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3.2 Di recente, la Corte di Cassazione (Sez.5, sentenza n.41665 del 4.5.2016 Rv 1268464), riprendendo il principio di diritto affermato da questo Collegio (Sez. 6 n.24575 del 24/11/2011, Frasca Rv 252906) ha ribadito che il rispetto della clausola di sussidiarieta’ prevista dall’articolo 612 bis c.p., rende applicabile il piu’ grave reato di maltrattamenti quando la condotta valga ad integrare gli elementi tipici della relativa fattispecie, mentre si configura l’ipotesi aggravata del reato di atti persecutori in presenza di comportamenti che, sorti nell’ambito di una comunita’ familiare ovvero determinati dalla sua esistenza e sviluppo, esulino dalla fattispecie dei maltrattamenti per la sopravvenuta cessazione del vincolo familiare ed affettivo o comunque della sua attualita’ temporale. Si configura il reato di maltrattamenti in caso di condotta posta in essere in costanza di una separazione legale o di fatto per la perdurante sussistenza di un vincolo familiare derivante dalla necessita’ di adempiere gli obblighi di cooperazione nel mantenimento, nell’educazione, nell’istruzione e nell’assistenza morale dei figli minori e di osservare l’obbligo di reciproco rispetto, che incombe sui coniugi non conviventi (nel medesimo senso, Sez. 6 n. 33882 dell’8/7/2014, Rv 262078).
3.3 In applicazione dei sopraesposti principi, correttamente la Corte territoriale ha ritenuto che il ricorrente, separato di fatto e poi legalmente dalla moglie, abbia consumato il delitto di maltrattamenti in famiglia per il quale ha riportato condanna, perche’ con le condotte descritte nel capo di imputazione, non contestate nella loro materialita’ (persecuzioni telefoniche, ingiurie, minacce e violenze private poste in essere) ha reso abitualmente dolorosa la relazione che mogli e figli avevano con lui.
4. Dalla inammissibilita’ del ricorso deriva ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 2.000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000 in favore della cassa delle ammende
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