Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 645.
Contemporanea regolamentazione dell’accordo originario e dell’accordo transattivo
In caso di transazione non novativa, la mancata estinzione del rapporto originario non comporta che la posizione delle parti sia regolata contemporaneamente dall’accordo originario e da quello transattivo, bensì soltanto che, all’eventuale venir meno di quest’ultimo, rivivano le pattuizioni originarie, al contrario di quanto accade, invece, quando le parti, espressamente od oggettivamente, hanno stipulato una transazione novativa, non soggetta a risoluzione per inadempimento ex art. 1976 c.c.
Ordinanza|| n. 645. Contemporanea regolamentazione dell’accordo originario e dell’accordo transattivo
Data udienza 26 ottobre 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Transazione – Invalidita’ – Risoluzione per inadempimento – In genere transazione non novativa – Effetti – Contemporanea regolamentazione dell’accordo originario e dell’accordo transattivo – Esclusione – Reviviscenza del primo in caso di risoluzione del secondo – Sussistenza – Conseguenze.
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Presidente
Dott. TASSONE Stefania – Consigliere
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere Rel.
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere
Dott. GORGONI Marilena – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9569/2021 R.G. proposto da:
(…) Spa, elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio dell’avvocato D.Da. (omissis) rappresentato e difeso dall’avvocato D.Ma. (omissis)
– ricorrente –
contro
Fallimento (…) Srl
– intimato –
avverso Sentenza di Corte d’appello Milano n. 2648/2020 depositata il 21/10/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/10/2023 dal Consigliere Giuseppe Cricenti.
RITENUTO CHE
1.- (…) Spa ha acquistato da (…) Srl un macchinario per produrre confetture. Ma quest’ultima, stante il mancato pagamento del corrispettivo, ha ottenuto decreto ingiuntivo dal Tribunale di Milano per la somma corrispondente: decreto a cui (…) Spa ha proposto opposizione, con domanda riconvenzionale per i danni.
1.1.- Contestualmente, (…) Srl ha depositato istanza davanti al Tribunale di Pescara per il fallimento della (…) Spa, proprio a cagione del debito consistente nel mancato pagamento del corrispettivo.
2.- A seguito di tutto ciò, le parti hanno raggiunto una transazione, che è stata sospensivamente condizionata alla definizione negativa del fallimento, ossia alla circostanza che non sarebbe stato dichiarato il fallimento da parte del Tribunale di Pescara: caso nel quale il rapporto sarebbe ovviamente stato attratto al fallimento e ogni altro accordo privato di rilevanza.
2.1.- Poiché è sopraggiunto provvedimento di rigetto della istanza di fallimento, (…) Srl, ritenendo dunque avverata la condizione cui era subordinata la transazione, ne ha chiesto l’adempimento, ed ha in seguito agito in giudizio per far constatare che, invece, adempimento non vi è stato e che quindi, rivivendo il contratto originario, (…) Spa era tenuta alle originarie obbligazioni.
2.2.- Per contro, (…) Spa ha inteso sostenere che la transazione non hai mai avuto efficacia in quanto non si è verificata la condizione cui era subordinata: la declaratoria di improcedibilità dell’istanza di fallimento. Ossia, secondo la tesi di (…) Spa, l’efficacia della transazione era subordinata ad una specifica pronuncia negativa del fallimento: quella di improcedibilità del medesimo ((…) aveva depositato una sorta di atto di desistenza). Invece, essendo stata pronuncia decisione di rigetto dell’istanza di fallimento, ecco che, non essendosi verificata la condizione sospensiva, la transazione non ha mai avuto efficacia. Tutto sommato, dunque, entrambe le parti convengono, sia pure per motivi diversi, che la transazione si è risolta.
3.- Il Tribunale di Milano, adito dunque da (…) Srl, come si è detto, per far constatare l’inadempimento della transazione e far dichiarare la sua risoluzione, ha rigettato la domanda. (…) Srl ha proposto appello, e la Corte di secondo grado di Milano lo ha accolto.
4.- Ricorre qui (…) Spa con tre motivi. L’intimata non ha svolto attività difensiva.
CONSIDERATO CHE
La sentenza della Corte di Appello è basata sui seguenti argomenti: a) la transazione intercorsa tra le parti non aveva carattere novativo, e si è risolta per inadempimento di (…) Spa con la conseguenza che la sua risoluzione fa rivivere il rapporto originario in base al quale (…) Spa era obbligata a pagare il corrispettivo del bene acquistato; b) non c’è litispendenza tra questo giudizio e quello di opposizione a decreto ingiuntivo pendente davanti ad altro giudice ed in diverso grado: né vi è possibilità di sospendere questo in attesa di quello.
5.- Con il primo motivo la ricorrente denunzia violazione degli articoli 1362- 1363- 1965- 1976 del codice civile.
6.- Con il secondo motivo denunzia violazione degli articoli 19651976 c.c.
Lamenta essersi dalla corte di merito erroneamente affermato che, risolta per inadempimento la transazione, rivive necessariamente il rapporto originario, a cui le parti sono vincolate, laddove anche quando la transazione non è novativa non rivive mai il rapporto originario, dovendo considerarsi che l’accertamento del rapporto originario pendeva avanti ad altro giudice (quello della opposizione a decreto ingiuntivo) e dunque a rivivere doveva essere “Il rapporto litigioso” (p. 7), altrimenti la risoluzione del rapporto contrattuale (della transazione) avrebbe effetti su quello litigioso (diremmo, processuale) travolgendo gli atti processuali già compiuti, ed in particolare la sospensione della esecutività del decreto ingiuntivo opposto.
Lamenta non essersi dalla corte di merito considerato che la reviviscenza del rapporto originario rischia “di travolgere l’interesse generale su cui si fonda l’istituto della transazione, ossia la certezza dei rapporti giuridici”.
I motivi presentano connessione logica e possono scrutinarsi insieme.
Essi sono infondati.
Va premesso che non è in contestazione che la transazione non fosse novativa: questo accertamento del giudice di merito non è qui contestato. Nemmeno è in contestazione l’accertamento che essa si è risolta per inadempimento: neanche su questo punto v’è censura.
Piuttosto si pone il problema se, risolta la transazione, o persa che sia la sua efficacia, riviva o meno il rapporto preesistente.
E’ principio di diritto che “nell’ipotesi in cui un rapporto venga fatto oggetto di una transazione e questa non abbia carattere novativo, la mancata estinzione del rapporto originario discendente da quel carattere della transazione significa non già che la posizione delle parti sia regolata contemporaneamente dall’accordo originario e da quello transattivo, bensì soltanto che l’eventuale venir meno di quest’ultimo fa rivivere l’accordo originario, al contrario di quanto, invece, accade qualora le parti espressamente od oggettivamente abbiano stipulato un accordo transattivo novativo, nel qual caso l’art. 1976 cod. civ. sancisce, l’irrisolubilita della transazione” Cass. 24377 / 2006; Cass. 1690/2006).
Non v’è dubbio, allora che, trattandosi di transazione non novativa -circostanza, come si è detto, non contestata qui- la sua perdita di efficacia (quale che ne sia la ragione) fa rivivere il rapporto originario.
A questa conclusione non può obiettarsi che la risoluzione della transazione, facendo rivivere il rapporto originario, incide sull’accertamento processuale in corso – che ha ad oggetto proprio il rapporto originario- in modo che venga compromessa la certezza del diritto.
Va osservato che il piano processuale e quello sostanziale vanno mantenuti al riguardo distinti: la reviviscenza del contratto originario comporta una modifica del rapporto tra le parti, altro essendo l’accertamento e l’apprezzamento processuale di tale rapporto.
Così come è vicenda del tutto normale che il succedersi di rapporti tra le parti può avere effetti su accertamenti processuali in corso -la remissione di un debito comporta l’estinzione del relativo accertamento processuale- allo stesso modo la reviviscenza di rapporti contrattuali precedenti comporterà diverso accertamento processuale della nuova situazione.
Non può peraltro dirsi che la reviviscenza è impedita dalla esistenza di un accertamento processuale sul rapporto.
Né ha alcun senso dire che, risolta per un qualsiasi motivo la transazione (non novativa), rivive il “rapporto processuale” di accertamento del contratto originario, che è come dire che prosegue l’accertamento su tale rapporto, per l’appunto.
7.- Con il terzo motivo la ricorrente denunzia violazione degli articoli 39 e 295 c.c.
Lamenta di aver chiesto la declaratoria di continenza tra la presente pendente in appello e altra causa pendente avanti al Tribunale originata dalla opposizione a decreto ingiuntivo.
Si duole della decisione della Corte di Appello di non avere né dato seguito alla continenza né di avere sospeso questo procedimento in attesa di quello.
Il motivo è infondato.
Va anzitutto osservato che la mancata applicazione della regola sulla continenza ha una sua duplice ragione, qui non contestata: che le due cause pendevano, in quel momento, in grado diverso (l’uno in primo grado, l’altro in appello); che la continenza non era stata tempestivamente eccepita, né tempestivamente d’ufficio rilevata (ex articolo 40 c.p.c.).
Deve ulteriormente sottolinearsi che l’odierna ricorrente si duole che non sia stato dal giudice del gravame sospeso questo processo in attesa dell’altro, facendosi leva sul principio di diritto secondo cui “ove pendano in gradi diversi due cause in rapporto di continenza, perché aventi ad oggetto domande, interdipendenti o contrapposte, relative ad un unico rapporto negoziale, non è possibile rimettere, ai sensi dell’art. 39, comma 2, c.p.c., la causa successivamente proposta dinanzi al giudice preventivamente adito, ma l’esigenza di coordinamento, sottesa alla disciplina della continenza, va assicurata sospendendo, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., il processo che avrebbe dovuto subire l’attrazione dell’altro, in attesa della sua definizione con sentenza passata in giudicato” (da ultimo Cass,. 5340 / 2022).
L’applicazione di tale principio di diritto tuttavia non comporta necessariamente, diversamente da quanto sostiene la ricorrente (p. 13) che il giudice successivamente adito debba sospendere il procedimento avanti a sé pendente, ma solo che ad essere sospeso debba essere quello pregiudicato dall’altro.
Orbene, nella specie nulla e dato intendere sul rapporto di pregiudizialità tra i due giudizi, quello iniziato per primo (basato sul rapporto originario) sembrando essere invero pregiudicato dal successivo, e cioè dal presente avente ad oggetto la reviviscenza del rapporto originario: intanto si può accertare l’inadempimento (delle obbligazioni) del contratto originario in quanto sia deciso che quest’ultimo rivive.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Non è a farsi luogo a pronuncia in ordine alle spese del giudizio di cassazione, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 26 ottobre 2023.
Depositato in Cancelleria l’8 gennaio 2024.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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