Corte di Cassazione, sezione quinta penale, sentenza 16 aprile 2018, n. 16751.

Non potendo assimilarsi l’amministratore di un sito internet ad alcuna delle specifiche figure di soggetti responsabili dei reati commessi col mezzo della stampa (articolo 57 c.p.), quali il direttore o vice-direttore responsabile, occorre individuare a quale titolo l’amministratore del sito internet puo’ rispondere del reato di diffamazione.
In mancanza di norme – come per i reati commessi con la stampa periodica – il reato di diffamazione puo’ essere ascritto all’amministratore del sito in base alla previsione secondo le regole comuni o perche’ autore della stessa o quale concorrente dell’autore materiale.

Sentenza 16 aprile 2018, n. 16751
Data udienza 19 febbraio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZAZA Carlo – Presidente

Dott. PEZZULLO Rosa – rel. Consigliere

Dott. SETTEMBRE Antonio – Consigliere

Dott. MOROSINI Elisabetta Mar – Consigliere

Dott. RICCARDI Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 14/09/2016 della CORTE APPELLO di MILANO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ROSA PEZZULLO;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. DI NARDO MARILIA che ha concluso per il rigetto.

Udito il difensore l’avv. (OMISSIS), chiede l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 14.09.2016 la Corte d’appello di Milano annullava la sentenza del G.u.p. di Varese del 22.2.2013 nei confronti di (OMISSIS), limitatamente ai fatti commessi sino al (OMISSIS) (essendo sino a tale data l’imputata minorenne), confermando nel resto la penale responsabilita’ della suddetta per il reato di cui all’articolo 81 c.p. e articolo 595 c.p., commi 1, 2 e 3, nonche’ L. n. 47 del 1948, articolo 13, rideterminando la pena in Euro 800,00 di multa, oltre al pagamento del risarcimento del danno in favore della costituita parte civile Lovati Stefania, ridotto ad Euro 2000,00.

1.1. L’imputata era stata ritenuta colpevole del reato di diffamazione, aggravata dall’utilizzazione del mezzo di pubblicita’ attraverso la rete Internet, per avere, comunicando con piu’ persone, diffuso notizie e scritti, utilizzando il proprio nome e cognome, o anche utilizzando lo pseudonimo di (OMISSIS), sul sito internet (OMISSIS) da lei amministrato, consistenti in una campagna denigratoria nei confronti delle case editrici a pagamento (di cui all’acronimo (OMISSIS)), campagna denominata “(OMISSIS)”, a mezzo della quale ledeva la reputazione di (OMISSIS), nella sua veste di rappresentante ed amministratrice della casa editrice “(OMISSIS)”, pubblicando, in particolare:

– asserzioni nel citato sito internet, con le quali gli editori a pagamento, tra i quali la parte civile, erano definiti con gli epiteti quali “cloache editoriali”, “truffatori”, “signori truffa”, “cosche mafiose”, “strozzini” e simili;

-immagini frutto di montaggio, riferibili alla (OMISSIS), atte a ridicolizzare la stessa;

– asserzioni con le quali la casa editrice (OMISSIS) come “stampatore editore che non offre distribuzione e produzione e produttore di libri di pessima qualita’;

– epiteti quali “arpia”, “repressa del cazzo”, “urticante peggio di una medusa”, “non ha altro da dire che non siano le solite stronzate”.

1.2. La Corte d’appello ed il primo giudice, evidenziavano, tra l’altro, – oltre alla portata offensiva di gran parte delle affermazioni riportate nel sito (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS)- che tale sito, pur non avendo caratteristiche di informazioni ascrivibili alla “stampa”, nondimeno costituiva la base per la costruzione di un gruppo settoriale di interesse, composto da scrittori esordienti, o aspiranti tali, mediante la discussione di temi comuni; da cio’ derivava che era possibile ricomprendere in esso quella comunicazione con piu’ persone e quella utilizzazione del mezzo della stampa di cui all’articolo 595 c.p., commi 1, 2 e 3; sussisteva, poi, la responsabilita’ diretta dell’imputata, non mediata dai criteri di cui all’articolo 57 c.p., per la disponibilita’ dell’amministrazione del sito Internet, che la rendeva responsabile di tutti i contenuti di esso accessibili dalla rete, sia quelli inseriti da lei stessa, sia quelli inseriti da utenti; l’imputata, inoltre, non si era limitata ad ospitare sul sito in questione gli interventi di altre persone, ma era l’ideatrice, l’ispiratrice e l’animatrice della campagna “(OMISSIS)” contro le case editrici a pagamento, che si risolveva in una campagna contro la casa Editrice “(OMISSIS)”, sicche’, anche se non era stata materialmente ella ad usare quegli epiteti offensivi rivolti alla (OMISSIS), nondimeno approvava quei contenuti e li condivideva, come dimostrato dal fatto che non risultavano delle scuse successive all’interessata, ne’ alcuna comunicazione sul sito.

2. Avverso la predetta sentenza, ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, a mezzo del suo difensore di fiducia, lamentando:

– con il primo motivo, la ricorrenza dei vizi di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), in relazione all’articolo 57 c.p.; invero, per poter processare e condannare colei che non e’ l’autrice materiale della diffamazione, ma la titolare del sito, che ha permesso la diffusione di contenuti diffamanti, e’ stato attribuito un ruolo di garanzia all’imputata, assimilando di fatto la figura del titolare del sito a quella del direttore del giornale, che ex articolo 57 c.p. risponde per la mancata vigilanza in ordine ai contenuti degli articoli pubblicati; piu’ specificamente la Corte d’appello, prima avrebbe negato una responsabilita’ indiretta dell’imputata, ma poi ha ritenuto di fatto la sua responsabilita’ per aver omesso i necessari controlli sul sito, tanto da aver permesso/approvato determinati contenuti e, quindi, anche per diffamazione a mezzo stampa e con l’aggravante del fatto determinato; si tratta, invero, di una valutazione illogica e, comunque, non e’ possibile equiparare in via interpretativa la responsabilita’ dell’imputata a quella del direttore del giornale, determinando cioe’ una fattispecie di reato non prevista dalla legge;

– con il secondo motivo, la ricorrenza dei vizi di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), in relazione all’articolo 110 c.p.; l’imputata risulta contraddittoriamente condannata per un concorso morale con ignoti, mai formalmente contestato, in mancanza di prova che gli autori materiali delle diffamazioni siano stati certamente ispirati dalla giovane, piuttosto che essi abbiano agito per livore personale verso la persona offesa;

– con il terzo motivo, la ricorrenza del vizio di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), in relazione all’articolo 604 c.p.p., comma 4 e articolo 179 c.p.p. e articolo 178 c.p.p., lettera a), atteso che l’aver un giudice ordinario giudicato l’imputata per fatti-reato asseritamente commessi quando la stessa era ancora minorenne, costituisce una nullita’ assoluta ex articolo 179 c.p.p. in relazione all’articolo 178 c.p.p., lettera a), in quanto attinente alle condizioni di capacita’ del giudice; ne consegue che la sentenza della Corte d’appello che, in luogo di annullare completamente la sentenza impugnata, rinviando gli atti al primo giudice, annulla solo parzialmente la sentenza di primo grado, viola l’articolo 604 c.p.p. in relazione all’articolo 179 c.p.p., comma 1 e articolo 178 c.p.p., lettera a);

– con il quarto ed ultimo motivo, la ricorrenza dei vizi di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e) in relazione all’articolo 69 c.p. e articolo 595 c.p., comma 2, atteso che la Corte territoriale, pur avendo evidenziato di parificare le circostanze attenuanti con le aggravanti, pare aver considerato la pena base come aggravata e quindi averla diminuita per effetto delle generiche, invece di applicare la pena base, aumentarla per la continuazione e diminuirla per effetto delle generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ fondato nei limiti di cui si dira’.

1. Va in ordine logico esaminato innanzitutto il terzo motivo di ricorso, con il quale si censura la scelta della Corte territoriale di annullare la sentenza del primo giudice limitatamente ai fatti commessi dall’imputata quando era minore e non l’intera sentenza pur ricorrendo un’ipotesi di nullita’ assoluta ex articolo 179 c.p.p. in relazione all’articolo 178 c.p.p., lettera a), in quanto attinente alle condizioni di capacita’ del giudice. Tale eccezione e’ senz’altro priva di fondamento, atteso che la questione di nullita’ si poneva – ed e’ stata correttamente risolta dalla sentenza impugnata con la relativa declaratoria esclusivamente per le condotte poste in essere dall’imputata quando era ancora minore, mentre alcuna nullita’ si pone per le condotte poste in essere dall’imputata quando e’ divenuta maggiorenne essendo competente a giudicarle il Tribunale ordinario.

Sul punto deve evidenziarsi come alla competenza del giudice ordinario al compimento della maggiore eta’ dell’imputato non possa derogarsi neppure in caso di reato continuato commesso in parte quando l’imputato era minore ed in proposito questa Corte aveva segnalato in passato che qualora i reati attribuiti all’imputato siano stati commessi prima e dopo il compimento del diciottesimo anno d’eta’ in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, il protrarsi della continuazione oltre il limite dell’eta’ minore rende competente il giudice ordinario (Sez. 1, n. 1626 del 22/05/1985, Rv. 169728).

1.1. Allo stato, anche a seguito anche dei principi affermati dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 222 del 1983 – che ha ritenuto costituzionalmente illegittimo, per contrasto con l’articolo 3 Cost., il R.Decreto Legge 20 luglio 1934, n. 1404, articolo 9, convertito con modificazioni nella L. 27 maggio 1935, n. 835, nella parte in cui sottrae alla competenza del tribunale per i minorenni i procedimenti penali a carico di minori coimputati con maggiorenni per concorso nello stesso reato, evidenziando come a seguito dell’orientamento desumibile dall’attuale normazione penale verso un’attenuazione della rilevanza della connessione ai fini dell’attribuzione della competenza e rivedendosi la precedente giurisprudenza costituzionale in materia, risulti carente di adeguata giustificazione, non potendosi piu’ dire prevalente l’esigenza del simultaneus processus rispetto alla finalita’ perseguita con l’istituzione di un giudice specializzato per gli imputati minorenni la quale ultima, invece, va riconosciuta preminente, la deroga residua (a seguito della sent. Cost. n. 198 del 1972) alla generale competenza del Tribunale per i minorenni per i minori coimputati con maggiorenni per concorso nello stesso reato – deve ritenersi senz’altro piu’ corretta la soluzione del frazionamento delle condotte distinguendo quelle poste in essere prima e dopo la maggiore eta’.

1.2. Il Tribunale per i minorenni non potrebbe giudicare le condotte dell’imputato maggiorenne e cosi’ al contrario il Tribunale ordinario non potrebbe giudicare le condotte dell’imputata quando era minore, sicche’ appare recessiva in tale contesto la prevalenza dell’unico processo (innanzi al Tribunale ordinario o per i minorenni) in considerazione della ricorrenza di un reato continuato, rispetto al frazionamento che attribuisca al giudice specializzato la condotta rientrante nel segmento della minore eta’ appunto.

2. Il primo ed il secondo motivo di ricorso meritano accoglimento in base alle seguenti precisazioni.

Ed invero va innanzitutto registrata una confusione quanto al percorso argomentativo delle sentenze di merito circa la responsabilita’ dell’imputata in relazione al tenore dell’imputazione.

2.1. La (OMISSIS), secondo quanto riportato nell’imputazione (che non risulta modificata o specificamente interpretata dai giudici di merito), e’ pacificamente l’amministratrice del sito internet (OMISSIS) attraverso il quale sono state diffuse notizie e scritti diffamatori nei confronti delle case editrici a pagamento ed in particolare di (OMISSIS), nella sua veste di rappresentante ed amministratrice della casa editrice “(OMISSIS)”; la suddetta imputazione, poi, richiama l’aggravante di cui la L. n. 47 del 1948, articolo 13, in tema di legge sulla stampa che non risulta espressamente esclusa.

Sul punto, occorre innanzitutto precisare, alla luce dei principi affermati dalle S.U. di questa Corte (Sez. U, n. 31022 del 29/01/2015), che solo la testata giornalistica telematica, funzionalmente assimilabile a quella tradizionale in formato cartaceo, rientra nella nozione di “stampa” di cui alla L. 8 febbraio 1948, n. 47, articolo 1. Invero, l’interpretazione evolutiva e costituzionalmente orientata del termine “stampa” non puo’ riguardare tutti in blocco i nuovi mezzi, informatici e telematici, di manifestazione del pensiero (forum, blog, newsletter, newsgroup, mailing list, pagine Facebook), a prescindere dalle caratteristiche specifiche di ciascuno di essi, ma deve rimanere circoscritto a quei soli casi che, per i profili strutturale e finalistico che li connotano, sono riconducibili nel concetto di “stampa” inteso in senso piu’ ampio. Deve tenersi, infatti, ben distinta, l’area dell’informazione di tipo professionale, veicolata per il tramite di una testata giornalistica on line, dal vasto ed eterogeneo ambito della diffusione di notizie ed informazioni da parte di singoli soggetti in modo spontaneo, tra cui: il forum/ bacheca telematica, che e’ un’area di discussione, in cui qualsiasi utente o i soli utenti registrati (forum chiuso) sono liberi di esprimere il proprio pensiero, rendendolo visionabile agli altri soggetti autorizzati ad accedervi, attivando cosi’ un confronto libero di idee in una piazza virtuale; il blog (contrazione di weblog, ovvero “diario in rete”), che e’ una sorta di agenda personale aperta e presente in rete, contenente diversi argomenti ordinati cronologicamente; i social-network che sono un servizio di rete sociale, lanciato nel 2004 e basato su una piattaforma software scritta in vari linguaggi di programmazione; la newsletter, che e’ un messaggio scritto o per immagini, diffuso periodicamente per posta elettronica e utilizzato frequentemente a scopi pubblicitari; i newsgroup, che sono spazi virtuali in cui gruppi di utenti si trovano a discutere di argomenti di interesse comune; la mailing list, che e’ un metodo di comunicazione, gestito per lo piu’ da aziende o associazioni, che inviano, tramite posta elettronica, a una lista di destinatari interessati e iscritti informazioni utili, in ordine alle quali si esprime condivisione o si attivano discussioni e commenti. Tutte le forme di comunicazione telematica teste’ citate sono certamente espressione del diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero (articolo 21 Cost., comma 1), ma non possono godere delle garanzie costituzionali in tema di sequestro della stampa. Rientrano, infatti, nei generici siti Internet che non sono soggetti alle tutele e agli obblighi previsti dalla normativa sulla stampa.

2.2. Tanto precisato, si osserva che non potendo per le ragioni dette assimilarsi l’amministratore di un sito internet ad alcuna delle specifiche figure di soggetti responsabili dei reati commessi col mezzo della stampa (articolo 57 c.p.), quali il direttore o vice-direttore responsabile, occorre individuare a quale titolo l’amministratore del sito internet puo’ rispondere del reato di diffamazione.

Sul punto, in mancanza di norme – come per i reati commessi con la stampa periodica – il reato di diffamazione puo’ essere ascritto all’amministratore del sito in base alla previsione secondo le regole comuni o perche’ autore della stessa o quale concorrente dell’autore materiale.

2.3. La sentenza di primo grado, dopo aver formalmente escluso alla pg. 3 l’attribuzione all’imputata della responsabilita’ mediata dai criteri di cui all’articolo 57 c.p., ha erroneamente concluso nel senso che la disponibilita’ dell’amministrazione del sito internet rende l’imputata responsabile di tutti i contenuti di essi accessibili dalla rete, sia quelli inseriti da lei stessa, sia quelli inseriti dall’utente, non essendo idonea ad escludere la responsabilita’ penale dell’ imputata la clausola di attribuzione esclusiva di responsabilita’ agli autori dei commenti, contenuta nel regolamento di natura esclusivamente privata per l’utilizzazione del sito; la sentenza impugnata, invece, dopo aver condiviso con il primo giudice la natura offensiva delle affermazioni ricorrenti sul sito amministrato dall’imputata ed aver dato atto del “sentiero alquanto contorto indicato dal primo giudice, ha poi ambiguamente evidenziato come l’imputata non possa sottrarsi alle sue responsabilita’ in ordine alla diffamazione tramite Internet commessa in danno di (OMISSIS), in quanto era lei ad essere ideatrice di quella campagna “(OMISSIS)” contro le case editrici a pagamento e contro la (OMISSIS), nonche’ era lei ad amministrare un forum che ha coinvolto la (OMISSIS) in tale elenco e di tale forum risulta essere l’ispiratrice ed animatrice; in particolare, anche se non e’ da indentificarsi in “(OMISSIS)”, pseudonimo dietro cui si nasconde proprio colui o colei che materialmente ha usato quegli epiteti offensivi rivolti alla (OMISSIS), l’imputata ha tuttavia condiviso quei contenuti posto che non risultano pubblicate scuse successive alle stesse comunicazioni offensive.

2.4. Dal suddetto argomentare non si comprende all’evidenza di quali affermazioni ingiuriose nei confronti della (OMISSIS) l’imputata sia autrice, ne’ da quali elementi possa specificamente dedursi la sua responsabilita’ concorsuale con gli autori materiali della diffamazione (allo stato ignoti), non potendo l’animazione di un forum in se’ determinare la corresponsabilita’ penale per le frasi o scritti ad altri materialmente riferibili, in assenza di elementi specificamente enunciati che denotino la sua coscienza e volonta’ nell’attivita’ diffamatoria.

3. La sentenza impugnata va dunque annullata con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte d’appello di Milano.

Resta assorbito nella presente valutazione l’esame del quarto motivo di ricorso relativo al trattamento sanzionatorio.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte d’appello di Milano.

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