello di Catania;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

sentita la relazione svolta dal consigliere Dott. Mengoni Enrico;

udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa Lori Perla, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio per prescrizione quanto alle condotte da (OMISSIS), e l’annullamento senza rinvio per esser il fatto non punibile quanto alle successive.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 24/1/2017, la Corte di appello di Catania confermava la pronuncia emessa 1’11/9/2015 dal Tribunale di Ragusa, con la quale (OMISSIS) era stata giudicata colpevole del delitto di cui all’articolo 81 cpv. c.p., Decreto Legge 12 settembre 1983, n. 463, articolo 2, comma 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 1983, n. 638, e condannata alla pena di due mesi di reclusione e Euro 300,00 di multa; alla stessa – nella qualita’ di legale rappresentante di due distinte ditte – era contestato di non aver versato le ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei dipendenti nell'(OMISSIS), per un importo complessivo di circa Euro 11.200,00.

2. Propone ricorso per cassazione la (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore, deducendo i seguenti motivi:

– violazione degli articoli 157, 160, 161 c.p., e articolo 129 c.p.p.. La Corte di appello non si sarebbe avveduta della maturata prescrizione di numerose delle condotte ascritte, contestate in continuazione, quantomeno con riguardo alle mensilita’ da (OMISSIS) (e fino a comprendere anche quelle di aprile e maggio dello stesso anno, qualora si applichi la sospensione del termine ai sensi del solo Decreto Legge 12 settembre 1983, n. 463, articolo 2, comma 1-quater); ne deriverebbe la violazione delle norme contestate;

– violazione dell’articolo 129 c.p.p., con riguardo al Decreto Legislativo 15 gennaio 2016, n. 8, articolo 3, comma 6. Qualora la Corte di merito avesse accertato quanto precede, avrebbe altresi’ constatato che – in ordine alle mensilita’ residue, non colpite da prescrizione – non era piu’ raggiunta la soglia di punibilita’ di Euro 10.000,00 annui, di cui al Decreto Legislativo n. 8 del 2016; con ogni conseguenza in termini di proscioglimento;

– violazione dell’articolo 131-bis c.p.; vizio motivazionale. La sentenza avrebbe negato Fa causa di non punibilita’ per particolare tenuita’ con argomento carente e contraddittorio; in particolare, e premessa la pacifica applicazione dell’istituto anche a condotte per le quali sia prevista una soglia di punibilita’, il Collegio avrebbe omesso la doverosa verifica degli elementi di cui all’articolo 133 c.p., comma 1, valorizzando peraltro un precedente specifico – neppure citato – la cui rilevanza sarebbe stata gia’ esclusa dal primo Giudice.

Si chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso risulta fondato limitatamente alla prima doglianza.

Con riguardo, infatti, all’eccepita prescrizione del reato – per talune mensilita’ – gia’ alla data della pronuncia di appello, osserva la Corte che, in effetti, le omissioni relative al periodo (OMISSIS) erano gia’ estinte al (OMISSIS); ed invero, individuato il dies a quo nel giorno 16 del mese successivo a quello di riferimento, applicata la sospensione trimestrale della prescrizione di cui alla L. 11 novembre 1983, n. 638, articolo 2, comma 1-quater, nonche’ quella ordinaria ex articolo 159 c.p., il termine prescrizionale per le mensilita’ citate e’ spirato tra il (OMISSIS). In epoca anteriore, quindi, alla pubblicazione della sentenza di secondo grado.

5. La fondatezza della prima doglianza, dunque, comporta ex se che il gravame non possa esser ritenuto inammissibile, si’ da doversi dichiarare l’intervenuta estinzione per prescrizione anche di ulteriori mensilita’ oggetto di rubrica, fino a quella di (OMISSIS) compreso; ed invero, applicando i termini di calcolo appena richiamati, la fattispecie di reato relativa a tale ultimo periodo si e’ estinta il (OMISSIS).

Si impone, pertanto, l’annullamento della sentenza senza rinvio – quanto alle omissioni relative alle mensilita’ da gennaio ad (OMISSIS) compresi – per esser tali episodi estinti per prescrizione.

6. Residua, dunque, la sola mensilita’ di (OMISSIS).

Al riguardo, occorre innanzitutto rilevare l’infondatezza della seconda censura di cui al ricorso, in punto di irrilevanza penale del fatto.

Questa Corte, infatti, ha gia’ affermato – con indirizzo condiviso dal Collegio e qui da ribadire – che, con l’introduzione della soglia di Euro 10.000,00 annui, di cui al Decreto Legislativo n. 8 del 2016, il legislatore non si e’ limitato semplicemente ad introdurre un limite di “non punibilita’” delle condotte lasciando inalterato, per il resto, l’assetto della precedente figura normativa (che, come noto, nessun limite prevedeva), ma ha configurato tale superamento, strettamente collegato al periodo temporale dell’anno, quale vero e proprio elemento caratterizzante il disvalore di offensivita’ che viene a segnare, tra l’altro, il momento consumativo dello stesso; in altri termini, il reato deve ritenersi gia’ perfezionato, in prima battuta, nel momento e nel mese in cui l’importo non versato, calcolato a decorrere dalla mensilita’ di gennaio dell’anno considerato, superi l’importo di Euro 10.000,00 senza che, peraltro, attesa, come si e’ detto, la necessaria connessione con il periodo temporale dell’anno, le ulteriori omissioni che seguano nei mesi successivi dello stesso anno sino al mese finale di dicembre possano “aprire” un nuovo periodo e, dunque, dare luogo, in caso di secondo superamento, ad un ulteriore reato. Tali omissioni, infatti, contribuiscono ad accentuare la lesione inferta al bene giuridico per effetto del gia’ verificatosi superamento dell’importo di legge sicche’, da un lato, non possono semplicemente atteggiarsi quale post factum penalmente irrilevante e, dall’altro, approfondendo il disvalore gia’ emerso, non possono segnare, in corrispondenza di ogni ulteriore mensilita’ non versata, un ulteriore autonomo momento di disvalore (che sarebbe infatti assorbito da quello gia’ in essere). Ricorre, in realta’ dunque, a ben vedere, alla stessa stregua di altre figure criminose (come, ad esempio, le fattispecie di corruzione o di usura: cfr. rispettivamente, per la prima, Sez. 6, n. 49226 del 25/09/2014, Chisso, Rv.261352; per la seconda, da ultimo, Sez. 2, n. 40380 del 11/06/2015, P.G., Tiesi in proc. Cardamone, Rv.264887), una fattispecie caratterizzata dalla progressione criminosa nel cui ambito, una volta superato il limite di legge, le ulteriori omissioni nel corso del medesimo anno si atteggiano a momenti esecutivi di un reato unitario a consumazione prolungata la cui definitiva cessazione viene a coincidere con la scadenza prevista dalla legge per il versamento dell’ultima mensilita’, ovvero, come noto, con il termine del 16 del mese di gennaio dell’anno successivo.

Quanto sopra comporta dunque che, rispetto alla precedente figura di reato, il momento consumativo sia evidentemente diverso: mentre nel precedente assetto normativo il reato si consumava in corrispondenza di ogni omesso versamento mensile (cfr., da ultimo, Sez. 3, n. 26732 del 05/03/2015, P.G. in proc. Bongiorno, Rv. 264031), nell’attuale e nuovo la consumazione appare coincidere, secondo una triplice diversa alternativa, o con il superamento, a partire dal mese di gennaio, dell’importo di Euro 10.000,00 ove allo stesso non faccia piu’ seguito alcuna ulteriore omissione, o con l’ulteriore o le ulteriori omissioni successive sempre riferite al medesimo anno ovvero, definitivamente e comunque, laddove anche il versamento del mese di dicembre sia omesso, con la data del 16 gennaio dell’anno successivo. La struttura del “nuovo” reato come tratteggiata sopra, impone inoltre di tenere conto, al fine dell’individuazione o meno del superamento del limite di legge di Euro 10.000,00 di tutte le omissioni verificatesi nel medesimo anno e, dunque, nella specie, anche di quelle eventualmente estinte per prescrizione: del resto, la mera declaratoria di estinzione del reato per ragioni connesse al decorso del tempo non puo’ significare elisione della materiale sussistenza del fatto di omesso versamento (per tutte, Sez. 3, n. 37232 dell’11/5/2016, Lanzoni, Rv. 268308; Sez. 3, n. 649 del 20/10/2016, Messina, Rv. 268813).

Dal che, l’infondatezza della seconda doglianza.

8. Con riguardo alla stessa mensilita’ di (OMISSIS), peraltro, ritiene questa Corte di poter direttamente provvedere alla rideterminazione del trattamento sanzionatorio, a tal fine richiamando l’articolo 620 c.p.p., comma 1, lettera I), per come novellato dalla L. 23 giugno 2017, n. 103; ed a mente del quale, la Corte di cassazione pronuncia sentenza di annullamento senza rinvio se ritiene di poter decidere, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, o di rideterminare la pena sulla base delle statuizioni del giudice di merito o di adottare i provvedimenti necessari, e in ogni altro caso in cui ritiene superfluo il rinvio. Orbene, in forza di questo principio, e valutata la gravita’ della residua omissione secondo i parametri dell’articolo 133 c.p., si stima congrua la pena di 15 giorni di reclusione e Euro 50,00 di multa, condizionalmente sospesa come gia’ disposto in sede di merito.

7. Da ultimo, la causa di non punibilita’ di cui all’articolo 131-bis c.p.; orbene, anche sul punto ritiene la Corte che la questione sia infondata. La sentenza impugnata, infatti, con motivazione del tutto congrua e non suscettibile di censura, ha negato l’applicazione dell’istituto in ragione dell’ammontare dell’importo complessivo evaso (pari al 12.3% della soglia fissata dal Decreto Legislativo n. 8 del 2016), ritenendo che lo stesso non potesse esser qualificato come “irrisorio”, quindi di particolare tenuita’; quel che, peraltro, emerge anche dal numero delle mensilita’ oggetto di omissione, e dall’esser queste riferite a due distinti soggetti giuridici. Con piena applicazione, dunque, dei criteri di cui all’articolo 133 c.p., comma 1, tali da render priva di fondamento la censura qui proposta.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata relativamente agli episodi consumati sino ad (OMISSIS) e ridetermina la pena per il residuo episodio di (OMISSIS) in giorni 15 di reclusione e Euro 50,00 di multa.

Rigetta nel resto il ricorso.

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