Corte di Cassazione, sezione prima penale, sentenza 25 gennaio 2018, n. 3623. La titolarità di una posizione di garanzia non comporta, in presenza del verificarsi dell’evento, un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante

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La conferma di tali discrasie motivazionali si traeva dal fatto che, nella sentenza impugnata, il ricorrente veniva genericamente qualificato come “amministratore di fatto”, senza alcuna indicazione delle attivita’ gestionali concretamente svolte, rendendo impossibile comprendere sulla base di quali argomentazioni la Corte territoriale milanese perveniva al giudizio di responsabilita’ censurato dalla difesa di (OMISSIS).

Queste considerazioni processuali imponevano l’annullamento della sentenza impugnata.

2.2. L’imputato (OMISSIS), a mezzo dell’avv. (OMISSIS), ricorreva per cassazione, deducendo quattro motivi di ricorso.

Con il primo motivo di ricorso si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento all’articolo 627 c.p.p., comma 3, conseguenti al fatto che la Corte di appello di Milano, pronunciandosi in sede di rinvio, non si era conformata alle indicazioni ermeneutiche fornite dalla Corte di cassazione, Sezione quinta penale, in ordine alle carenze argomentative emerse nella sottostante sentenza di appello, con particolare riferimento alla consistenza dei beni indicati nel punto Al prima parte – riguardante la distrazione di risorse aziendali in favore della societa’ (OMISSIS) s.a.s. – e alla sussistenza delle condotte distrattive poste in essere in danno della societa’ (OMISSIS) s.r.l..

Con il secondo motivo di ricorso si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento all’articolo 627 c.p.p., comma 3 e articolo 628 c.p.p., comma 2, conseguenti al fatto che la Corte di appello di Milano, pronunciandosi in sede di rinvio, non si era conformata alle indicazioni ermeneutiche fornite dalla Corte di cassazione, in ordine all’asserita inesistenza delle operazioni contabili relative alle fatture pagate in favore della societa’ (OMISSIS) s.a.s. per l’importo di 27.660,00 Euro, per attivita’ promozionali, iscritte a bilancio il 31/12/2003, indicate nel punto A1 seconda parte.

Con il terzo motivo di ricorso si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, in riferimento all’articolo 627 c.p.p., comma 3 e articolo 628 c.p.p., comma 2, conseguenti al fatto che la Corte territoriale di rinvio non si era conformata alle indicazioni ermeneutiche fornite dalla Corte di legittimita’, in ordine alle condotte di distrazione indicate nel punto A2, relative all’attivita’ di fatturazione di biglietteria aerea che la societa’ (OMISSIS) s.r.l. aveva effettuato in favore della societa’ (OMISSIS) s.r.l., rispetto alla quale non venivano correttamente enucleate le condotte concorsuali di (OMISSIS).

Con il quarto motivo di ricorso si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, in riferimento all’articolo 627 c.p.p., comma 3 e articolo 628 c.p.p., comma 2, conseguenti al fatto che la Corte di appello di Milano, pronunciandosi in sede di rinvio, non si era conformata alle indicazioni ermeneutiche fornite dalla Corte di cassazione in ordine alle condotte di distrazione indicate nei punti A3 e A6, relative ai pagamenti di emolumenti in favore di (OMISSIS) e (OMISSIS), effettuati nel 2003.

Queste ragioni processuali imponevano l’annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. In via preliminare, deve rilevarsi che i ricorsi proposti dagli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS), a mezzo dei rispettivi difensori di fiducia, risultando incentrati su doglianze distinte e non assimilabili, devono essere esaminati separatamente.

2. Occorre, pertanto, prendere le mosse dal ricorso proposto dall’imputato (OMISSIS), rilevandone preliminarmente la fondatezza in accoglimento del primo motivo di ricorso, nel quale devono ritenersi assorbite le residue doglianze.

2.1. Deve, dunque, ritenersi fondato il primo motivo di ricorso, con cui si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, in riferimento all’articolo 627 c.p.p., comma 3, conseguenti al fatto che la Corte di appello di Milano, pronunciandosi in sede di rinvio, non si era conformata alle indicazioni ermeneutiche fornite dalla Corte di cassazione, Sezione quinta penale, in ordine alle carenze motivazionali emerse nella sottostante sentenza di appello, con riferimento alle operazioni illecite poste in essere da (OMISSIS) e all’elemento soggettivo delreato oggetto di contestazione.

Nell’esaminare il primo motivo di ricorso occorre tenere preliminarmente presenti le indicazioni ermeneutiche fornite dalla Corte di legittimita’, che, nell’annullare la sentenza emessa dalla Corte di appello di Milano il 17/06/2014, relativamente alla posizione dell’imputato (OMISSIS), indicava nei punti 2, 3, 4 e 5 della parte motiva della sua decisione gli specifici passaggi argomentativi su cui la Corte territoriale di rinvio si sarebbe dovuta confrontare, sanando le discrasie processuali censurate. Ne consegue che, su questi specifici segmenti motivazionali, si imponeva un nuovo giudizio da parte della Corte di appello di Milano, con cui questo Collegio deve confrontarsi nel valutare la posizione del ricorrente.

La Corte di cassazione, al contempo, censurava in termini generali la sentenza emessa dalla Corte di appello di Milano il 17/06/2014, sotto il profilo dell’accertamento dell’elemento soggettivo del reato contestato a (OMISSIS), enucleando tale criticita’ argomentativa nel punto 6 della parte motiva della sentenza di legittimita’.

A tali indicazioni ermeneutiche, quindi, la Corte di appello di Milano aveva il dovere di conformarsi, nel rispetto della giurisprudenza consolidata di questa Corte, che occorre ribadire, secondo cui: “A seguito di annullamento per vizio di motivazione, il giudice del rinvio e’ chiamato a compiere un nuovo completo esame del materiale probatorio con i medesimi poteri che aveva il giudice la cui sentenza e’ stata annullata, fermo restando che egli non puo’ ripetere il percorso logico censurato dal giudice rescindente e deve fornire adeguata motivazione sui punti della decisione sottoposti al suo esame” (Sez. 5, n. 42814 del 19/06/2014 Cataldo, Rv. 261760; si vedano, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 2, n. 27116 del 22/05/2014, Grande Aracri, Rv. 259811, Sez. 5, n. 34016 del 22/06/2010, Gambino, Rv. 248413).

2.1.1. Tanto premesso, osserva il Collegio che la prima delle criticita’ motivazionali censurate dalla Corte di cassazione, Sezione quinta penale, veniva evidenziata nel punto 2 della parte motiva della decisione di legittimita’ in esame, esplicitato a pagina 5, nella quale si osservava: “Innanzitutto, con riferimento alla doglianza del (OMISSIS) – circa il suo ruolo di direttore tecnico dell’agenzia di viaggi, da non confondersi con il ruolo gestorio di amministratore di fatto, riconducibile al fratello (OMISSIS) – la Corte omette una indicazione specifica in relazione agli atti tipicamente gestori compiuti dall’odierno ricorrente e non si interroga sulla compatibilita’ dell’assoluzione di (OMISSIS) per il reato di bancarotta oggetto di contestazione con il ritenuto ruolo gestionale di amministratore di fatto. Alla pagina 15 della sentenza si premette che (OMISSIS) era rimasto in societa’ come direttore tecnico e poi, senza alcuna spiegazione, si afferma genericamente che lo stesso aveva mantenuto ruoli di responsabilita’ e che, di conseguenza, risulta provato il suo continuo interessamento alle vicende della fallita. Dunque, da una premessa generica ed indimostrata, si deducono conseguenze che non possono non ritenersi apodittiche”.

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