Corte di Cassazione, sezione feriale penale, sentenza 17 ottobre 2017, n. 47603. Il reato previsto dall’articolo 8 del Dlgs n. 74 del 2000, presuppone l’alterità tra la persona che emette e la persona che utilizza le fatture

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Nel caso di specie con riferimento all’accertamento di responsabilita’ in ordine alla appropriazione indebita il ricorso contesta in modo aspecifico le conclusioni emergenti dal compendio motivazionale integrato delle due sentenze conformi di merito, senza individuare fratture logiche manifeste e decisive del percorso motivazionale, di fatto proponendo censure che non raggiungono la soglia della specificita’.
3. Il secondo ed il quarto motivo di ricorso diretti a contestare la legittimita’ della definizione del trattamento sanzionatorio sono manifestamente infondati.
Le doglianze rivolte nei confronti della definizione degli aumenti per la continuazione, che si risolve in una censura alla individuazione del quantum di pena inflitta, non tiene conto della consolidata giurisprudenza di legittimita’ che il collegio condivide secondo cui la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalita’ del giudice di merito, che la esercita, cosi’ come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli articoli 132 e 133 cod. pen.; ne discende che e’ inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruita’ della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (Cass. sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, Rv. 259142).Pertanto il giudice di merito, con la enunciazione, anche sintetica, della eseguita valutazione di uno (o piu’) dei criteri indicati nell’articolo 133 cod. pen., assolve adeguatamente all’obbligo della motivazione; infatti, tale valutazione rientra nella sua discrezionalita’ e non postula un’analitica esposizione dei criteri adottati per addivenirvi in concreto (Cass. Sez. 2, sent. n. 12749 del 19/03/2008, dep. 26/03/2008, Rv. 239754; Sez. 4, sent. n. 56 del 16/11/1988, dep. 5/1/1989 rv 180075). La determinazione in concreto della pena costituisce, infatti, il risultato di una valutazione complessiva e non di un giudizio analitico sui vari elementi offerti dalla legge, sicche’ l’obbligo della motivazione da parte del giudice dell’impugnazione deve ritenersi compiutamente osservato, anche in relazione alle obiezioni mosse con i motivi d’appello, quando egli, accertata l’irrogazione della pena tra il minimo e il massimo edittale, affermi di ritenerla adeguata o non eccessiva. Cio’ dimostra, infatti, che egli ha considerato sia pure intuitivamente e globalmente, tutti gli aspetti indicati nell’articolo 133 cod. pen. ed anche quelli specificamente segnalati con i motivi d’appello (Cass. Sez. 6, sent. n. 10273 del 20.5.1989 dep. 12.7.1989, rv 181825. Conf. mass. N. 155508; n. 148766; n. 117242).
Del pari: le doglianze proposte avverso la scelta di denegare le attenuanti generiche non si confrontano con la consolidata giurisprudenza secondo cui nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non e’ necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma e’ sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Cass. Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010 Rv. 248244; Cass. Sez. 1. n. 3772 del 11.01.1994, dep. 31.3.1994, rv 196880). La concessione delle attenuanti generiche richiede infatti l’apprezzamento di elementi positivi che orientino la discrezionalita’ affidata al giudice nella definizione del trattamento sanzionatorio verso la attribuzione di una sanzione meno afflittiva.
Nel caso di specie in coerenza con tali linee ermeneutiche la Corte territoriale non solo non rilevava elementi positivi ma riteneva ostativo l’atteggiamento processuale dell’imputato, che non aveva dimostrato segni di resipiscenza.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8 ed elimina la relativa pena di due mesi di reclusione e di Euro 100 di multa. Rigetta il ricorso in relazione al reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2. Dichiara inammissibile il ricorso in relazione al capo relativo all’articolo 646 cod. pen..

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