Corte di Cassazione, sezione quarta penale, sentenza 8 febbraio 2018, n. 6138. La titolarità di una posizione di garanzia non comporta, in presenza del verificarsi dell’evento, un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante

La titolarità di una posizione di garanzia non comporta, in presenza del verificarsi dell’evento, un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante, imponendo il principio di colpevolezza la verifica in concreto sia della sussistenza della violazione – da parte del garante – di una regola cautelare (generica o specifica), sia della prevedibilità ed evitabilità dell’evento dannoso che la regola cautelare violata mirava a prevenire (cosiddetta concretizzazione del rischio), sia della sussistenza del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l’evento dannoso.

CORTE DI CASSAZIONE
sezione quarta penale
SENTENZA 8 febbraio 2018, n.6138

Pres. Izzo – est. Nardin
Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 14 dicembre 2016 la Corte d’Appello di Genova, confermando la sentenza di primo grado in ordine alla colpevolezza e riducendo la pena in forza del riconoscimento delle attenuanti generiche, ha ritenuto P.P. responsabile del reato di cui all’art 589 cod. pen., per avere il medesimo, in qualità di brigadiere in servizio presso la stazione dei Carabinieri di Pontremoli, omesso colposamente di adottare le necessarie cautele finalizzate ad impedire il suicidio all’interno della camera di sicurezza della stazione di T.I. , tratto in arresto ed in attesa di essere tradotto in carcere.
2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, affidandolo ad un unico motivo con il quale lamenta ex art. 606, comma 1, lett. e) la carenza e manifesta illogicità della motivazione. Osserva che la sentenza – dopo avere condiviso la censura formulata dal ricorrente, in ordine all’insussistenza di un ordine dei superiori di sottoporre il T. ad un controllo più intenso di quello previsto dall’art. 170.1 del Regolamento generale sull’Arma dei Carabinieri ed all’impossibilità per l’imputato di prevedere il gesto suicidiario – ha ritenuto la sussistenza dell’elemento soggettivo della colpa per non avere l’imputato tenuto chiuso lo sportello della porta della camera di sicurezza, in violazione dell’art. 177 del Regolamento. Si sarebbe, infatti, così realizzata la condizione necessaria al suicidio di T.I. , avvenuto per impiccamento, avendo il T. utilizzato la crocetta metallica dello sportello, per fissarvi il lembo di una maglia usata allo scopo. Rileva: che la camera di sicurezza della stazione non aveva i requisiti di cui all’art. 56 del Regolamento dell’Arma, non disponendo di adeguata ventilazione; che il P. aprì lo sportello solo per consentire, stante la situazione climatica (oltre 30 centigradi), la necessaria ventilazione dei luoghi; che i precedenti di legittimità dimostrano come, contrariamente a quanto affermato dalla Corte territoriale, la violazione di una norma specifica non sia di per sé condizione sufficiente all’addebito di responsabilità, allorché l’evento non risulti concretamente prevedibile.

Considerato in diritto

1. La doglianza è fondata.
2. Ora, è stato ripetutamente affermato da questa Corte che ‘La titolarità di una posizione di garanzia non comporta, in presenza del verificarsi dell’evento, un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante, imponendo il principio di colpevolezza la verifica in concreto sia della sussistenza della violazione – da parte del garante – di una regola cautelare (generica o specifica), sia della prevedibilità ed evitabilità dell’evento dannoso che la regola cautelare violata mirava a prevenire (cosiddetta concretizzazione del rischio), sia della sussistenza del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l’evento dannoso. (ex multis Sez. 4, n. 24462 del 06/05/2015 – dep. 08/06/2015, Ruocco; Sez. 4, n. 5404 del 08/01/2015 – dep. 05/02/2015, P.C. in proc. Corso e altri, Rv. 26203301 Sez. 4, n. 5404 del 08/01/2015 – dep. 05/02/2015, P.C. in proc. Corso e altri; in precedenza Sez. 4, n. 43966 del 06/11/2009 – dep. 17/11/2009, Morelli).
3. È certo, perché fra l’altro ammesso dall’imputato, che il medesimo omise di tenere chiuso lo sportello la cui conformazione è prevista dall’art. 273 del Regolamento generale dell’Arma dei Carabinieri. La norma regolamentare, richiamata espressamente dalla sentenza, stabilisce che la porta delle camere di sicurezza deve avere ‘ad altezza d’uomo un finestrino di piccole dimensioni non superiore a cm. 10 per lato, con crocetta di ferro e sportello esterno applicato solidamente e sbarrato, quando è tenuto chiuso, da robusto chiavistello’ e che ‘Sulla faccia interna dello sportello deve essere incisa una crocetta concava dell’identica forma e delle identiche dimensioni della crocetta di ferro, onde questa una volta chiuso lo sportello, vada ad appoggiarsi perfettamente, si da far quasi corpo unico con lo sportello stesso’. Per assicurare lo scopo, infine, la disposizione conclude così fissando l’obbligo imposto a chi è destinato al controllo: ‘Naturalmente lo sportello, tranne quando si devono sorvegliare i detenuti deve rimanere chiuso’.
4. È stato espressamente escluso dalla Corte territoriale che il P. fosse tenuto ad una sorveglianza diversa da quella ordinaria prevista dal regolamento generale all’art. 170.1, che impone un controllo frequente ed accurato, con intervalli non superiori alle due ore dei detenuti rinchiusi nella camere di sicurezza ‘per assicurarsi del loro atteggiamento’. Mentre è stato ritenuto che l’omissione consistita nell’avere mantenuto aperto lo sportello al di fuori del tempo necessario per le ispezioni, in violazione dell’obbligo rivolto ad impedire eventuali suicidi, costituì la condizione necessaria al prodursi dell’evento.
5. Il ragionamento che fonda la sentenza non è condivisibile.

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