Trasferimento fraudolento valori – La conservazione della situazione antigiuridica, ovvero la difformità tra intestazione e signoria di fatto sul bene, si traduce nella disponibilità del soggetto a favorire il detentore e dunque nella sua immanente pericolosità.

Corte di Cassazione, sezione seconda penale, sentenza 16 aprile 2018, n. 16825.

Trasferimento fraudolento valori – La conservazione della situazione antigiuridica, ovvero la difformità tra intestazione e signoria di fatto sul bene, si traduce nella disponibilità del soggetto a favorire il detentore e dunque nella sua immanente pericolosità.

Sentenza 16 aprile 2018, n. 16825
Data udienza 13 marzo 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIOTALLEVI Giovanni – Presidente

Dott. VERGA Giovanna – Consigliere

Dott. CIANFROCCA Pierluigi – Consigliere

Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere

Dott. RECCHIONE Sandra – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

avverso il decreto del 07/11/2017 della CORTE APPELLO di CATANIA;

sentita la relazione svolta dal Consigliere Dr. RECCHIONE SANDRA;

lette le conclusioni del PG Dr. Perelli Simone che concludeva per l’inammissibilita’ dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1″ Il Tribunale di Catania, sezione per le misure di prevenzione confermava il decreto che applicava al (OMISSIS) la misura di prevenzione della sorveglianza speciale con divieto di soggiorno e che confiscava altresi’ i beni intestati ai figli ( (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)), ed alla moglie (OMISSIS), ritenuti intestatari fittizi. Veniva confiscata anche una impresa individuale intestata allo stesso (OMISSIS).

2. Avverso tale provvedimento proponeva ricorso per cassazione l’avv. (OMISSIS) procuratore speciale dei familiari del (OMISSIS), terzi interessati nonche’ difensore del proposto; con due diversi motivi veniva dedotta la “manifesta illogicita’ della motivazione” posta a sostegno del provvedimento, mentre con altra censura si deduceva che sarebbe errata la valutazione di inammissibilita’ dell’impugnazione proposta dal (OMISSIS) nei confronti della misura patrimoniale che aveva colpito i beni intestati ai familiari tenuto conto che con l’impugnazione il proposto contestava il requisito della proporzione alla cui valutazione lo stesso vantava un interesse diretto.

3. Ricorreva per cassazione anche il difensore del proposto (OMISSIS), avv. (OMISSIS) che deduceva:

3.1. vizio di legge per omessa motivazione in ordine al riconoscimento della pericolosita’ qualificata: la Corte di appello aveva ritenuto la pericolosita’ del (OMISSIS) nonostante la misura cautelare che gli era stata applicata per la partecipazione al clan “(OMISSIS)” fosse stata annullata dal Tribunale per riesame; contrariamente a quanto ritenuto dal collegio di merito, dal provvedimento cautelare annullato non emergerebbero elementi indicativi della partecipazione del (OMISSIS) al diverso clan “(OMISSIS)”, sicche’ non vi sarebbe prova della pericolosita’ qualificata dello stesso;

3.2. vizio di legge per omessa motivazione in relazione alla attualita’ della pericolosita’;

3.2. vizio di legge per omessa motivazione: il Tribunale non avrebbe tenuto in considerazione le allegazioni difensive orientate a dimostrare la legittima provenienza delle somme oggetto del vincolo di prevenzione patrimoniale.

4. Il Procuratore generale con requisitoria scritta concludeva per la inammissibilita’ dei ricorsi, rilevando con riguardo alla posizione dei terzi interessati che gli stessi avevano impugnato il Provvedimento del Tribunale senza avere proposto appello nei confronti del decreto che disponeva la confisca di prevenzione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso proposto nell’interesse dei terzi interessati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e’ inammissibile.

I ricorrenti infatti hanno impugnato l’ordinanza del Tribunale per il riesame, che, tuttavia, era stato adito dal solo (OMISSIS); pertanto con i ricorsi in esame sono state proposte per la prima volta, ed in sede di legittimita’, doglianze di merito, senza che le stesse siano state vagliate dal giudice di secondo grado.

Si registra, dunque, una insanabile frattura della catena devolutiva, che rende inammissibile il ricorso ai sensi dell’articolo 603 c.p.p., comma 3.

2. Il ricorso proposto dall’avv. (OMISSIS) nei confronti del provvedimento di inammissibilita’ dell’appello avanzato nell’interesse del (OMISSIS), e diretto a censurare la legittimita’ dei vincoli imposti ai beni intestati ai familiari e’, invece, manifestamente infondato.

In materia il collegio ribadisce che, in linea generale, e’ inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione del proposto avverso il decreto di confisca di un bene ritenuto fittiziamente intestato a terzi, quando lo stesso abbia assunto una posizione processuale meramente adesiva a quella di chi e’ stato giudicato formalmente interposto, dovendosi in tal caso riconoscersi la legittimazione al solo apparente intestatario che e’ l’unico soggetto avente diritto all’eventuale restituzione del bene (Cass. sez. 6, n. 48274 del 01/12/2015 – dep. 04/12/2015, Vicario e altro, Rv. 265767).

Tale approdo ermeneutico e’ stato precisato dalla giurisprudenza, condivisa dal collegio, secondo cui il proposto ha interesse a negare l’interposizione fittizia e a dimostrare l’esclusiva appartenenza dei beni ai terzi presunti intestatari laddove intende evidenziare soltanto che i cespiti sono estranei alla sua sfera patrimoniale e che, quindi, di essi non deve tenersi conto ai fini del giudizio di sproporzione e, conseguentemente, della legittimita’ del provvedimento di confisca (Cass. Sez. 2, n. 30935 del 07/05/2015 – dep. 16/07/2015, Ciotta e altri, Rv. 264295).

Il riconoscimento di tale legittimazione presuppone tuttavia che esista un interesse diretto a contestare il giudizio di proporzione, dunque che il provvedimento reale abbia colpito anche beni intestati direttamente al proposto che ricorre.

2.2. Nel caso di specie il (OMISSIS) veniva attinto direttamente dalla misura patrimoniale in quanto veniva confiscata una impresa individuale a lui intestata sebbene inattiva, sicche’ in astratto l’interesse del (OMISSIS) a contestare la proporzione puo’ essere riconosciuto. In concreto, tuttavia, il collegio rileva che il provvedimento impugnato ha effettuato una analitica e dettagliata analisi della genesi degli acquisti dei beni vincolati, offrendo una motivazione approfondita e resistente alle doglianze avanzata dal ricorrente. Le censure avanzate peraltro non denunciano un vizio di legge, ovvero una motivazione assente od apparente, ma si risolvono nella invocazione del riconoscimento di un difetto di logicita’ della motivazione, ovvero di un vizio non proponibile in cassazione quando si verte nella materia delle misure di prevenzione.

3. Il ricorso proposto dall’avv. (OMISSIS) nell’interesse del (OMISSIS) e’ infondato.

3.1. Segnatamente: il primo motivo di ricorso e’ inammissibile in quanto deduce un vizio di motivazione non proponibile in cassazione avverso i provvedimenti emessi in materia di misure di prevenzione, ricorribili solo per violazione di legge. In materia il collegio ribadisce la assimilazione alla violazione di legge della motivazione assente o apparente (Cass. Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004 – dep. 13/02/2004, P.C. Ferazzi in proc.Bevilacqua, Rv. 226710; Cass. Sez. 6, n. 15107 del 17/12/2003 – dep. 30/03/2004, Criaco ed altro, Rv. 229305); nel caso di specie, tuttavia, non si verte ne’ in un caso di motivazione omessa, ne’ in caso di motivazione apparente dato che il collegio di merito, confermando la valutazione del primo giudice ha rilevato, con motivazione ineccepibile, che il proposto era inquadrabile nella categoria prevista dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 4 in considerazione del fatto che gli indizi raccolti indicavano la appartenenza del (OMISSIS) al clan “(OMISSIS)” (piuttosto che al Clan (OMISSIS), come contestato nella richiesta di misura cautelare: pagg. 2 e 3 del provvedimento impugnato); peraltro l’inquadramento del (OMISSIS) nella categoria dei pericolosi ex Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 4 risulta confermata anche dagli elementi di prova indicati nella allegata ordinanza cautelare che, tra l’altro, confermava l’esistenza a carico del proposto di gravi indizi di colpevolezza in ordine alla consumazione del reato previsto dall’articolo 12 quinquies risalenti al (OMISSIS).

La Corte territoriale effettuava tale inquadramento in coerenza con le condivise indicazioni fornite dalla Corte di legittimita’ secondo cui l’assoluzione del proposto dal reato associativo non comporta l’automatica esclusione della pericolosita’ sociale dello stesso, in quanto, in ragione dell’autonomia del procedimento di prevenzione rispetto a quello penale, il giudice chiamato ad applicare la misura puo’ avvalersi di un complesso quadro di elementi indiziari, anche attinti dallo stesso processo penale conclusosi con l’assoluzione (Cass. Sez. 6, n. 50946 del 18/09/2014 – dep. 04/12/2014, Catalano, Rv. 261591; Cass. Sez. 2, n. 2542 del 09/05/2000 – dep. 18/09/2000, Coraglia, Rv. 217801).

Si tratta di un approdo interpretativo sicuramente estensibile anche alle valutazioni endoprocedimentali di natura cautelare, sicche’ deve ritenersi che la pericolosita’ qualificata possa essere rilevata anche sulla base di elementi di fatto contenuti in ordinanze reiettive delle misure cautelari.

3.2. Il primo motivo di ricorso e’ invece infondato nella parte in cui deduce il difetto dell’attributo della “attualita’” della condizione di pericolosita’.

La Corte territoriale ha pronunciato il provvedimento impugnato aderendo all’indirizzo ermeneutico secondo il quale ai fini dell’applicazione di misure di prevenzione nei confronti di appartenenti ad associazioni di tipo mafioso, la presunzione di attualita’ della pericolosita’ sociale, nel caso in cui gli elementi rivelatori dell’inserimento del proposto nel sodalizio siano lontani nel tempo rispetto al momento del giudizio, e’ destinata ad attenuarsi solo in relazione agli affiliati di associazioni non riconducibili alle cd. “mafie storiche”, cioe’ a quelle organizzazioni che, pur utilizzando il metodo mafioso, non sono caratterizzate dalla stabilita’ del vincolo e solo in relazione a questi e’ necessaria una puntuale motivazione in ordine all’attualita’ della pericolosita’ (Cass. Sez. 2, n. 3945 del 12/01/2017 – dep. 27/01/2017, Clemente e altri, Rv. 269057; Cass.Sez. 2, n. 23446 del 20/04/2017 – dep. 12/05/2017, Bellocco, Rv. 270319).

A tale indirizzo se ne contrapponeva tuttavia un secondo che, invece, riteneva rilevante il decorso del tempo rispetto all’accertamento della partecipazione con conseguente aggravio degli oneri motivazionali del giudice della prevenzione ogni volta che fosse apprezzabile il tempo intercorrente tra l’emersione della pericolosita’ e l’applicazione della misura (Cass. sez. 6, n. 33923 del 15/06/2017 – dep. 12/07/2017, Martorana, Rv. 270908).

contrasto interpretativo e’ stato risolto dalle Sezioni Unite che hanno affermato che ai fini dell’applicazione di misure di prevenzione nei confronti di indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso e’ necessario accertare il requisito della “attualita’” della pericolosita’ del proposto; la Corte ha precisato che solo nel caso in cui sussistano elementi sintomatici di una “partecipazione” del proposto al sodalizio mafioso, e’ possibile applicare la presunzione semplice relativa alla stabilita’ del vincolo associativo, purche’ la sua validita’ sia verificata alla luce degli specifici elementi di fatto desumibili dal caso concreto e la stessa non sia posta quale unico fondamento dell’accertamento di attualita’ della pericolosita’ (Cass. Sez. U, n. 111 del 30/11/2017 – dep. 04/01/2018, Gattuso, Rv. 271511).

Le Sezioni unite hanno indicato, a titolo esemplificativo, possibili elementi utilizzabili per la verifica della persistenza della pericolosita’ ovvero della validita’ della presunzione di stabilita’ del vincolo individuandoli nella “natura storica del gruppo illecito a cui tale appartenenza si riconduce”, nella “tipologia della partecipazione, con particolare riferimento all’apporto del singolo proposto, al suo accertamento con sentenza definitiva, la sua particolare valenza nella vita del gruppo, per effetto, ad esempio, del ruolo verticistico rivestito dall’interessato” (Cass. Sez. U, n. 111 del 30/11/2017 – dep. 04/01/2018, Gattuso, Rv. 271511, § 4).

Si tratta di una indicazione che evidenzia come l’esercizio legittimo della discrezionalita’ in materia di applicazione delle misure di prevenzione personali richieda non solo l’inquadramento del proposto in una delle categorie di pericolosita’ categorizzate dalla legge, ma anche il successivo vaglio della attualita’ della pericolosita’, ovvero l’effettuazione di un giudizio prognostico in ordine alla possibile reiterazione dei comportamenti illeciti che, anche nel caso dei pericolosi “qualificati”, ovvero degli indiziati di appartenere ad associazioni mafiose, deve essere ancorata ad “elementi concreti”, capaci di validare la presunzione semplice di stabilita’ del vincolo associativo.

Il giudizio di pericolosita’ si sostanzia infatti nella valutazione prognostica in ordine al possibile futuro impegno del proposto in attivita’ delittuose, che non puo’ che essere fondato sulla analisi degli elementi di prova disponibili, i quali devono essere valutati con specifico riferimento alla loro idoneita’ ad attualizzare la condizione di pericolosita’ qualificata conseguente al previo inquadramento del proposto in una delle categorie tipiche previste dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 4.

3.3. Nel caso di specie il provvedimento impugnato evidenzia l’emersione di alcune circostanze di fatto che, in coerenza con le indicazioni fornite dalle Sezioni Unite, hanno un elevata capacita’ di validazione della presunzione di stabilita’ della partecipazione del (OMISSIS) alla associazione mafiosa storica di riferimento (clan “(OMISSIS)”) e, dunque, di dimostrazione della attualita’ della pericolosita’; tali elementi sono rinvenibili nella costante e non revocata disponibilita’ del (OMISSIS) a svolgere la funzione di prestanome per conto del clan di riferimento, oltre che nella solidita’ del suo collegamento con il sodalizio criminale.

Quanto al primo degli elementi indicati, ovvero la costante disponibilita’ a svolgere la funzione di prestanome si rileva che, sebbene il reato previsto dal Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12 quinquies sia a consumazione istantanea, non puo’ negarsi che la permanenza dei suoi effetti presuppone la disponibilita’ dell’intestatario fittizio a conservare la situazione antigiuridica.

Pertanto fermo restando che il delitto di trasferimento fraudolento di valori previsto dal Decreto Legge 8 giugno 1992, n. 306, articolo 12 quinquies si consuma nel momento in cui viene realizzata l’attribuzione fittizia (ex plurimis Cass. Sez. 1, n. 14373 del 28/02/2013 – dep. 26/03/2013, Perdichizzi, Rv. 255405), il fatto che il reato si consumi all’atto della formale intestazione non impedisce di ritenere che la conservazione della situazione antigiuridica, ovvero la difformita’ tra intestazione formale e disponibilita’ sostanziale del bene, riveli una permanente disponibilita’ del prestanome a favorire il reale detentore, rendendo manifesta la attualita’ del collegamento dell’intestatario fittizio con reale detentore e, dunque, anche la immanente pericolosita’ del soggetto che si presta a favorire l’associazione.

A cio’ si aggiunge che il provvedimento impugnato evidenziava l’esistenza di una serie di conversazioni indicative “dell’elevato e diffuso quantitativo di rapporti che (OMISSIS) teneva con l’associazione mafiosa” (negli anni 2011 e 2012 pag. 3 del provvedimento impugnato).

L’emersione di tali rapporti continuativi e’ un ulteriore “elemento di fatto” che consente di ritenere attuale la condizione di pericolosita’ del (OMISSIS).

Le conversazioni intercettate denunciano infatti la solidita’ del collegamento del (OMISSIS) con un gruppo criminale non occasionale, ma stabile e radicato. Tale dato deve essere valutato unitamente al fatto che nel periodo intercorrente tra la captazione e l’applicazione della misura non si e’ registrato ne’ lo scioglimento della mafia storica cui il (OMISSIS) fa riferimento, ne’ tantomeno l’emersione di elementi indicativi di una dissociazione dello stesso, essendo invece emerso come questi continuasse a svolgere il ruolo di “prestanome” per conto del clan di riferimento, senza porre in essere nessuna azione indicativa della sua dissociazione.

3.3. Si ritiene pertanto che per le persone inquadrate nella categoria dei pericolosi qualificati di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 4 la presunzione semplice di attualita’ della pericolosita’ possa essere validata sulla base di elementi capaci di giustificare una prognosi attuale di pericolosita’. Tra gli elementi di fatto valutabili a tal fine si segnalano: a) la permanente disponibilita’ del proposto a svolgere la funzione di prestanome per conto di appartenenti alle mafie storiche; b) l’emersione di solidi collegamenti del proposto con una mafia “storica”, ovvero caratterizzata da particolare stabilita’ e radicamento verificata la persistente vitalita’ del sodalizio e la assenza di elementi indicativi della dissociazione.

3.4.Nel caso in esame, in coerenza con tali linee ermeneutiche, dal compendio motivazionale integrato dei due provvedimenti di merito emergono sia elementi indicativi della partecipazione del (OMISSIS) ad un gruppo mafioso di natura storica (ovvero la mafia siciliana nella dimensione parcellizzata, tipica degli insediamenti radicati nella Sicilia orientale), sia elementi indicativi della colpevolezza in ordine alla consumazione di diverse intestazioni fittizie, consumate nel 2011 ed aggravate ai sensi del Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7.

Il collegio ritiene che tali elementi, chiaramente evidenziati dal provvedimento impugnato siano indicativi sia del significativo apporto del (OMISSIS) alla vita del gruppo criminale, sia della sua permanente, e dunque attuale disponibilita’ a favorire gli interessi del clan.

3.5. Infine: e’ manifestamente infondato il motivo di ricorso che deduce il vizio di omessa motivazione in relazione alla valutazione della proporzione tra risorse lecite e beni acquisiti che, secondo il ricorrente, sarebbe stata effettuata senza tenere conto delle allegazioni difensive.

Il motivo, ancora una volta, denuncia un vizio non proponibile in sede di legittimita’ nella materia della prevenzione in quanto si risolve nella rilevazione di un vizio della motivazione, che non e’ inquadrabile nella carenza assoluta o nella apparenza della stessa, ovvero le uniche patologie dell’apparato argomentativo equiparabili alla violazione di legge.

Nel caso di specie, contrariamente a quanto dedotto, la Corte di appello effettuava infatti un analitico giudizio di proporzione in relazione a tutti i beni vincolati facendo riferimento alle risorse lecite disponibili all’epoca dell’acquisito. Tale analisi si concludeva con la rilevazione di una vistosa sproporzione manifestata dalla emersione di redditi negativi riferiti all’intero nucleo familiare del (OMISSIS), oltre che sulla insufficienza del provento della vendita del terreno situato in c.da (OMISSIS) a giustificare la provvista per i successivi acquisti.

4.Alla dichiarata inammissibilita’ del ricorso consegue, per il disposto dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonche’ al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in Euro 2000,00.

P.Q.M.

Rigetta il ricorsi di (OMISSIS) e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali; dichiara inammissibili i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000.00 ciascuno a favore della Cassa delle ammende.

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