Corte di Cassazione, sezione sesta penale, sentenza 24 gennaio 2018, n. 3356. Maltrattamenti in famiglia anche per il separato

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Ma la giurisprudenza di questa Corte era giunta ad estendere, in via di interpretazione, la tutela fornita dall’articolo 572 c.p., non solo al convivente bensi’ anche ai membri di una relazione sentimentale legati da affectio personale, cosi’ come aveva esteso la tutela anche nei confronti di soggetti legati da vincolo giuridico per quanto non piu’ conviventi come i coniugi separati. Tali orientamenti giurisprudenziali, estesi in via interpretativa, trovano oggi codificazione nel testo novellato dell’articolo 572 c.p., come sopra esposto. A completamento dell’iter giurisprudenziale sopra rappresentato e come espressione dello stesso orientamento si pone la recente pronuncia di questa Corte (Sez. 6, sentenza n.25498 del 20/4/2017 Rv 270673) secondo la quale, in assenza di vincoli nascenti dal coniugio, il delitto di maltrattamenti contro familiari o conviventi e’ configurabile nei confronti di persona non piu’ convivente “more uxorio” con l’agente a condizione che quest’ultimo conservi con la vittima una stabilita’ di relazione dipendente dai doveri connessi alla filiazione: la permanenza del complesso di obblighi verso la prole implica il permanere in capo ai genitori che avevano costituito una famiglia di fatto, dei doveri di collaborazione e rispetto reciproco.
2.4. Con riferimento al primo motivo di ricorso, i giudici di merito hanno adeguatamente motivato sulla ricorrenza del reato di maltrattamenti, poiche’ la condotta abituale del ricorrente e’ stata estesa a tutti quei fatti lesivi della dignita’, del patrimonio morale e dell’integrita’ psichica della moglie e di figli, rendendo abitualmente dolorosa la relazione che i congiunti intrattenevano con lui e vessatorio, mortificante ed insostenibile il regime di vita familiare. Infondato e’ pertanto il ricorso nella parte in cui deduce la impossibilita’ di configurare il reato di maltrattamenti in famiglia in caso di cessazione della convivenza o di separazione.
3. Il secondo motivo di censura sulla giurisprudenza richiamata dai giudici di merito – che secondo la difesa, sarebbe risalente ad epoca antecedente all’introduzione del reato di cui all’articolo 612 bis cod. pen., in assenza del quale le condotte oggi inquadrabili nella fattispecie degli atti persecutori, venivano ricondotti nell’alveo dell’articolo 572 c.p. – e’ destituito di fondamento, oltre che smentito dalla copiosa e recente giurisprudenza dianzi riportata.
3.1 Il Collegio condivide l’orientamento secondo cui e’ configurabile il delitto di maltrattamenti in famiglia anche in danno di persona non convivente o non piu’ convivente con l’agente, quando quest’ultimo e la vittima siano legati da vincoli nascenti dal coniugio o dalla filiazione (Sez. 6, n. 33882 del 08/07/2014 Rv 262078; Sez. 2, n. 30934 del 23/04/2015, Rv 264661). Del pari, si ritiene che il reato persiste anche in caso di separazione legale tenuto conto del fatto che tale stato, pur dispensando i coniugi dagli obblighi di convivenza e fedelta’, lascia tuttavia integri i doveri di reciproco rispetto, di assistenza morale e materiale nonche’ di collaborazione. Pertanto, poiche’ la convivenza non rappresenta un presupposto della fattispecie in questione, la separazione non esclude il reato di maltrattamenti, quando l’attivita’ vessatoria si valga proprio o comunque incida su quei vincoli che, rimasti intatti a seguito del provvedimento giudiziario, pongono la parte offesa in posizione psicologica subordinata o comunque dipendente (Sez. 2, sentenza n. 39331 del 5/07/2016, Rv 267915). In coerenza con tali indicazioni ermeneutiche, il Collegio ritiene che il consorzio familiare, inteso come nucleo di persone legate da relazioni di reciproco rispetto ed assistenza, sopravviva alla cessazione della convivenza e, financo, alla separazione. Tale interpretazione resiste alla novella che ha interessato l’articolo 612 bis c.p., che, nel prevedere una forma aggravata del reato di atti persecutori ove questi siano rivolti nei confronti del coniuge separato, genera un concorso apparente di norme con il reato previsto dall’articolo 572 c.p., ogni volta che, come nel caso di specie, gli atti di maltrattamento siano rivolti nei confronti del coniuge separato; conflitto da risolversi facendo ricorso al principio di specialita’ espressamente richiamato dalla clausola di sussidiarieta’ contenuta dell’incipit dell’articolo 612 bis c.p., Nel caso di specie, la Corte territoriale in coerenza con tali indicazioni ha legittimamente ritenuto configurato il reato di maltrattamenti in famiglia anche in presenza della separazione e delle cessazione della convivenza.

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