Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 16 gennaio 2018, n. 1590. Del reato di omessa presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte dirette o IVA l’amministratore di fatto risponde quale autore principale

segue pagina antecedente
[…]

In specie, il ricorrente, cui il Tribunale orobico ha comunque riconosciuto altresi’ una non contestata forma di partecipazione attiva alla vita societaria, e’ risultato pienamente coinvolto nella gestione sociale invero operando sui relativi conti bancari, cosi’ palesando la sua piena ed esperta consapevolezza dei meccanismi e dell’operativita’ illecita della societa’ (in proposito il ricorso non spende parola, laddove comunque anche nel provvedimento direttamente impugnato e’ stata infatti annotata l’esistenza di numerose condanne per fatti di analoga natura).
Tra l’altro lo stesso Giudice lombardo ha appunto evocato la sufficienza del dolo eventuale, ed infatti nelle occasioni in cui questa Corte si e’ occupata di reati, anche omissivi, commessi in nome e per conto della societa’, ha individuato nell’amministratore di fatto il soggetto attivo del reato e nel prestanome il concorrente per non avere impedito l’evento che in base alla norma citata aveva il dovere di impedire. Proprio perche’ il piu’ delle volte il prestanome non ha alcun potere d’ingerenza nella gestione della societa’ per addebitargli il concorso, questa Corte ha fatto ricorso alla figura del dolo eventuale; si e’ sostenuto cioe’ che il prestanome accettando la carica ha anche accettato i rischi connessi a tale carica (cosi’ cfr. in motivazione Sez. 3, n. 38780 cit., con richiami ad es. a Sez. 5, n. 7208 del 26/01/2006, Filippi ed altro, Rv. 233637; da ult. ad es. Sez. 5, n. 7332 del 07/01/2015, Fasola, Rv. 262767).
6.3. In relazione poi alla mancata concessione delle attenuanti generiche, e contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la ratio della disposizione di cui all’articolo 62-bis c.p. non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l’indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti; ne deriva che queste ultime possono essere negate anche soltanto – come in specie – in base ai precedenti penali dell’imputato, perche’ in tal modo viene formulato comunque, sia pure implicitamente, un giudizio di disvalore sulla sua personalita’ (Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826).
Alla stregua di cio’, perde all’evidenza consistenza ogni ragione di censura proposta dal ricorrente, che ha invece sostenuto che la Corte territoriale avrebbe dovuto giustificare le ragioni del diniego. Ma in proposito la Corte di Appello aveva invece motivato in modo del tutto sufficiente e coerente con l’insegnamento richiamato.
6.4. Fondato e’ invece il rilievo legato al trattamento sanzionatorio, in ordine al quale l’imputato e il Pubblico Ministero territoriale hanno svolto identica censura.
Al riguardo, infatti, a norma dell’articolo 99 c.p., u.c., l’aumento di pena per effetto della recidiva non puo’ superare il cumulo delle pene risultante dalle condanne precedenti alla commissione del nuovo delitto non colposo.
In specie, invece, l’aumento di pena calcolato per la recidiva e’ stato operato nei giudizi di merito senza porre riferimento al temperamento di cui alla norma richiamata, si’ che detto aumento sulla pena base di anni uno e mesi tre, inflitta per il reato piu’ grave di cui all’articolo 5 cit., va rideterminato in mesi tre e giorni venti di reclusione, corrispondente alla somma delle pene inflitte in forza delle condanne citate in sentenza d’appello, tali da radicare la recidiva.
Su detta pena base di anni uno mesi sei e giorni venti di reclusione va infine applicato l’aumento per la continuazione, nella non contestata misura di un terzo a norma dell’articolo 81 c.p., comma 4, per una determinazione finale di anni due e giorni ventisei (18 mesi e 20 giorni di pena base, pari a 560 giorni piu’ un terzo ex articolo 81, comma 4 cit., e quindi 186 giorni ossia mesi sei e giorni sei, per un totale appunto di 24 mesi e 26 giorni, ossia anni due e giorni ventisei).
7. Alla stregua di cio’, la sentenza – disatteso nel resto il ricorso dell’imputato ed accolta cosi’ l’impugnazione del Pubblico Ministero – va annullata senza rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio, rideterminato nei termini che precedono.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata senza rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio, che ridetermina in complessivi anni due giorni ventisei di reclusione.
Rigetta nel resto il ricorso del (OMISSIS).

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *