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Il motivo e’ infondato.
Ed, invero deve innanzi tutto richiamarsi il principio di diritto espresso dalle Sezioni Unite nel precedente citato, al quale questa Corte intende assicurare continuita’, per il quale la parte che contesti l’autenticita’ del testamento olografo deve proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura, e grava su di essa l’onere della relativa prova, secondo i principi generali dettati in tema di accertamento negativo.
Orbene, proprio alla luce di tale affermazione appare evidente l’intrinseca contraddittorieta’ che connota il motivo in esame tra le considerazioni svolte nella prima parte e quelle con le quali invece si denunzia l’omessa pronuncia su di un punto decisivo. Ed, infatti, l’intervento delle Sezioni Unite ha inteso escludere la necessita’ di fare applicazione, in caso di impugnativa testamentaria per falsita’, della previsioni in tema di disconoscimento, ritenendo che si tratta di una ordinaria azione di invalidita’ negoziale, che pone l’onere della prova della non autenticita’ del testamento in capo all’attore.
Ebbene, se tale principio e’ condiviso nella prima parte del motivo, appare evidentemente contraddittorio invocare nella seconda parte la violazione delle prescrizioni di cui all’articolo 214 c.p.c. e ss., che appunto non possono spiegare alcuna rilevanza nella fattispecie.
Tornando poi alla doglianza circa la correttezza dell’applicazione delle regole di riparto dell’onere probatorio alla luce dei principi espressi dalle Sezioni Unite, deve ritenersi che la doglianza sia infondata, emergendo che la sentenza impugnata, pur con qualche lieve imprecisione, inidonea pero’ ad inficiare la validita’ della soluzione alla quale e’ pervenuta, ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto cosi’ come manifestati da questa Corte.
In primo luogo risulta evidente, alla luce del tenore delle stesse conclusioni dell’atto di citazione, cosi’ come riportate dagli stessi ricorrenti, che gli attori hanno proposto una domanda di nullita’ del testamento per apocrifia, con la conseguenza che correttamente il Tribunale, con sentenza confermata in parte qua dalla Corte distrettuale, ha dichiarato la falsita’ del testamento asseritamente olografo del (OMISSIS).
Quanto, invece, al riparto dell’onere probatorio, risulta che la decisione dei giudici di merito, lungi dall’affidarsi alla regola di giudizio fondata sull’onere della prova, ed in particolare, alle conseguenze scaturenti dalla mancata presentazione dell’istanza di verificazione, ha deciso la causa prescindendo in toto dal procedimento incidentale di cui all’articolo 216 c.p.c., provvedendo ad istruire la domanda di nullita’, cosi’ come proposta in citazione, disponendo all’uopo l’espletamento di una CTU, alle cui risultanze si e’ ritenuto di aderire al fine di affermare l’invalidita’ dell’atto mortis causa.
Ne consegue che la sentenza ha provveduto a tale declaratoria sulla scorta della valutazione del complessivo materiale probatorio, ed in primis fondandosi sulle risultanze della CTU. Ed, invero se appare scorretta l’affermazione della Corte d’Appello secondo cui, a fronte della domanda proposta dagli attori, sarebbe stato onere degli appellanti (eredi testamentari) proporre istanza di verificazione (dovendosi ritenere esclusa alla luce dell’intervento di questa Corte del 2015 la risolubilita’ delle controversie in materia di impugnativa testamentaria in base alle regole processuali di cui al giudizio di verificazione, secondo la logica del disconoscimento della scrittura privata), tuttavia l’inesattezza di tale argomentazione, non inficia la correttezza dell’iter procedimentale in concreto seguito che lungi dall’essersi conformato alle regole di cui all’articolo 214 c.p.c. e ss., ha assicurato che l’accertamento della nullita’ avvenisse secondo le ordinarie regole di riparto dell’onere probatorio, consentendo quindi di addivenire all’accertamento della nullita’ sulla base dell’istruttoria svolta, ed in particolare alla luce degli esiti della CTU.
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