Corte di Cassazione, sezione terza civile, ordinanza 29 gennaio 2018, n. 2066. In materia di risarcimento del danno da fatto illecito, ove esistano più possibili danneggianti, la graduazione delle colpe tra di essi ha una mera funzione di ripartizione interna tra i coobbligati della somma versata

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Il motivo e’ fondato. E’ stato gia’ affermato da Cass. 26 maggio 1997, n. 4659 che “nell’azione di risarcimento del danno ex articolo 2043 c.c., la causa petendi e’ rappresentata dall’illiceita’ del fatto allegato e dall’imputabilita’ del medesimo alla parte evocata in giudizio. La prospettazione dell’eventualita’ che il fatto stesso sia ascrivibile pure a soggetti diversi, e che quindi l’obbligazione risarcitoria del convenuto discenda da responsabilita’ solidale ai sensi dell’articolo 2055 c.c., non solo non tocca il petitum, dato che la qualita’ di unico obbligato o di coobbligato non incide sulla debenza dell’intera prestazione, ma nemmeno interferisce sulla causa petendi, tenendosi conto che la posizione debitoria del convenuto stesso rimane ancorata alla sua veste di autore (con dolo o colpa) dell’illecito, indipendentemente dalla circostanza che questo sia causalmente riferibile anche al comportamento di altre persone”. Le ragioni di censura di cui al motivo in esame sono state piu’ compiutamente esaminate da Cass. 5 ottobre 2004, n. 19934 (cui e’ conforme Cass. 20 giugno 2008, n. 16819). Si riporta il passaggio di Cass. 5 ottobre 2004, n. 19934 rilevante per il presente caso.
“Si tratta ora di stabilire se – nel caso in cui il danneggiato abbia agito per far valere la responsabilita’ di un solo soggetto nella produzione del danno e nel corso del giudizio si pervenga all’affermazione della concorrente responsabilita’ di quel soggetto e di altro non originariamente convenuto – il danneggiato stesso possa sempre chiedere la condanna all’intero risarcimento del soggetto da lui originariamente convenuto ex articolo 2055 c.c., o se tale domanda, se prospettata in appello, debba considerarsi inammissibile siccome nuova. La soluzione della questione dipende dai principi poco sopra affermati e, piu’ in generale, dai canoni fondamentali in tema di obbligazioni solidali, dettati dall’articolo 1292 c.c. e segg., canoni dei quali l’articolo 2055 c.c. – nel sancire che, se il fatto dannoso e’ imputabile a piu’ persone, tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno – costituisce una specificazione in tema di fatti illeciti. Infatti, la graduazione delle colpe ha mera funzione di ripartizione interna tra i coobbligati della somma versata a titolo di risarcimento del danno e non elide affatto la solidarieta’ tra loro esistente. Sicche’, la circostanza che il danneggiato si sia rivolto in giudizio contro uno solo degli autori del fatto dannoso (o, addirittura, abbia agito in maniera tale da escludere del tutto la responsabilita’ dell’altro) non comporta rinuncia (cfr. articolo 1311 c.c.) alla solidarieta’ tra tutte le persone alle quali lo stesso fatto dannoso si accerta essere imputabile. Per queste stesse ragioni non puo’ ritenersi che la domanda di integrale risarcimento proposta nei confronti di uno dei coobbligati sia nuova sotto il profilo della causa petendi (perche’ – come ritenuto dalla sentenza impugnata – impostata su presupposti di fatto e su conseguenti situazioni giuridiche non prospettate in primo grado che comportano il mutamento dei fatti costitutivi dei diritti azionati ed introducono nel processo un nuovo tema di indagine e decisione): la natura solidale intrinseca all’obbligazione da fatto illecito imputabile a piu’ persone sorge per la semplice imputazione congiunta della responsabilita’ e cede solo a fronte di una specifica rinunzia del creditore danneggiato. La suddetta prospettazione, pertanto, non ricade nel divieto di cui all’articolo 345 c.p.c., comma 1, ma rimane sul piano dell’argomentazione difensiva”.
Il giudice di merito dovra’ pertanto attenersi al seguente principio: “in materia di risarcimento del danno da fatto illecito, ove esistano piu’ possibili danneggianti, la graduazione delle colpe tra di essi ha una mera funzione di ripartizione interna tra i coobbligati della somma versata a titolo di risarcimento del danno, e non elide affatto la solidarieta’ tra loro esistente: ne consegue che la circostanza che il danneggiato si sia rivolto in giudizio contro uno solo degli autori del fatto dannoso non comporta la rinuncia alla solidarieta’ esistente tra tutte le persone alle quali lo stesso fatto dannoso sia imputabile, sicche’, se anche nel corso del giudizio emerga la graduazione di colpa tra i vari corresponsabili, cio’ non preclude al danneggiato la possibilita’ di chiedere di essere integralmente risarcito da uno solo dei corresponsabili”.
Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’articolo 345 c.p.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonche’ omesso esame di fatto decisivo ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osservano i ricorrenti, in via subordinata, che l’accertamento tecnico preventivo del 4 novembre 2013, relativo al procedimento ai sensi dell’articolo 696 bis c.p.c., nei confronti dell’Ospedale di (OMISSIS) e che aveva escluso la rilevanza causale di condotte dei medici di quest’ultima struttura ospedaliera, costituiva documento formatosi successivamente al giudizio di primo grado ed era stato prodotto all’udienza immediatamente successiva al 4 novembre 2013, mentre la relazione tecnica del dott. (OMISSIS) aveva il carattere di osservazioni tecniche prodotte con l’atto di appello e non vi ostava alla sua produzione il fatto che provenisse da un professionista non avente il ruolo di consulente tecnico di parte.
L’accoglimento del precedente motivo determina l’assorbimento del motivo proposto in via subordinata.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo del ricorso con assorbimento del secondo motivo; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte di appello di Milano in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

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