In materia di risarcimento del danno da fatto illecito, ove esistano più possibili danneggianti, la graduazione delle colpe tra di essi ha una mera funzione di ripartizione interna tra i coobbligati della somma versata a titolo di risarcimento del danno, e non elide affatto la solidarietà tra loro esistente: ne consegue che la circostanza che il danneggiato si sia rivolto in giudizio contro uno solo degli autori del fatto dannoso non comporta la rinuncia alla solidarietà esistente tra tutte le persone alle quali lo stesso fatto dannoso sia imputabile, sicché, se anche nel corso del giudizio emerga la graduazione di colpa tra i vari corresponsabili, ciò non preclude al danneggiato la possibilità di chiedere di essere integralmente risarcito da uno solo dei corresponsabili.
Ordinanza 29 gennaio 2018, n. 2066
Data udienza 22 novembre 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere
Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere
Dott. RUBINO Lina – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25532/2014 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
AZIENDA OSPEDALIERA (OMISSIS) in persona del Direttore Generale Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2229/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 16/06/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/11/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI.
FATTO E DIRITTO
Rilevato che:
(OMISSIS) ed i genitori (OMISSIS) e (OMISSIS) convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Milano l’Azienda Ospedaliera (OMISSIS) chiedendo il risarcimento del danno per la perdita quasi completa della vista da parte di (OMISSIS) a causa della mancata tempestiva somministrazione della terapia per l’ipertensione endocranica che aveva determinato l’edema papillare fonte del pregiudizio. Il Tribunale adito, previa CTU, accolse la domanda nei limiti della responsabilita’ della struttura ospedaliera nei limiti del 10%, condannando la convenuta al pagamento della somma di Euro 55.000,00, di cui Euro 25.000,00 a favore di (OMISSIS) ed Euro 30.000,00 a favore di (OMISSIS) e (OMISSIS). Avverso detta sentenza proposero appello i signori (OMISSIS) e (OMISSIS). Con sentenza di data 16 giugno 2014 la Corte d’appello di Milano accolse parzialmente l’appello, condannando l’appellata al pagamento della somma di Euro 75.530,00, di cui Euro 25.000,00 a titolo di danno non patrimoniale ed Euro 20.530,00 a titolo di danno patrimoniale, a favore di (OMISSIS) ed Euro 30.000,00 a titolo di danno non patrimoniale a favore di (OMISSIS) e (OMISSIS), oltre interessi.
Osservo’ la corte territoriale, per quanto qui rileva, in relazione al motivo di appello con cui si censurava l’illegittima esclusione della natura solidale della responsabilita’, che con riferimento all’invalidita’ permanente nella misura del 60% concorrevano la responsabilita’ prevalente dei medici dell’Ospedale di (OMISSIS) per omesso trattamento anticoagulante e quella nella misura del 10% dei medici della struttura ospedaliera appellata per il mancato trattamento dell’ipertensione endocranica e che la domanda nei confronti dell’Azienda Ospedaliera (OMISSIS) a titolo di responsabilita’ solidale ai sensi dell’articolo 2055 c.c., era stata proposta solo in sede di precisazione delle conclusioni in primo grado, tardivamente in quanto si trattava di domanda nuova, laddove nell’originaria domanda era stata chiesta la condanna della convenuta a titolo di responsabilita’ esclusiva, integrante un diverso fatto costitutivo. Aggiunse che, stante il divieto per le parti di formulare osservazioni critiche alla CTU per la prima volta in sede di comparsa conclusionale ed a fortiori in appello a garanzia del diritto di difesa della controparte e del principio di celerita’ e concentrazione del processo, inammissibile era la produzione unitamente all’atto di appello della relazione del dott. (OMISSIS) (peraltro non nominato consulente tecnico) e quella in sede di precisazione delle conclusioni nel giudizio di appello di una CTU formatasi in diverso giudizio e sulla quale non si era formato alcun contraddittorio.
Hanno proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) sulla base di due motivi e resiste con controricorso la parte intimata. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’articolo 375 c.p.c., comma 2. E’ stata presentata memoria.
Considerato che:
con il primo motivo si denuncia violazione degli articoli 183, 345 e 112 c.p.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osservano i ricorrenti che all’udienza immediatamente successiva alla CTU (e poi nell’istanza, disattesa, ai sensi dell’articolo 186 quater c.p.c.), con cui era stata ripartita la responsabilita’ fra le due strutture ospedaliere, era stata invocata la responsabilita’ solidale e la rilevanza esclusivamente nel rapporto interno del riparto di responsabilita’ e che il richiamo alla responsabilita’ solidale non costituiva nuova domanda e neanche mera emendatio libelli, ma mera deduzione in iure suscettibile di rilievo d’ufficio in quanto il fatto costitutivo rappresentato dall’illecito commesso dalla struttura ospedaliera restava immutato e l’appellata doveva rispondere dell’intero danno, stante l’irrilevanza del concorso di cause per il principio della responsabilita’ solidale ai sensi dell’articolo 2055 c.c., comma 1. Aggiunge che, anche volendo ritenere che all’esito della CTU di primo grado sia stato introdotto un fatto nuovo, le conclusioni non sarebbero diverse perche’ e’ consentito in appello dedurre la responsabilita’ solidale sia perche’ l’articolo 345 c.p.c., vietando la proposizione di nuove domande, implica l’ammissibilita’ della mera modifica della domanda, sia perche’, essendo consentita la proposizione di nuove eccezioni in senso lato ai sensi dell’articolo 345, comma 2, e dunque l’allegazione del relativo fatto principale, anche l’appellante, in base al principio di parita’ fra le parti, deve essere abilitato all’allegazione di nuovi fatti principali, con il solo limite del divieto di domande nuove.
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