Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 16 gennaio 2018, n. 1590. Del reato di omessa presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte dirette o IVA l’amministratore di fatto risponde quale autore principale

Del reato di omessa presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte dirette o IVA l’amministratore di fatto risponde quale autore principale, in quanto titolare effettivo della gestione sociale e, pertanto, nelle condizioni di poter compiere l’azione dovuta, mentre l’amministratore di diritto, quale mero prestanome, e’ responsabile a titolo di concorso per omesso impedimento dell’evento (articolo 40 c.p., comma 2, e articolo 2392 c.c.), a condizione che ricorra l’elemento soggettivo richiesto dalla norma incriminatrice, ossia che il prestanome abbia agito col fine specifico di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l’evasione fiscale di terzi.

Sentenza 16 gennaio 2018, n. 1590
Data udienza 26 ottobre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAVANI Piero – Presidente

Dott. CERRONI Claudio – rel. Consigliere

Dott. ACETO Aldo – Consigliere

Dott. LIBERATI Giovanni – Consigliere

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1. Procuratore generale presso la Corte di appello di Brescia;
2. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
nel procedimento a carico di quest’ultimo;
avverso la sentenza del 26/09/2016 della Corte di Appello di Brescia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Claudio Cerroni;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. CANEVELLI Paolo, che ha concluso nel senso dell’annullamento senza rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio, che chiede di rideterminare in anni due mesi uno di reclusione.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 26 settembre 2016 la Corte di Appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Bergamo del 15 febbraio 2016 e tenuto conto della recidiva specifica infra-quinquennale e reiterata, ha infine rideterminato in anni due mesi nove e giorni dieci di reclusione la pena complessivamente inflitta a (OMISSIS), in qualita’ di legale rappresentante della s.r.l. (OMISSIS) corrente in (OMISSIS), per i reati di cui al Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 5 in relazione all’omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali per l’anno 2008, con le conseguenti sottrazioni d’imposta, e di cui all’articolo 81 cpv. cod. pen. e Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10-ter in relazione all’articolo 10-bis Decreto Legislativo n. 74 cit., atteso il mancato versamento dell’imposta sul valore aggiunto dovuta per l’anno 2007.
2. Avverso la predetta sentenza il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Brescia e l’imputato hanno proposto separati ricorsi.
3. In particolare, con unico motivo di impugnazione il Procuratore Generale lombardo ha osservato, quanto al trattamento sanzionatorio, che l’aumento della pena base per il primo reato era stato quantificato, in violazione dell’articolo 99 c.p., u.c., in dieci mesi di reclusione, laddove la somma delle pene inflitte con le condanne evocate in sentenza di appello ammontava, operato il ragguaglio a norma dell’articolo 135 c.p., a mesi tre giorni venti di reclusione. Stante la necessita’ di rideterminare la pena base, doveva quindi procedersi al successivo aumento per la continuazione a norma dell’articolo 81 c.p., u.c..
4. L’imputato’ ha proposto due motivi di ricorso.
4.1. Col primo motivo ha dedotto l’omessa valutazione delle doglianze difensive, si’ che il provvedimento recava una mera apparenza di motivazione, basata sulla sola constatazione che l’imputato fosse il legale rappresentante della societa’.
In particolare, l’istruttoria dibattimentale aveva confermato l’insussistenza della prova della consapevolezza in capo all’imputato, mentre le attenuanti generiche erano state negate unicamente sulla base dei precedenti penali a carico del medesimo ricorrente.
4.2. Col secondo motivo veniva riproposta, in ordine al trattamento sanzionatorio, la medesima censura gia’ formulata dal Procuratore generale distrettuale.

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