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la Corte di Appello di Reggio Calabria ha confermato la sentenza di primo grado che aveva respinto le domande proposte da (OMISSIS) e (OMISSIS) nei confronti del Comune di Reggio Calabria per il risarcimento dei danni conseguenti alla caduta del primo dal ciclomotore di proprieta’ della seconda, che gli attori assumevano causati dalla presenza di una buca non segnalata sul manto stradale;
la Corte ha ritenuto che correttamente il Tribunale avesse inquadrato la vicenda nel paradigma dell’articolo 2043 c.c. e avesse ritenuto non provati i requisiti – della non visibilita’ e della non prevedibilita’ – integranti gli estremi dell’insidia stradale di cui l’amministrazione comunale era stata chiamata a rispondere;
hanno proposto ricorso per cassazione il (OMISSIS) e la (OMISSIS), affidandosi a tre motivi; ha resistito il Comune di Reggo Calabria con controricorso.
CONSIDERATO
che:
il primo motivo (che denuncia la violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4), in relazione all’articoli 111 Cost., per “irriducibile contraddittorieta’” e “illogicita’ manifesta” della motivazione) e’ infondato in quanto la Corte ha seguito un percorso motivazionale che, affermata la prevedibilita’ della buca e ricondotto esclusivamente all’imprudente condotta di guida del (OMISSIS) il suo mancato avvistamento, ha coerentemente escluso la ricorrenza degli elementi – della non prevedibilita’ e la non visibilita’ del pericolo- necessari ad integrare l’insidia stradale ai sensi dell’articolo 2043 c.c. (sulla base dell’inquadramento compiuto dal primo giudice e non contestato in sede di gravame); ne’ le censure relative all’erroneita’ del richiamo all’articolo 149 C.d.S. e alla supposizione che le vetture che precedevano il ciclomotore avessero un'”andatura non lineare” valgono a incrinare la sostanziale coerenza di una motivazione che e’ basata sulla prevedibilita’ dell’esistenza di buche stradali e sulla possibilita’ di avvistarle con una condotta di guida piu’ attenta alle condizioni del manto stradale (tenuto conto anche dell’ampiezza dell’avvallamento e dell’orario “centro-diurno” in cui si era verificato il sinistro);
il secondo motivo (che denuncia la violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. e censura la Corte per avere “travisato le risultanze processuali”) e’ inammissibile in quanto si risolve nella sollecitazione a una diversa lettura di merito, sulla base di un apprezzamento alternativo degli elementi emersi dall’istruttoria;
il terzo motivo e’ anch’esso inammissibile, poiche’ le denunciate violazioni di norme di diritto vengono postulate – in modo assolutamente generico – sulla base del presupposto del “travisamento della prova”, in relazione al quale la sentenza e’ – come detto sopra – incensurabile;
le spese di lite seguono la soccombenza;
trattandosi di ricorso proposto successivamente al 30.1.2013, sussistono le condizioni per l’applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi (liquidati in Euro 200,00) e agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
Motivazione semplificata.
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