Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 16 gennaio 2018, n. 1590. Del reato di omessa presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte dirette o IVA l’amministratore di fatto risponde quale autore principale

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5. Il Procuratore Generale ha concluso in udienza nel senso dell’annullamento senza rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio, da rideterminarsi in anni due mesi uno di reclusione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
6. I ricorsi sono fondati nei termini di seguito indicati.
6.1. Osserva preliminarmente la Corte che l’esame dei motivi di ricorso puo’ essere effettuato prendendo in considerazione sia la motivazione della sentenza impugnata sia quella della sentenza di primo grado, e cio’ in quanto i giudici di merito hanno adottato, quanto al profilo della responsabilita’ dell’imputato, decisioni e percorsi motivazionali comuni che possono essere valutati congiuntamente, ai fini di una efficace ricostruzione della vicenda processuale e di una migliore comprensione delle censure del ricorrente.
E’ infatti appena il caso di ricordare che qualora il giudice d’appello abbia accertato e valutato, come in specie, il materiale probatorio con criteri omogenei a quelli usati dal giudice di primo grado, le motivazioni delle sentenze dei due gradi di merito costituiscono una sola entita’ logico-giuridica, alla quale occorre far riferimento per giudicare della congruita’ della motivazione, integrando e completando quella adottata dal primo giudice le eventuali carenze di quella d’appello (Sez. 1, n. 1309 del 22/11/1993, dep. 1994, Scardaccione, Rv. 197250). Invero, allorche’ le sentenze di primo e secondo grado concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complesso corpo argomentativo (ex plurimis, Sez. 1, n. 8868 del 26/06/2000, Sangiorgi, Rv. 216906).
6.2. In relazione all’impugnazione proposta dal (OMISSIS), il provvedimento impugnato ha dato espressamente conto, ed al riguardo non vi e’ censura di sorta, che in sede di appello la difesa dell’odierno ricorrente ha richiesto l’assoluzione assumendo che gli emolumenti percepiti dalla s.r.l. (OMISSIS) erano del tutto virtuali e non effettivi, e che la stessa operava come cartiera emettendo fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, al fine di giustificare contabilmente gli acquisti di merce in nero effettuati da altra societa’, la s.r.l. (OMISSIS) corrente in (OMISSIS). In ragione di cio’, il (OMISSIS) stesso aveva assunto il ruolo di mera testa di legno, laddove l’amministrazione di fatto delle due societa’ era riconducibile ad altro soggetto, che aveva materialmente conseguito i proventi dell’attivita’ illecita.
Cio’ premesso, del tutto correttamente la Corte territoriale ha osservato che tutto cio’ non esimeva dagli obblighi fiscali, legati alla presentazione delle dichiarazioni annuali ed al pagamento dell’imposta sul valore aggiunto. Tanto piu’ che il Tribunale di Bergamo aveva osservato che le condotte omissive erano preordinate all’evasione fiscale, in quanto l’omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali era stata accompagnata dal mancato versamento dell’Iva proprio in relazione ad operazioni soggettivamente inesistenti, e che in ogni caso per l’imputato, amministratore di diritto ma comunque operativo nella gestione della societa’, era sufficiente la ricorrenza del dolo eventuale.
A tal proposito, e’ stato osservato che del reato di omessa presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte dirette o IVA l’amministratore di fatto risponde quale autore principale, in quanto titolare effettivo della gestione sociale e, pertanto, nelle condizioni di poter compiere l’azione dovuta, mentre l’amministratore di diritto, quale mero prestanome, e’ responsabile a titolo di concorso per omesso impedimento dell’evento (articolo 40 c.p., comma 2, e articolo 2392 c.c.), a condizione che ricorra l’elemento soggettivo richiesto dalla norma incriminatrice (Sez. 3, n. 38780 del 14/05/2015, Biffi, Rv. 264971), ossia che il prestanome abbia agito col fine specifico di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l’evasione fiscale di terzi (Sez. 3, n. 15900 del 02/03/2016, Gagliotta, Rv. 266757).

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