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In questa cornice, la Corte territoriale milanese evidenziava che l’imputato (OMISSIS) aveva svolto la funzione di membro del consiglio di amministrazione della societa’ (OMISSIS) s.r.l., partecipando attivamente alle condotte distrattive, funzionali alla commissione del reato contestatogli al capo A, anche in qualita’ di amministratore unico della societa’ (OMISSIS) s.a.s., percependo compensi per attivita’ inesistenti e acquisendo beni e somme, alla cui percezione non aveva alcun titolo.
L’imputato (OMISSIS), invece, veniva nominato amministratore unico della societa’ (OMISSIS) s.r.l. a seguito della revoca dei precedenti amministratori, (OMISSIS) e (OMISSIS), che interveniva nell’assemblea dei soci svoltasi il 05/07/2002. Dopo la nomina, (OMISSIS) rimaneva in carica, con la medesima qualifica societaria, fino alla data del 18/02/2004, in cui rassegnava le sue dimissioni all’assemblea dei soci.
Si evidenziava, in proposito, che (OMISSIS), nella carica societaria richiamata, aveva consentito che i fratelli (OMISSIS), pur non ricoprendo alcun incarico societario e risultando privati di poteri gestionali, consentiva il trasferimento della sede operativa della societa’ (OMISSIS) s.r.l. presso la sede della societa’ (OMISSIS) s.a.s., gestita dagli stessi germani e costituita per finalita’ di locupletazione. In questo modo, si permetteva alla seconda delle due imprese di acquisire gratuitamente l’avviamento dei beni strumentali della societa’ (OMISSIS) s.r.l., accelerando il processo di depauperazione del suo patrimonio aziendale.
Ne’ era possibile dubitare del coinvolgimento soggettivo di (OMISSIS) nelle operazioni illecite condotte dai due fratelli (OMISSIS), tenuto conto delle modalita’ con cui presentava le sue dimissioni, attestate dal verbale dell’assemblea dei soci della societa’ (OMISSIS) s.r.l. del 18/02/2004, richiamato a pagina 20 della sentenza impugnata, nel quale l’imputato, nel rassegnare il suo mandato per ragioni professionali, proponeva che venisse nominato “amministratore unico il signor (OMISSIS) che ad oggi ha comunque di fatto amministrato (…)”.
Sulla scorta di tale ricostruzione degli accadimenti criminosi, la Corte di appello di Milano, pronunciandosi in sede di rinvio, confermava la sentenza emessa dal G.I.P. del Tribunale di Milano il 20/10/2010, con cui gli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS) erano stati rispettivamente condannati alle pene di anni tre di reclusione e anni due di reclusione per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, posto in essere quali amministratori della societa’ (OMISSIS) s.r.l., loro ascritti al capo A.
2. Avverso la sentenza di appello gli imputati, a mezzo dei rispettivi difensori, ricorrevano per cassazione, con separati atti di impugnazione, di cui occorre dare partitamente conto.
2.1. L’imputato (OMISSIS) ricorreva per cassazione, a mezzo dell’avv. (OMISSIS), deducendo tre motivi di ricorso.
Con il primo motivo di ricorso si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, in riferimento all’articolo 627 c.p.p., comma 3, conseguenti al fatto che la Corte di appello di Milano, pronunciandosi in sede di rinvio, non si era conformata alle indicazioni ermeneutiche fornite dalla Corte di cassazione, Sezione quinta penale, in ordine alle carenze motivazionali emerse nella sottostante sentenza di appello, in relazione alle operazioni illecite poste in essere da (OMISSIS) e all’elemento soggettivo del reato contestatogli.
Le discrasie argomentative censurate emergevano con riferimento alle operazioni economiche gestite dal ricorrente, riguardanti le societa’ (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) s.a.s., rispetto alle quali non si erano distinte le responsabilita’ dei fratelli (OMISSIS) – distinzione che pure si imponeva tenuto conto dei differenti incarichi gestionali dei due germani – e non si era correttamente enucleato il ruolo imprenditoriale dell’imputato. La necessita’ di distinguere la posizione dei due fratelli (OMISSIS), peraltro, si imponeva, oltre che sulla base della documentazione contabile prodotta dal curatore fallimentare dott. (OMISSIS), alla luce delle dichiarazioni rese dalla teste (OMISSIS), convivente di (OMISSIS), che riferiva di avere effettuato diverse operazioni contabili nell’interesse del compagno, alle quali l’imputato risultava estraneo.
Con il secondo motivo di ricorso si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse adeguatamente conto del trattamento sanzionatorio irrogato a (OMISSIS), censurato sotto il profilo del mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, che si imponeva tenuto conto dell’effettivo disvalore dei fatti di reato contestati al ricorrente e del comportamento assunto dopo la commissione delle condotte delittuose in questione.
Con il terzo motivo di ricorso si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, conseguenti all’incongrua determinazione della pena base, quantificata in anni quattro e mesi sei di reclusione, che risultava superiore alla pena base di anni quattro di reclusione, irrogata al fratello (OMISSIS), nonostante il fatto che il comportamento di quest’ultimo fosse stato ritenuto piu’ grave di quello dell’imputato, sulla scorta di quanto affermato nelle decisioni di merito.
2.1.1. Queste considerazioni venivano richiamate e ulteriormente ribadite nei motivi nuovi depositati in data 05/12/2017, con cui si evidenziava che la sentenza impugnata aveva omesso di sanare le carenze motivazionali espressamente indicate nella sentenza di annullamento con rinvio emessa dalla Corte di cassazione, Sezione quinta penale, il 19/05/2015.
Si deduceva, in proposito, che le carenze motivazionali evidenziate dalla decisione di legittimita’ imponevano una ricognizione delle attivita’ gestite dal ricorrente, riguardanti le societa’ (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) s.a.s., rispetto alle quali non si erano enucleate le responsabilita’ dell’imputato, cosi’ come richiesto in sede di annullamento con rinvio della sentenza di appello presupposta.
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