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5. Trattasi di ragionamento che, seppur argomentato, non puo’ essere condiviso. Ed invero, il Collegio ritiene di dover aderire – tenuto conto anche dell’evoluzione legislativa che ha determinato inevitabili riflessi anche sull’esegesi della norma penai-tributaria applicabile nella specie – all’orientamento che richiede, ai fini della prova del reato in esame “ratione temporis”, il rilascio effettivo della certificazione ai sostituiti. Sul punto, senza dover in questa sede riproporre i termini della questione gia’ illustrati ampiamente dal giudice di merito nell’impugnata sentenza, cui si rinvia integralmente, e’ sufficiente richiamare la piu’ recente giurisprudenza di questa Corte, che ha sul punto ribadito che in tema di omesso versamento di ritenute certificate, alla luce della modifica apportata dal Decreto Legislativo 24 settembre 2015, n. 158, articolo 7, al Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 10 bis, che ha esteso l’ambito di operativita’ della norma alle ipotesi di omesso versamento di ritenute dovute sulla base della dichiarazione proveniente dal datore di lavoro (c.d. mod. 770), deve ritenersi che per i fatti pregressi la prova dell’elemento costitutivo del reato non puo’ essere costituita dal solo contenuto della dichiarazione, essendo necessario dimostrare l’avvenuto rilascio ai sostituiti delle certificazioni attestanti le ritenute operate dal datore di lavoro quale sostituto di imposta. Questa Corte, ha, del resto, puntualizzato che, l’estensione del reato, operata dalla novella, anche alle ipotesi di omesso versamento di ritenute dovute sulla base della sola dichiarazione mod. 770 va interpretata, “a contrario”, come dimostrazione che la precedente formulazione del citato articolo 10-bis non soltanto racchiudesse nel proprio parametro di tipicita’ solo l’omesso versamento di ritenute risultanti dalla predetta certificazione, ma richiedesse anche, sotto il profilo probatorio, la necessita’ di una prova del suo rilascio ai sostituiti (da ultimo, ex multis: Sez. 3, n. 10509 del 16/12/2016 – dep. 03/03/2017, Pisu, Rv. 269141).
Perdono, dunque, di spessore argomentativo le motivazioni offerte dal giudice di merito circa la presunta risoluzione in chiave prettamente probatoria della questione, non potendo infatti attribuirsi, per le ragioni dianzi illustrate dalla difesa nel primo motivo di ricorso, valenza di confessione stragiudiziale piena alla dichiarazione mod. 770, posto che, cosi’ facendo, si aggirerebbe quanto invece normativamente richiesto ratione temporis, pretendendo di addossare, peraltro, sull’imputato l’onere di una prova che diversamente solo l’accusa e’ tenuta a fornire secondo i canoni del processo accusatorio. Pacifico e’, infatti, nella giurisprudenza di questa Corte, che la confessione stragiudiziale puo’ essere assunta a fonte del libero convincimento del giudice quando, valutata in se’, nonche’ nel contesto dei fatti e nel raffronto con gli altri elementi di giudizio, sia possibile verificarne la genuinita’ e la spontaneita’ in relazione al fatto contestato (Sez. 6, n. 23777 del 13/12/2011 – dep. 15/06/2012, Zedda, Rv. 253002). Genuinita’ e spontaneita’ che, come correttamente evidenziato dalla difesa, non sono caratteristiche della dichiarazione mod. 770: la stessa, da un lato, non e’ genuina perche’ indotta da un modello predisposto dalla stessa Amministrazione e, dall’altro, non e’ spontanea, perche’ oggetto di un preciso obbligo giuridico penalmente sanzionato.
6. Quanto all’assolvimento dell’onere probatorio a carico dell’Accusa, va poi sottolineato come, una volta che, come accaduto nella specie, l’imputato lamenti con l’atto di gravame la mancanza di prova in ordine alla sussistenza di uno o piu’ degli elementi costitutivi del reato (ovverossia, nella fattispecie in esame, appunto, la mancanza di prova circa il rilascio delle certificazioni delle ritenute), nessun rilievo puo’ avere il fatto che, nel corso del giudizio di merito, detta mancanza di prova non sia stata supplita dall’imputato causa la mancata allegazione di circostanze ed elementi in senso contrario, non essendo, nell’ordinamento processuale penale, previsto un onere probatorio a carico dell’imputato modellato sui principi propri del processo civile (in tale ultimo senso, Sez. 5, n. 32937 del 19/05/2014, dep. 24/07/2014, Stanciu, Rv. 261657).
Permane dunque sempre e comunque in capo al giudice, pena il sostanziale ribaltamento dell’onere della prova incombente sulla Pubblica accusa, il compito di accertare la colpevolezza dell’imputato.
Infatti, sia norme sovraordinate di carattere generale internazionali (specificamente articolo 6.2. della Convenzione edu e articolo 14 n.2 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, entrambe espressamente indicanti la necessita’ che la colpevolezza dell’accusato sia provata secondo legge) e interne (articolo 25 Cost. in ordine alla presunzione di non colpevolezza sino alla condanna definitiva), sia norme processuali (specificamente l’articolo 533 c.p.p. laddove si stabilisce che il giudice pronuncia sentenza di condanna solo laddove l’imputato risulta colpevole del reato contestatogli al di la’ di ogni ragionevole dubbio) appaiono indicative della fissazione in senso “sostanziale” a carico di chi sostenga la tesi di accusa nel processo penale, di un preciso onere di prova.
7. Conclusivamente, nel caso in esame, dalla lettura del ricorso e della sentenza impugnata emerge che la prova dell’omesso versamento delle ritenute e’ fondata sulla verifica del modello 770; un quadro probatorio, alla stregua delle considerazioni che sono state svolte, che appare insufficiente all’affermazione di responsabilita’, alla luce del mutato quadro normativo e dei riflessi interpretativi evidenziati. In accoglimento del primo motivo di ricorso, che risulta assorbente anche rispetto al secondo (che presupporrebbe la verifica positiva della sussistenza del reato nei termini predetti), va dunque annullata la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Milano a norma di quanto disposto dall’articolo 569 c.p.p., u.c., per la valutazione dell’eventuale sussistenza e spessore di possibili, ulteriori, elementi dai quali ritenere provato il rilascio delle certificazioni ai sostituiti da parte dell’odierno ricorrente.
P.Q.M.
La Corte annulla la sentenza impugnata e rinvia per il giudizio alla Corte d’Appello di Milano
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